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 354 - CAMBOGIA 1975-78

 

«STIAMO FACENDO QUALCOSA MAI FATTO PRIMA NELLA STORIA»

 

Le testimonianze che seguono sono in gran parte tratte da Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia di Tiziano Terzani (Longanesi 2008).

Uomo di sinistra, spesso in dura polemica contro la politica americana nel Sudest asiatico, Terzani segue il calvario del popolo cambogiano dopo il colpo di stato in cui il generale Lon Nol, strumento degli Usa, sostituisce nel 1970 il neutralista principe Sihanouk, istaurando un regime violento e corrotto. Si organizza una resistenza, egemonizzata dal partito comunista, che ben presto riesce a controllare buona parte delle campagne. Invano gli americani eseguono feroci bombardamenti sulle zone occupate. Nell’aprile del 1975, quasi negli stessi giorni della caduta del Vietnam del Sud, anche la capitale della Cambogia Phnom Penh viene conquistata dagli khmer rossi. A lungo Terzani si rifiuta di credere alle voci secondo cui i comunisti, ancor prima di prendere il potere, si siano macchiati di gravi delitti. Era convinto che si trattasse della solita propaganda della Cia. Poi a poco a poco, viene a conoscenza del più spaventoso autogenocidio della Storia recente.

 

All’origine di uno dei più grandi genocidi della storia

Questo l’annuncio di Ieng Sary, braccio destro di Pol Pot, incontrato da Terzani a Kuala Lampur nel 1977, in una delle rare apparizioni all’estero di un leader del regime cambogiano. Non era follia. Era frutto di una fredda logica. I rivoluzionari volevano costruire una società nuova. Lo si poteva fare solo dando vita a un uomo nuovo. Per ottenere ciò occorreva eliminare innanzitutto gli uomini vecchi, distruggere la vecchia cultura, cancellare la memoria.

Da qui il progetto dei khmer rossi di spazzare via il passato con tutti i suoi simboli e con i portatori dei suoi valori: gli intellettuali, le biblioteche, la storia, i bonzi. Ciò avrebbe permesso di allevare uomini senza memoria, di tirare su bambini simili a pagine bianche su cui scrivere quello che il Partito voleva. Da qui la «soluzione finale»: lo sterminio di chi si era macchiato della colpa di essere andato a scuola. I pochi intellettuali sopravvissuti (il 10%) lo devono al fatto di essere riusciti a farsi passare per analfabeti e di passare molti anni fingendo di non essere in grado scrivere né leggere una parola. La Biblioteca nazionale era stata trasformata in un allevamento di maiali e i libri buttati come spazzatura nei fiumi.

Da qui la decisione di far saltare la Banca Centrale, lasciando pacchi di dollari a svolazzare al vento; da qui la demolizione, pietra su pietra, della cattedrale cattolica; da qui l’evacuazione forzata, fatta nel giro di 24 ore, delle città, simbolo della corruzione occidentale. Se i vietnamiti non avessero invaso la Cambogia, questo straordinario, sacrilego esperimento forse sarebbe riuscito: stava crescendo una nuova generazione di cambogiani fedeli e veramente nuovi, bambini che avevano come unica famiglia il Partito comunista.

 

La purezza di Satana

Considerando che non c’è persona in Cambogia che non abbia perso un famigliare, che quasi ogni villaggio aveva la sua prigione e il suo campo per le esecuzioni, considerando che si trovano fosse comuni ovunque si vada, la stima di tre milioni di cambogiani uccisi o morti di stenti tra il 1975 e il 1978 non dovrebbe essere esagerata. Ora vivono in patria 4 milioni di cambogiani; un altro milione si è rifugiato all’estero o nei campi profughi in Thailandia. Questo è quello che rimane dei 7-8 milioni che ci vivevano nel 1975.

