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chiesa
Nessun vescovo può vantarsi di non aver nulla da imparare. Ne ha bisogno come tutti noi. Forse più di tutti noi per la responsabilità maggiore che porta e per l’isolamento in cui la carica stessa lo costringe. E non è superbia voler insegnare al vescovo, perché cercheremo ognuno di parlargli di quelle cose di cui noi abbiamo esperienza diretta e lui nessuna. L’ultimo parroco di montagna conosce il proprio popolo, il vescovo quel popolo non lo conosce. L’ultimo garzone di pecoraio può dar notizie sulla condizione operaia da far rabbrividire dieci vescovi, non uno. L’ultimo converso della Certosa può aver più rapporto con Dio che non il vescovo indaffaratissimo. E il vescovo, a sua volta, ha un campo in cui può trattarci tutti come scolaretti. Ed è il Sacramento che porta e quelli che può dare. In questo campo non possiamo presentarci a lui che in ginocchio. In tutti gli altri ci presenteremo in piedi. Talvolta anche seduti e su cattedre più alte della sua. Quelle in cui Dio ha posto noi e non lui. L’ultimo di noi ne ha almeno una di queste cattedre e il vescovo davanti a lui come uno scolaretto» (dalla lettera del 8.8.1959 inviata da don Lorenzo Milani a Nicola Pistelli, direttore di «Politica» – Firenze. È una lettera veramente importante sui temi della fede, dell’amore attivo per la chiesa, del rispetto di se stessi come persone pensanti. Chi fosse interessato ad averla intera e non la trovasse, può scrivere a mauro.barrera@libero.it). Gerarchia e popolo di Dio Rileggere queste splendide parole di don Milani – che da tanti anni già conoscevo – mi ha fatto riflettere su alcuni pronunciamenti di questi ultimi tempi da parte dei gerarchi cattolici. Provenienti da varie parti, queste affermazioni – come è logico in un sistema monarchico non democratico – sono state ascritte all’autorità del Pontefice Massimo, che più brevemente chiamerò Papa. Mi riferisco a tre casi specifici: a) il pronunciamento sull’assistenza a Eluana Englaro, e la conseguente opposizione alla libertà di autodeterminazione per l’alimentazione forzata in caso di malattia gravissima e assolutamente debilitante; b) la scomunica per tutti i protagonisti nella vicenda della bambina brasiliana violentata e rimasta incinta di due gemelli, poi fatta abortire: unico non condannato pubblicamente, il violentatore; c) le affermazioni (direttamente papali) secondo cui il preservativo non costituisce un rimedio contro l’Aids, ma semmai aggrava il problema, favorendo la libertà sessuale. Sono state spese caterve di parole per dimostrare l’assurdità di queste posizioni. E la loro disumanità. Sono intervenuti singoli e collettività. Sono intervenuti governi. (Nessun alto gerarca cattolico ci ha ancora spiegato però perché un preservativo sia immorale in quanto artificiale, mentre una fiala di elementi nutritivi per un malato terminale sia altamente virtuosa, benché artificiale. Balza invece agli occhi di chiunque lo stridore tra la condanna pubblica comminata a chi ha accolto e aiutato la bambina brasiliana a sopravvivere e il perdono privato accordato al suo violentatore). Non credo che saprei aggiungere elementi risolutivi, a consolazione o a risoluzione dello sconcerto, dello scoramento, della vergogna che assale molti di noi di fronte a queste affermazioni non solo anacronistiche, ma presuntuose e crudeli, oltre che – a mio avviso – errate. Provando però a riflettere su come sia possibile che ci troviamo a questo punto – noi credenti, che a vario titolo e con vario attaccamento partecipiamo alla vita della nostra chiesa – sono arrivato ad alcune costatazioni, che mi hanno condotto a formulare il titolo di questo intervento: a difesa del Papa. L’esperienza del mondo Uno dei primi redattori de il foglio, il giornalista Edilio Antonelli, ripeteva spesso: «Non bisogna essere una gallina per sapere se un uovo è fresco!». Aveva ragione. Ma bisogna almeno sapere che cosa è un uovo e che cosa è la freschezza. Ora, questo povero Benedetto XVI ha mai avuto esperienza di preservativi? (Non oso chiedergli se ne ha mai avuto uno in mano: credo nella privacy). Credo si possa benevolmente rispondere di no, se intendiamo le paure di gravidanze indesiderate, le paure per rotture improvvise, le difficoltà ad approvvigionarsene, le difficoltà ad adattare la propria mentalità allo strumento, e via discorrendo. Per lui l’unica questione è se sia naturale o no. Ma un bisturi è naturale? Eppure può fare del bene. Un aereo è naturale? Può fare del bene o del male. Un aereo militare può perfino fare del bene; un aereo civile può perfino fare del male. Per il preservativo non c’è casistica? Forse per la tipologia del membro che ricopre, che sarebbe malvagio tranne che nell’atto di inseminare? Il povero Papa manifesta un profondo, evidente spavento. Certo si indovina che non abbia mai pensato al membro suddetto che in termini negativi, a meno che quello stia inseminando. Certo si presume che non abbia mai sperimentato con gioia l’aspetto ludico del medesimo signore, o da solo o in compagnia, nel timore di diventare cieco o di commettere peccato mortale (che è poi sostanzialmente la stessa cosa). Si immagina ancora che la mancanza di intimità con donne forse poco pie, ma vitali, lo abbia lasciato carente di una convinzione: il sesso gioioso è bello, fa star bene in salute, fa dar lode a Dio – se uno è credente –; e tutto questo è condiviso da moltissimi maschi e femmine, tra cui moltissime brave persone, tra cui molti credenti. Ma il Papa da quanti anni non ascolta più i credenti? Questo è il