Difficile nascondere l'impressione che dentro l'intera questione della legittimità o meno della presenza del crocefisso nelle aule delle scuole pubbliche ci sia qualcosa di grottesco, che interamente si gioca sul ruolo che ciascuno tende a far svolgere a questa ostensione pubblica di un simbolo eminentemente religioso.
La Corte europea dice che il crocefisso va eliminato «perché viola la libertà religiosa degli alunni»; il governo italiano, da parte sua ha sostenuto che esso doveva essere presente per la precisa ragione politica che non si può scontentare l'elettorato cattolico; il ministro della Pubblica istruzione ha dichiarato che non lo si può rimuovere in quanto «la sua presenza nelle aule non significa adesione al cattolicesimo, ma sta lì come simbolo della nostra tradizione e identità culturale»; il cardinal Re lo difende in quanto «simbolo universale di valori che stanno alla base della nostra identità europea» (universale dunque ma eurocentrico); la Lega afferma che non solo non va rimosso, ma moltiplicato «per far vedere che noi siamo indipendenti dai diktat dalle burocrazie straniere».
Insomma ciascuno il crocefisso lo vuole e lo rifiuta per ragioni sue proprie che nulla hanno a che fare col crocefisso in sé. Se dovessimo valutarle in termini di linguaggio e di sensibilità religiosa giudaico-cristiana diremmo che ciascuno affida al crocefisso una funzione che non è la sua, ma che è soggettivamente idolatrica.
Per ragioni diverse la Corte europea come i suoi avversari trattano il crocefisso come un idolo, come un simbolo dipendente dalla propria visione umana del suo eventuale valore e questo perché il crocefisso, messo là dove non dovrebbe stare, fuori del suo contesto naturale, che è il luogo di culto e di preghiera della comunità cristiana, non ha più un valore proprio ma acquista il valore che altri vuole fargli svolgere in positivo o in negativo.
Per questo non prendiamo posizione rispetto a chi ha ragione o torto in questa speciosa disputa. Hanno tutti torto e la presenza del crocefisso va ripensata a partire dall'esigenza di fede che lo ha generato, conservato e da cui solo riceve il suo valore. In qualsiasi altro posto venga messo è un oggettino, più o meno idolatrico, si tratti del seno prosperoso di una donna o muscoloso di un macho, dell'aula di un tribunale, di una scuola o di una palestra confessionale.
Il semplice fatto che qua o là compaia un crocefisso non significa che qua e là stia un simbolo religioso di qualche pregnante valore. Significa che qua o là qualcuno si è voluto servire strumentalmente del crocefisso per mettere un suo segno di presenza. Se non temessi di bestemmiare direi che si tratta di una disseminazione simile a quelle deiezioni animali tese a porre dei paletti e dei confini: qui è mio. Ma in tutto ciò il crocefisso che cosa c'entra? Ecco il grottesco.
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