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 355 - Scienza e religione oltre Ratzinger e Odifreddi / 1

 

SE LOGICA SAPESSE E FEDE POTESSE

 

Così come è oggi impostato da parte del magistero teologico di papa Ratzinger e da quello “logico-formale” dei suoi più accaniti avversari del fronte laico “duro e puro”, che ha oggi la sua punta di diamante mediatica nel professor Odifreddi, è ben difficile che il confronto, in termini di compiuta razionalità, tra scienza e fede possa andare molto oltre il dialogo tra sordi.

Certo, infatti, si deve riconoscere ai contendenti di parlare in nome di ambiti dell'umano sapere che hanno una solida tradizione e buone frecce argomentative nella faretra dei propri archi; ma bisogna anche confessare che nessuno dei due, in questa sorta di singolare tenzone tra campioni della sola vera razionalità, l'uno di un sapere teologicamente fondato, l'altro di una scienza programmaticamente atea, è destinato ad avere limpida vittoria. Al più, insistendo a tenere fieramente il campo sempre con le stesse armi e le stesse tattiche, finiranno col cadere insieme vittima dei colpi reciprocamente infertisi tra l'indifferenza annoiata di qualsivoglia immaginabile astante.

 

Magisteri non sovrapposti

Ma proviamo a delineare la questione in oggetto a partire da una posizione terza, che tenga conto, almeno ipoteticamente, della possibilità che l'umano conoscere non sia frutto di una sola testa, di un'unica specializzazione intellettuale. Lo pensano più di uno scienziato e più di un teologo, per non parlare degli infiniti rappresentanti delle altre, non facilmente numerabili, arti e mestieri, artefici e frutto delle diverse forme di civiltà e cultura presenti nella storia e nel mondo. Proviamo a pensare che non esistono solo scienziati e teologi, o meglio, che scienziati e teologi esistono proprio perché non sono soli.

Scienze e religioni rappresentano due “magisteri”? Sì e lo sono. Sono due “magisteri” che potrebbero o dovrebbero ridursi ad uno solo, perché una sola “è” (meglio: “aspira ad essere”) la “verità”, come sostengono i nostri duellanti? No.

Afferma il paleontologo Stephen Gould che si tratta di «magisteri non sovrapposti e non sovrapponibili». Dice una cosa ragionevole, ma che va completata osservando che non di due, ma di molti magisteri è fatta la cultura che guida la nostra vita. È essenziale che le diverse discipline della ricerca scientifica e umanistica imparino a rispettare i diversi ambiti e i diversi metodi di lavoro, a dialogare e confrontarsi, senza tentare improbabili, pericolose e per lo più regressive e repressive sintesi o mediazioni conciliatrici e concordiste. Un'unica enciclopedia del sapere, sul modello illuminista, è ormai fuori da ogni ragionevole orizzonte conoscitivo contemporaneo. È roba da museo delle cere. Ottima e meritoria un tempo, oggi sarebbe una caricatura di se stessa.

 

Cervello: destra contro sinistra?

Ma proviamo ad affrontare il toro della presente contesa, prima per l'uno e poi per l'altro corno, visto che le corna del toro sono due, ma inevitabilmente uno più uno diventano se si tenta di affrontarle separatamente, cosa più facile in teoria che in pratica, ma non del tutto impossibile e certo più sicura, volendo uscirne vivi. E cominciamo dal corno più fragile, che, come vedremo, è, fuor di dubbio, rappresentato da Odifreddi per l'elementare unidirezionalità del suo argomentare.

Sostiene dunque l'emerito professor Odifreddi che «diversamente dalle religioni, la scienza non ha bisogno di rivendicare nessun monopolio della verità: semplicemente, ce l'ha» (Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi 2007, p. 227), e «ce l'ha» in quanto frutto dell'emisfero sinistro del cervello «sede della logica e della razionalità», a cui è sorda la religione «che trova la sua ragion d'essere nell'emisfero destro, sede dell'istinto e della visceralità» («La Stampa» del 5 settembre).

Detto splendidamente e con lucidità priva d'ombra alcuna. Peccato che l'umano sapere, anche quello scientifico e filosofico degli stessi Lumi, ben sappia da sempre di nascere da un processo conoscitivo assai più complesso di quanto sembra ipotizzare il nostro professore di matematica; ben sappia di doversi costituire come difficile equilibrio, sempre in bilico e alla ricerca di una migliore stabilità ed efficacia, di tutto il cervello dell'uomo e non solo del cervello, né solo dell'uomo singolo e comunitario, ma dell'intero complesso dei viventi, anzi degli esistenti.

Né la logica, né la metafisica, né l'ermeneutica filosofica e teologica, né l'estetica, né la mistica, né la fisica, nel senso dell'educazione corporea e dell'arte pratica del fare manualmente o pedestremente le cose, esauriscono il mondo della conoscenza. E neppure possono rivendicare, ciascuna per sé o tutte insieme, il controllo pieno delle nostre scelte e decisioni o il monopolio della verità, che non è mai oggettivamente data, ma sempre meta da raggiungere. Figurarsi se possono farlo la scienza, ridotta a logica matematica, o la religione cristiana, monopolizzata dal neoplatonismo dogmatico e alquanto incoerente di un teologo fermo, nei suoi studi, agli anni '60 del secolo scorso.

Credo che da parte loro scienza e religione, se fosse possibile prenderle in sé come puri saperi, non abbiano nessuna ragione di particolare polemica e rivalità. Polemica e rivalità possono averla gli scienziati e i religiosi, che invece di interrogarsi sui problemi specifici del proprio ambito, si preoccupano della loro visibilità e del loro prestigio sociale, entrano in concorrenza di potere per il controllo dei corpi, delle anime e delle menti e per l'accesso ai finanziamenti statali e privati necessari alle rispettive istituzioni, ai rispettivi portafogli. La cosa è evidente nel caso dell'autorità ecclesiastica, ma anche in quella delle autorità universitarie, tecnico industriali e sanitarie.