Si camminava su un tappeto di ossa: teschi infiniti, anonimi teschi senza fori di pallottola, sfracellati tutti a colpi di bastone. Un colpo di zappa, un colpo d’ascia, un colpo di bastone: non erano degni neppure di una pallottola. Migliaia erano massacrati presso i fiumi. Per un anno l’acqua era nera e saponosa, un misto di sangue e di cervella. Presso un grande Buddha supino e sorridente erano sparsi, accanto ai bastoni con cui erano stati massacrati, centinaia di corpi mummificati di uomini, donne e bambini, tutti ancora nei loro stracci neri, tutti con le braccia legate col fil di ferro dietro la schiena. I khmer rossi li portavano davanti al dio della misericordia e li schernivano: «Chiedigli aiuto, vediamo cosa può fare per te!».

A Phnom Penh un liceo era stato trasformato in campo di sterminio. Lì ogni ucciso era stato fotografato. 1200 sono le foto di bambini, uccisi solo perché membri di famiglie sospette. Per smascherare i “nemici di classe” si mettevano gli uomini in fila e si chiedeva loro di salire su un albero di cocco. Chi sapeva arrampicarsi fino in cima era considerato proletario e mandato a lavorare nei campi di riso; chi non ci riusciva veniva eliminato.

Oltre agli apparecchi radio, immagini religiose e suppellettili varie, venivano distrutte tutte le pentole. Si voleva frantumare ogni nucleo familiare e impedire che la gente, cucinando in piccoli gruppi, cospirasse. Solo se mangiavano alla mensa comune potevano essere controllati. La medicina occidentale era stata distrutta e ci si voleva affidare solo ai metodi tradizionali. Se uno era malato, gli veniva dimezzata la già scarsa quantità di cibo. La chirurgia era affidata a giovani contadini che dovevano «fare esperienza di medicina applicata». Si praticava anche la vivisezione su giovani ragazze. Il problema della lebbra fu risolto sterminando tutti i lebbrosi.

 

Bambini assassini

Gran parte dei soldati, e tutte le chhlopp, le giovanissime spie, l’uomo nuovo lo incarnavano già. I più terribili erano i bambini di dieci anni, a quanto dicono i sopravvissuti. Si nascondevano sugli alberi, stavano dietro alle capanne ad origliare cosa diceva la gente, la denunciavano ed erano persino autorizzati ad ucciderla. «Per loro era un gioco, come acchiappare una farfalla o uccidere una lucertola», diceva una donna scampata ai massacri. Per terrorizzare la popolazione, i khmer rossi si servivano di questi uomini nuovi, di questi bambini cresciuti senza mai venire esposti ai valori tradizionali del paese, senza avere un’idea del buddhismo, senza aver mai giocato se non al gioco reale della guerra e degli ammazzamenti. Una decina di questi giovani bastava a un comandante khmer rosso per tenere in pugno un villaggio di migliaia di persone. Una giovane si era spesso vantata di aver ammazzato con le proprie mani più di mille persone.

Durante il regno dei khmer rossi la gente aveva paura dei bambini. Quest’idea che si fosse messo in piedi un regime in cui i bambini sono temuti, i bambini diventano i più odiati, supera ogni fantasia dell’orrore. Molti di questi bambini erano i «fedelissimi» che avevano seguito per anni Pol Pot nella giungla, dopo la caduta del regime.

 

Ultracomunisti sotto tutela americana

Queste cose si sapevano? Come reagivamo in Italia e nell’Occidente? Che diceva la Sinistra? Cosa facevano i pacifisti? A poco a poco qualcosa trapelava. C’era un servizio della televisione jugoslava (Tito era amico di Mao, quindi tollerato dai khmer rossi), c’erano servizi di giornalisti (tra cui Terzani) che riportavano i racconti dei profughi. Invano negli Usa Ted Kennedy aveva sollecitato da Carter un intervento armato. In Italia ricordo una lettera di mons. Bettazzi a Berlinguer in cui, tra l’altro, si sollecitava il Pci a prendere una decisa posizione contro il regime cambogiano. La sinistra, in particolare quella cosiddetta extraparlamentare, era del tutto disorientata. «Ma come? I compagni vietnamiti sono contro i compagni cambogiani? E i compagni cinesi e russi stanno per farsi la guerra?».

