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 372 - ECONOMIA E POLITICA

 

Regolare il sistema finanziario

 

Già da molto tempo diciamo, insieme a molti altri, che la politica deve porre delle regole al sistema finanziario globalizzato.

Fino ad oggi però le forze politiche di tutto il mondo, tranne quelle di estrema sinistra, intimorite o colluse dal potere finanziario, non hanno avuto il coraggio o la volontà di intervenire, fino a portarci sull’orlo del baratro in cui ci troviamo.

Le società finanziarie, banche centrali e sistema bancario, assicurazioni, fondi pensione, di investimenti, sovrani e così via, tutte private o quasi e con complicati e nascosti intrecci di potere, di affari e di concorrenza tra loro, detengono ormai il potere economico globale e decidono la fortuna o la disgrazia di intere popolazioni, seguendo solo il loro interesse immediato. Si può capire la massa di manovra di cui dispongono pensando che gli stipendi dei lavoratori, i soldi dei risparmiatori, delle imprese e delle istituzioni più varie di tutto il mondo, tranne alcuni spiccioli che ciascuno di noi tiene in casa, è in loro possesso. «Possesso» è il termine giusto, perché il denaro che gestiscono non è di loro proprietà ma di chi lo ha depositato.

Tutto questo evidentemente mette la democrazia in grave pericolo, se non è già un guscio svuotato di gran parte di contenuto; ha così una sua profonda ragione d’essere la disaffezione, il senso di estraneità e d’impotenza che avvertiamo tutti quando andiamo a votare.

Oggi la speculazione internazionale punta sull’euro, per fare profitti sulla sua debolezza. L’Europa ha una moneta unica ma non un governo, una politica economica e fiscale comune. Questo fa sì che i vari paesi vadano incontro alla speculazione in ordine sparso. Attaccando quelli più provati dalla crisi economica e quindi più deboli, Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e anche Italia, la speculazione spera di farli cadere uno dopo l’altro con un effetto domino.

Di fronte a questo scenario terrificante, finalmente pare che i politici più accorti, come da tempo ha già fatto Obama, comincino ad alzare la voce, non fosse altro perché il malcontento popolare mette in pericolo la loro rielezione. Anche il nostro Presidente del Consiglio, nella sua istrionesca capacità di cogliere i sentimenti del popolo, si è accorto che è assurdo che una società privata, dando i voti alla situazione economica dei vari Stati, possa provocare il crollo delle borse di tutto il mondo. Nel caos generale, la borsa di New York ha sfiorato il crack irreversibile quando (per un errore?) è stato segnalato che le azioni perdevano il 10%. E tutto questo permette agli speculatori al ribasso guadagni straordinari! Arricchirsi fraudolentemente in borsa a scapito di tutta la società, configura il grave reato di aggiotaggio in quasi tutti i paesi del mondo: perché deve essere permesso a livello globale?

Ora speriamo che non si prendano solo provvedimenti tampone, ma si decida di mettere finalmente regole, freni e sanzioni incisive alla finanza, in cui altrimenti tende a prevalere la parte selvaggia, criminale e irresponsabile, restituendole la sua funzione essenziale. Speriamo anche che i lavoratori di tutto il mondo e i loro rappresentanti prendano finalmente coscienza che arroccarsi nella difesa dei propri privilegi e tentare di scaricare le difficoltà su altri lavoratori non porta da nessuna parte e alla fine danneggia tutti.

Perché i poteri da imbrigliare sono molto forti, abituati alla piena libertà, dotati di mezzi quasi illimitati e di volontà pervicace. La lotta sarà perciò dura, lunga e il risultato niente affatto scontato.

 

Angelo Papuzza

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