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politica
354 - PERSONALIZZAZIONE DEL POTERE E SCREDITAMENTO DELLA LEGGE |
B. E LA DEMOCRAZIA A RISCHIO
La democrazia umanistica è un progetto avviato nella storia, ma incompiuto. Ogni realizzazione storica va valutata secondo l’orientamento, sebbene graduale, che cerca di seguire. La Costituzione italiana, fondamento e programma della Repubblica, è quanto di meglio al mondo su questa via. Il carattere democratico, umanista e civile delle successive maggioranze politiche va misurato sulla nostra Costituzione. |
Berlusconi è dall'inizio, nel 1994, ineleggibile in quanto titolare di concessione statale «di notevole entità economica» (legge 361 del 30 marzo 1957). Paolo Sylos Labini lo disse subito a voce alta, ma non fu ascoltato (cfr. «L’Espresso», 10 maggio 1996, p. 73). La scappatoia per cui titolare della concessione era Confalonieri e non Berlusconi è formalismo ipocrita, che non muta la sostanza. La sanatoria formale non rimedia l'illegittimità sostanziale, che la politica dei successivi governi berlusconiani dimostra con evidenza.
Il cumulo di poteri (economico, mediatico, politico) non è un conflitto fra interessi, che invece si accordano benissimo, ma è un grave abuso di potere, contro ogni legge civile e democratica, contro lo stato di diritto (limite e separazione dei poteri), che è la maggiore conquista giuridica della modernità. Dunque è regressione antimoderna, verso lo stato signorile arbitrario, allontanamento dalla democrazia. Dunque è una illegittimità sostanziale: si può nasconderla, tollerarla, contrattarla, ma essa avvelena il senso della nostra democrazia. Questo governo è illegittimo, va delegittimato agli occhi degli italiani. Il consenso non sana tutto. Persino feroci dittature ebbero consenso spontaneo. Nessuna quantità di voti permette di superare quelle forme sostanziali. Chi lo fa, non è nella legittimità.
Al di là dei calcoli di opportunità, bisogna dire la verità delle cose, poi si fa il possibile per ristabilirla senza maggiori danni. Su questo punto, dopo ripetuti errori di legittimazione di Berlusconi e di mollezza nel giudicarne i fini e i mezzi, l'opposizione deve svegliarsi e decidere, se lo capisce. Altrimenti fa l'errore, storicamente imperdonabile, che Giolitti fece con Mussolini.
Ridurre l'equilibrio e il bilanciamento dei poteri dello stato, a favore dell'esecutivo e del presidenzialismo, è concentrazione di potere, in conflitto essenziale con la Costituzione democratica repubblicana, è un passo verso l'autocrazia. Bobbio ricordava e insegnava che «la democrazia è il governo delle leggi, e non degli uomini». Ogni oltranzista personalizzazione del potere è antidemocratica. Quando poi, come a Berlusconi accade d’istinto, si sacralizza insensatamente l’investitura popolare come quella che rende l’eletto «unto dal Signore» (cioè messia, cristo, proprio come si ritenevano i sovrani per diritto divino), allora si dimostra di ignorare o fraintendere la democrazia, di falsificarla e di abusarne a vantaggio del proprio potere di fatto insanamente legittimato ed esaltato.
Violare le leggi è male, si va in prigione, ma distruggerle, svuotarle (come fece Mussolini con lo Statuto albertino), screditarle nell'opinione pubblica, è peggio che violarle. Immunizzarsi dalla giustizia penale per togliere ogni limite al proprio potere, legiferare in causa propria, con un processo vicino alla sentenza, col “lodo Alfano”, è distruggere il principio di legalità. Violare le leggi che proteggono i deboli e costruire leggi demagogiche contro di loro per incoronarsi come colui che protegge gli impauriti da paure amplificate ad arte, è disonestà. Fare legge il proprio particolare interesse è l'ingiustizia, è l'inciviltà, da quando l’umanità ha una coscienza; è la massima immoralità pubblica, perché rubare la fiducia pubblica è peggio del rubare denaro pubblico.
Gli italiani (prendiamoci ognuno la nostra responsabilità) cadono preda di Berlusconi perché troppi non hanno un sufficiente senso della legge come limite dei poteri di fatto, né della Costituzione, la "legge delle leggi", che mette regole, limiti e fini sostanziali alla democrazia quantitativa.
Il diritto è sempre diritto e dignità inviolabile dell'altro, non è anzitutto «il mio sacrosanto diritto». Identificarlo con la forza posseduta, anziché con il controllo di quella forza, disintegra la società, sanziona la forza dei potenti e l’oppressione dei deboli. Quell'idea "signorile", proprietaria, mercantile, borghese, è barbara, anche se diffusa. Berlusconi è l'incarnazione storica nefasta di questa concezione del diritto come abilità, destrezza e vittoria. Mussolini rappresentava la violenza fisica e rozza, Berlusconi rappresenta quella violenza mentale. Dopo la fragile risurrezione dal fascismo subito e accettato, l’Italia ricade ora in questa minaccia mortale contro il diritto, perciò contro la preziosa Costituzione. Forse aveva tragicamente ragione Piero Gobetti quando parlava del fascismo come «autobiografia della nazione», costitutivo prevalente del nostro popolo. Ciò non autorizza alcuna rassegnazione, ma spinge alla più strenua battaglia morale e culturale.
Enrico Peyretti
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