punto. Nella formazione del clero – e di quanti sacrestani intorno! – adagio adagio si è badato ad isolare vieppiù queste povere persone, le quali (soprattutto quelli che fanno carriera) vivono sempre di più negli anni in ambienti chiusi, marcatamente omosessuali e sessuofobi. Non c’è nulla di male ad avere tendenze omosessuali personali, c’è molto di male a vivere in ambienti in cui è presente un solo sesso, mentre l’altro è – se c’è – subordinato e inserviente; si finisce col formarsi una mentalità forzatamente limitata, magari deviante. Se uno è personalmente sessuofobo, non è una cosa bella, ma sono in fondo fatti suoi; ma se un sessuofobo detta legge agli altri – e in particolare sul sesso – incominciano guai seri. Che si aggravano se nel sistema di comando non c’è possibilità di controllo, quella che si chiama «democrazia». Il Concilio Vaticano II tralasciò – riferendosi alla chiesa – l’immagine del «corpo mistico di Cristo», preferendo quella del «popolo di Dio». Un popolo si dà dei capi, li sceglie, li discute: questa è democrazia, anche tra i credenti in un Dio che si rivela. Se un popolo subisce i suoi capi, se china solo la testa, se non apre bocca, questa è dittatura: ma come può sussistere la dittatura in una chiesa in cui Dio non ci chiama servi, ma amici? È semplice: si snatura quella chiesa. Nel ’600, nel caso Galilei, la gerarchia cattolica – non la chiesa! – commise un grave errore, e ci mise più di 300 anni a pentirsi. Si sono commossi tutti quando papa Woytila ne chiese perdono. Oggi non si parla di cosmo, ma di sesso: cambia l’ambito, non l’importanza, e l’atteggiamento è ugualmente sbagliato. Si riparte dai principi, si riparla della «natura», manca solo che si citi Aristotele. Siamo da capo: la storia non insegna niente a chi è ottuso. Povero papa Povero Papa! Gli hanno insegnato che deve riflettere, esaminare la dottrina precedente, consultare se vuole (ma chi? selezionato come?), parlare, come se comandasse. Il dogma stabilisce che lui è infallibile, ma solo quando parla conscio di dire una cosa importante e infallibile (ex cathedra): poi però nella pratica guai a criticare il Papa se sostiene una palese stupidaggine, o anche solo un’idea del tutto opinabile. Lesa maestà! Mi ricordo di un divertente scherzetto teologico che girava nella mia scuola (religiosa) quando studiavamo questo argomento: «Ma il Papa (Pio IX) era infallibile quando nel 1870 proclamò la propria infallibilità?». I nostri maestri non ci rispondevano in modo convincente, e noi rimanevamo pervicacemente poco creduli. Il 27 marzo 2009 la rivista scientifica internazionale Lancet ha sostenuto [1] che il Papa «ha pubblicamente distorto le prove scientifiche per promuovere la dottrina cattolica sul tema. Non è chiaro se l'errore del Papa sia dovuto ad ignoranza o se sia un deliberato tentativo di manipolare la scienza per appoggiare l'ideologia cattolica. Ma quando qualsiasi personaggio influente, sia una figura religiosa, sia politica, fa una falsa affermazione scientifica che potrebbe avere conseguenze devastanti per la salute di milioni di persone, questi dovrebbe ritrattare o correggere la linea». Invece niente. Di fronte alle critiche la Santa Sede replica notando l’irreligiosità del mondo attuale e lamentando lo scarso rispetto per il Pontefice. I vescovi tedeschi già dal 1999 hanno siglato insieme col Consiglio delle Chiese evangeliche tedesche un documento in cui si parla positivamente di una «eutanasia passiva», consistente nel lasciar morire in pace chi è al termine della vita e ha deciso di non accettare cure tendenti solo a protrarre lo stato di sofferenza [2]. Il Papa non ne è a conoscenza? Lo ignora volutamente? Allora ognuno può andare per la sua strada? Povero Papa! È così sensibile alle critiche dei giornali! Non può permettersi di dire una stupidaggine sui preservativi e l’Aids mentre in aereo si reca in Africa, che subito la stampa cattiva oscura tutti gli altri elementi dei suoi discorsi. Peccato che la gaffe sia stata veramente grossa, che siano insorti molti governi – non quello italiano –, che in Africa il problema dell’Aids sia veramente molto grave, che molti siano i morti e ancor più i malati e quelli a rischio di contagio. Peccato che spesso i missionari stessi si adoperino per la diffusione del preservativo. Ma lui li ascolta, ogni tanto? Povero Papa! Su questi argomenti non ha ancora capito – o non gli hanno ancora ben spiegato – due cose fondamentali: a) la sessualità non è finalizzata primariamente alla procreazione, e poi al resto se ci sta ancora. Essa è invece un elemento primario della convivenza umana, un elemento gioioso, si spera, vivaddio! b) che la rivoluzione francese sia un elemento benigno o maligno della storia, le persone desiderano sempre di più pensare con la propria testa, formare e verificare autonomamente le proprie convinzioni, seguire delle indicazioni sulla base della loro autorevolezza, non della capacità di imposizione. È tutto opera del demonio? Povero Papa! Provo sinceramente compassione per chi, come lui, non sa capire i segni dei tempi, e si ostina a ripercorrere vie rivelatesi sbagliate ormai da tanti anni. Verrebbe da dire: preghiamo per lui, perché venga illuminato, lui e quelli come lui, che sentono di avere l’autorità di comandare, di sciogliere e di legare. Ma chi lo deve illuminare, se non noi? Siamo ancora gli unici che lo cerchiamo perché vogliamo il suo bene, e per questo semmai lo critichiamo. Altri lo cerchino pure per averne favori o tornaconto politico. Mauro Barrera
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