E infatti, la guerra. Il 7 gennaio 1979 la Cambogia comunista venne (aggredita? liberata?) dai compagni vietnamiti. Phnom Penh venne conquistata e formato un governo pro-vietnamita. La Cina lanciò una spedizione punitiva contro il Vietnam, occupandone alcune zone lungo il confine settentrionale. I leader khmer (Pol Pot, Khieu Samphan e Ieng Sary) sostenuti da Cina e Usa, si insediarono con i loro fedeli nelle zone al confine con la Thailandia e lanciarono una nuova guerriglia contro l’esercito di occupazione vietnamita. I crimini vennero dimenticati. Gli autori del più efferato genocidio della storia recente mantennero il loro seggio alle Nazioni Unite. Cina, Stati Uniti e vari paesi occidentali fornirono loro ingenti aiuti. Il nuovo regime cambogiano fu isolato e sottoposto a uno stretto embargo economico.

Un ricordo personale. Negli anni seguenti, incontrai un mio amico, medico missionario in Thailandia e gli chiesi informazioni sui khmer rossi che continuavano a operare presso il confine thailandese. Questa la candida risposta: «I khmer rossi sono diventati democratici! Infatti gli americani li aiutano…».

Sconvolgente la testimonianza di Terzani nel settembre 1992, quasi 14 anni dopo la fine della dittatura. Si trovò a viaggiare accanto a Khieu Samphan, quello che era stato presidente della Cambogia “democratica”, con Pol Pot primo ministro e Ieng Sary vice primo ministro. Nel 1992 faceva parte di un organo provvisorio di coalizione in cui erano rappresentati anche i khmer rossi. «L’uomo che mi siede accanto è un assassino, responsabile di centinaia di migliaia di morti, reo di avere usato degli esseri umani come cavie per uno spaventoso esperimento di ingegneria sociale. Fosse un tedesco, accusato degli stessi crimini durante la Seconda guerra mondiale, sarebbe ricercato in tutto il mondo e dovrebbe nascondersi. Ma lui è cambogiano, è ora protetto dalle Nazioni Unite, viene chiamato “Eccellenza” e viaggia con una guardia del corpo nella prima fila dell’aereo che fa la spola tra Bangkok e Phom Penh».

 

Impunità, omertà, complicità, rimozione

Da una parte si ergeva il muro dell’ideologia, del mito della rivoluzione mondiale, della lotta antimperialista. Non dimentichiamo che in Italia quelli erano gli «anni di piombo». Dall’altra la fredda e implacabile ragion di stato: gli Usa erano reduci dalla sconfitta in Vietnam. Non potevano in qualche modo allearsi con chi li aveva umiliati. Il maggiore nemico degli Usa era ancora l’Unione Sovietica, che contendeva il dominio mondiale sotto l’aspetto militare ed economico. Il sacro interesse portava a stringere la mano degli assassini cambogiani e dei loro complici cinesi. E negli Stati Uniti non esisteva nessuna forza politica ed economica che potesse scendere in campo per chiedere il processo ai responsabili di una shoà paragonabile a quella scatenata da Hitler contro gli ebrei.

E non dimentichiamo che gli obbiettivi, gli ideali che hanno animato i khmer rossi erano stranamente vicini ad alcuni dei «nostri» ideali: disonorare il denaro, cercare la giustizia, l’uguaglianza, creare un mondo migliore. Ma tutto è stato stravolto dal fanatismo, dalla violenza, dal fascino perverso di una palingenesi totale. Ideologia, volontà arrogante di realizzare il bene assoluto e ragion di stato si sono unite in una mostruosa alleanza permettendo l’olocausto dei cambogiani e la sua rimozione. Occorre invece che chi ha una sensibilità etica faccia proprie le parole di Primo Levi:

 

Meditate che questo è stato.

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore,

stando in casa, andando per via,

coricandovi, alzandovi.

Ripetetele ai vostri figli.

Dario Oitana

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