Siamo molto preoccupati per la caduta del governo Prodi. Anche se a volte lo abbiamo criticato per la politica militare (Afghanistan, base Usa a Vicenza, spese militari), sappiamo che su altri piani ha fatto bene: evasione fiscale, lotta alla mafia, tutela dell’ambiente. E soprattutto che le alternative sono tutte peggiori. Ora saranno tutti contenti gli scontenti. C’è la possibilità che vinca la destra perché il governo di centro-sinistra non ha fatto in tempo a fare le cose che piacciono alla gente – come abbassare le tasse. Ha solo rimesso un po' di ordine nei conti. E non a caso la prima boutade elettorale di Berlusconi è stata: «Abolirò l’Ici».
Il governo Prodi però è caduto nel modo peggiore: non su uno dei problemi dell’Italia, dalle pensioni ai morti sul lavoro, dalla laicità ai rifiuti, ma – ufficialmente – sullo spirito di rivalsa di un ministro della giustizia il cui partito ha raccolto 1,4% dei voti, pari a 500mila in cifra assoluta. Anzi: calcolando che al senato erano tre i senatori dell'Udeur e uno di loro ha votato la fiducia, è bastato lo 0,9 % per far cadere il governo. Del resto Mastella, a partire dal fatto che aveva fatto il sindaco nella sua città con Forza Italia ed è stato eletto in Senato con l'Unione, è stato uno di quelli che si è messo di traverso ogni volta che il governo ha tentato di realizzare qualche punto del suo programma.
Se questo governo entra in crisi perché è stato tolto l’appoggio di un partitino, significa che lo stato della malattia è andato così avanti che c’è da stupirsi del contrario, che cioè il governo sia andato avanti per più di un anno e mezzo. Il governo era ostaggio di Mastella, ma anche della sinistra cosiddetta radicale. Eppure ha resistito. Tutti, grandi e piccoli, si erano impegnati sul programma di legislatura. Ora la priorità sarebbe una legge elettorale decente, per rispetto degli elettori e delle istituzioni.
Resta purtroppo insoluto il conflitto di interessi. Del resto non era facile approvare una legge sul conflitto d’interessi con due voti di maggioranza al Senato. Non dimentichiamo il referendum vinto da Berlusconi a suo tempo sul possesso delle tv. A dirla tutta, preoccupa che la gente il conflitto d’interessi l’abbia assimilato: c’è ancora qualche élite che protesta, il resto è indifferenza, se non approvazione.
Alcune responsabilità vanno ricercate anche nel Pd, nato chiuso a sinistra e aperto al centro, che ha spezzato l'Unione, dando a Mastella l'occasione per approfittare della sua vicenda giudiziaria per piazzarsi nella nuova zona potenziata, il centro. Il Pd del resto si è finora dimostrato più un partito di manovra che di idee, ha archiviato il progetto quasi cinquantennale dell'alleanza tra centro e sinistra per fermare la destra italiana, cioè l'ispirazione maggiore della Costituzione antifascista. A sua volta la sinistra sociale e pacifista deve ancora ben imparare l'articolazione tra ideali chiari e passaggi attraverso il possibile: la gradualità, purché ben orientata. Si può essere di lotta e di governo? Forse sì, purché la lotta sappia suddividersi nei passaggi, scendere dal grido totale all'attuazione graduale, nelle condizioni. La tradizione della nonviolenza politica (che la sinistra non ha ancora colto davvero, e la destra assolutamente per nulla) ha infatti molto da insegnare alla sinistra, tanto nell'altezza degli obiettivi, quanto nella pulizia dei mezzi, quanto nella pazienza del cammino. Ora è indispensabile nel centro-sinistra un energico, ben visibile cambio di facce, come fu quella di Prodi nel '96, per riconciliare società e politica.
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