 

Una pessima abitudine

Nel libro citato a pagina 223, scrive Odifreddi: «La ragione e l'etica sono incompatibili con la teoria e la pratica del Cristianesimo» e in realtà con ogni forma di vita religiosa. Il perché lo spiega al termine dell'articolo su «La Stampa», riportando il detto del Nobel per la Fisica Steven Weinber: «Con o senza religione, i buoni si comportano bene e i cattivi male, ma ci vuole la religione per far comportare male i buoni». Dal che parrebbe lecito dedurre: che per i nostri due fans del primato assoluto della scienza, si è buoni e cattivi per nascita o destino; che scienza ed etica, pur con tutta la ragione dalla loro, nulla possono sugli uni e sugli altri; che solo la religione ha l'arcana virtù di agire su tutti, ma solo nel male.

Ora ogni teologo so che la religione è una forma espressiva essenziale del vivere umano e che, come tutti gli aspetti dell'umano esperire, può evolversi in forme adeguate o inadeguate, produrre frutti esaltanti o degenerare vergognosamente verso l'autodistruzione; è cioè carica di valori positivi e di potenzialità negative. Inoltre è evidente che anche tra i teologi e, tra coloro che si professano cristiani, proprio come tra gli uomini di scienza, ci sono menti più aperte all'universalità del sapere e menti più chiuse e retrive. Non per questo è lecito farsi cavallo di Troia dei cattivi teologi e dei capi religiosi conservatori o integristi, per fare di ogni erba un fascio e squalificare tutti coloro che si occupano di questi problemi, trattandoli come «poveri cretini» (da pauvre chrétien).

Mi pare poco corretto argomentare in questo modo, fosse pure con retorica apparenza logica. Odifreddi crede davvero che la teologia non faccia una continua opera di «decostruzione» di se stessa, di analisi critica dei propri risultati, delle proprie tesi, in dialogo con tutti gli altri saperi, perché ci sia bisogno che lo facciano i matematici alla Johon Allen Paolos di cui tanto esalta il libro dal ridicolo titolo: La prova matematica dell'inesistenza di Dio, (Rizzoli 2008)? Titolo che sarebbe ridicolo anche se recitasse: La prova matematica dell'esistenza di Dio. Odifreddi non ha mai letto un libro di teologia critica, di metodologia della ricerca filosofica e teologica? O ha solo sentito dire qualcosa dai giornali sui discorsi papali e sulle leggende di questa o di quella apparizione mariana, di questo e quel cultore di improbabili reliquie?

«Una pessima abitudine delle persone, quella di prendere posizione a favore o contro un argomento senza sapere bene di cosa si stia parlando»: scrive nel citato articolo della «Stampa» contro i religiosi che attaccano la scienza. E ha, ahimè, spesso ragione. Poi lui a sua volta, quando parla di religione e di teologia, fa la stessa cosa. Fa la stessa cosa quando qualifica come “irrazionali” le motivazioni “pratiche” indicate da Kant nella Critica della ragion pratica a sostegno della plausibilità filosofica dell'esistenza di Dio. Dimentica che Kant è forse il maggiore degli Illuministi, quello tra loro che più ha contribuito allo sviluppo delle scienze, anche matematiche, agganciandone il valore euristico non all'oggettività ma alla criticità del conoscere, estendendo il campo dell'analisi razionale ben oltre l'indagine sulla natura, all'etica, alla religione e all'arte. Altri l'avrebbe estesa alla storia, all'economia e alle varie scienze umane, compresi gli studi sui fenomeni religiosi.

 

Un incontro non impossibile

Odifreddi, proprio come alcuni cattivi teologi dogmatici e moralisti e alcuni capi religiosi di grandi e piccole chiese, argomenta più per principi astratti che per vastità, complessità e ricchezza di conoscenze. Pretende, come questi pretendono, di dire l'ultima parola su cose su cui non ha e non hanno competenza alcuna, senza avere neppure consumato qualche anno, per non dire una vita, sui temi che ritiene e ritengono di poter di risolvere con la bacchetta magica della logica o della «Sacra Cattedra». Mi pare poco scientifico, poco intelligente e poco religioso impancarsi a giudici universali, in nome delle strutture logiche della propria disciplina o in nome di Dio, per dettar legge a tutti in qualsiasi ambito del sapere e dell'agire umano, per imporre a tutti la propria verità.

Non si potrebbe sollevarsi un po' e dialogare tra scienziati veri e teologi veri? Tra scienziati che abbiano coscienza dei limiti della scienza e, proprio per questo la amino, e amino gli orizzonti conoscitivi e operativi aperti alla loro vita dalle altre forme di sapere, e teologi e guide religiose che riconoscano che la fede è scelta esistenziale, scommessa di vita, che ha le sue ragioni anche se non è razionalmente dimostrabile come un teorema, che ha da dire qualcosa alle scienze anche se non ha la pretesa di doverle coronare con l'aura delle sue intime convinzioni. Non si potrebbe confrontarsi tra uomini di scienza e di fede che, pur riconoscendo la diversità dei propri ambiti di impegno, la non sovrapponibilità dei propri saperi, siano in grado di far convergere le loro fatica nell'aiuto da dare agli uomini affinché possano consolidare la propria apertura al bisogno di giustizia e di pace, al sogno di libertà che alimenta la loro vita e rende loro possibile affrontare la morte e progettare un futuro guarito dal male.

Aldo Bodrato

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