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teologia
376 - Il Nobel per la medicina e il Vaticano |
In nome della natura
La perplessità e le critiche espresse da autorevoli giornali cattolici e da alcuni portavoce della curia romana sull'assegnazione del Nobel per la medicina all'iniziatore della ricerca sulla fecondazione artificiale, invitano ad alcune riflessioni. |
In primo luogo lo stile degli interventi lascia intravvedere tra le righe delle argomentazioni una sorta di rivendicazione del primato, se non dell'esclusività, dell'autorità morale del Vaticano. Appare evidente una sorta di fastidio per il fatto che l'assegnazione dei Nobel, con l'universalità della sua risonanza, possa entrare in concorrenza coi vertici della chiesa cattolica come agenzia di difesa e diffusione dei valori morali dell'umanità.
Senza entrare nel merito dell'oggetto di questa presa di posizione critica e senza la pretesa di dimostrarne l’infondatezza, resta il fatto che il giudizio negativo sul valore morale delle ricerche mediche in questione, si basa sulla vantata superiorità delle autorità romane nella conoscenza della natura e delle sue leggi rispetto a qualsivoglia accademia scientifica. Ora proprio questa rivendicazione, questo richiamo a un'autorità religiosa fondata non su principi di fede ma di ragione, non sulla Parola di Dio ma sull'umano sapere relativo alla normale esperienza del mondo e del vivere quotidiano, ci dice che il giudizio così espresso può avere un valore soltanto relativo e più che discutibile.
La natura e le sue leggi, come ogni teologia e filosofia ammette, sono infatti conoscibili non per via di rivelazione ma di ricerca razionale; sono oggetto dello studio approfondito non dei religiosi ma degli scienziati e dei filosofi, che a tale fine da secoli applicano dei metodi di indagine che coniugano esperienza e ragione in una ricerca che mai presume di avere raggiunto risultati assoluti e definitivi.
Nulla consente alle scienze naturali e umane di proclamare l'infallibilità delle proprie conclusioni, né della assoluta validità morale delle decisioni che dalle conseguenti scelte derivano. L'autorità morale degli scienziati e delle varie accademie è inevitabilmente soggetta a mutamenti e diversità di interpretazioni. Gli studiosi lo sanno e lo sanno anche i responsabili dell'assegnazione dei Nobel.
Lo sanno gli ecclesiastici? Loro che dettano alle loro comunità determinate norme di comportamento, che pretendono di imporre per via giuridica ai cittadini degli stati laici la propria visione della natura e delle sue leggi? E si sono mai chiesti in base a quali faticosi cammini di sperimentazione, di ricerca e di razionali riflessioni si sentono autorizzati a pronunciare, in nome della natura, insindacabili sentenze sul valore etico di questa o quella scelta delle diverse istituzioni civili o anche solo di singoli individui?
Aldo Bodrato
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