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 363 - Il mistero nelle piccole cose

 

Un amico mi regala un poeta e mi regala un suo commento profondo alla novella Canta l’epistola di Pirandello, e mi regala quattordici salmi, tristi e lieti, per i suoi gatti amati.

Il poeta, per il suo cane, sei mesi di poesie mi ha regalato. Sei mesi di presenza dell’amico cane, scomparso, ma non da quel cuore, che lo vede, gli parla, ne rivive l’affetto, gli slanci di vita e le corse di anni ed anni.

Conosco anch’io quanto le ombre di Gatta e Gattina mi sembra di vedere scivolare negli angoli di casa, tra i mobili ben noti, o comparire accanto solo per guardarmi o attendere la vita che ero io per loro.

Pensare tutti i giorni al loro cibo, nutriente come le carezze, e sapere semplicemente che ci sono.

Non più. Non più ci sono.

Gli umani normalmente sopravvivono agli amici animali.

Sappiamo noi la morte, anche la loro, che ignari li sorprende, li prostra, li stramazza.

E noi assistere impotenti, qualche carezza per spiegare loro che non cadi nel vuoto in quel momento.

Per promettere anche a loro l’universale promessa che speriamo.

Agli angoli di stanze ora mi pare passino scivolando le loro ombre.

Ma so che il loro pelo, i loro occhi grati, le presenze buone, i sonni beati, le piccole voci, le corse e i salti, so che li ho raccolti nelle mie mani, so che li ho deposti nella terra scavata come madre, là nel giardino della casa antica, lungo il muro di pietra, perché il corpo universale le assimili come vite perdute nella vita.

Credo che anche voi, Gatta e Gattina, ombre negli occhi miei e nel pensiero, dalla vita venute per ventura, nella vita in altra dimensione, come speriamo per noi, sempre sarete.

Credo che ai nostri morti stiate facendo lieta compagnia.

Quando vi penso e vi ricordo, io vi ringrazio.

e. p.

 

Renzo Gherardini, L’ultimo dono, Il Bisonte, Firenze 2006

Paolo De Benedetti, Il filo d’erba (verso una teologia della creatura a partire da una novella di Pirandello), a cura di Gabriella Caramore, Morcelliana, Brescia 2009

Paolo De Benedetti, Gatti in cielo (con immagini di Michele Ferri), MC editrice, Milano 2006

 

***

«Fratelli, amate tutta la creazione divina, nel suo insieme e in ogni granello di sabbia. Amate ogni piccola foglia, ogni raggio di sole! Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa. Se amerai tutte le cose, coglierai in esse il mistero di Dio» (Lo staretz Zosima, nei Fratelli Karamazov, di Dostoevskij, citato in Il filo d’erba, pp. 32-33).

 

«Ma dico di più: se tutto ciò che ha avuto l’essere, l’esistenza, dal creatore e l’ha persa nella morte non l’avesse di nuovo, bisognerebbe concludere che la morte è più potente di Dio, perché vince sull’esistenza. Questo è stato realmente un pericolo per Dio, che ha voluto perciò scegliere la propria morte per annunciare la resurrezione. Se non solo un filo d’erba, ma un sassolino non avesse di nuovo l’esistenza, sarebbe falsa la domanda di Paolo: “O morte, dov’è la tua vittoria?”» (Il filo d’erba, pp. 36-37).

 

«Se non prometti che lassù vedrò / anche Flock, anche Cino, Dick e Lilla / Puck e Babù e Fufi e tutti i mici / e le micie e la Pucchia e lo stornello / e gli angeli quadrupedi che qui / ci rendono amabile la vita, / se non prometti che vedrò anche loro, / ti restituisco la resurrezione / e resto nel mai più dello sheol» (da Gatti in cielo).

 

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