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 375 - VALDESI E BENEDIZIONE DI COPPIE GAY

 

Il diritto dell'altro

 

Abbiamo chiesto al pastore valdese Alessandro Esposito di commentare la recente presa di posizione del Sinodo valdese sulla benedizione delle coppie omosessuali.

 

È ormai risaputo, anche a causa della (breve ma significativa) risonanza che la notizia ha avuto sui mezzi di comunicazione, che nella chiesa valdese di Trapani e Marsala, presso cui svolgo il ministero pastorale, è stata celebrata, il 4 aprile, la prima benedizione in ambito protestante italiano di una coppia omoaffettiva. A seguito di tale benedizione, il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste ha poi votato un atto in cui «chiede (...) alle chiese che, ove sorelle e fratelli membri della nostra Chiesa o appartenenti ad una Chiesa evangelica richiedano la benedizione di una unione omosessuale, si proceda nel cammino di condivisione e testimonianza e, laddove la chiesa locale abbia raggiunto un consenso maturo e rispettoso delle diverse posizioni, essa si senta libera di prendere le decisioni conseguenti, rimanendo in costruttivo contatto con gli appositi organismi». Le motivazioni addotte a sostegno di tale orientamento, sono riportate, poco prima, nel testo del medesimo atto, nel quale si afferma che «le parole e la prassi di Gesù, così come esse ci sono testimoniate negli Evangeli, non possono che chiamarci all'accoglienza di ogni esperienza e di ogni scelta improntate all'amore quale dono di Dio, liberamente e consapevolmente vissuto e scelto». Si tratta, chiaramente, di una svolta significativa, che costituisce l'esito concreto e conseguente del cammino pluridecennale che le chiese valdesi e metodiste hanno compiuto in merito all'accoglienza delle persone omosessuali e del loro amore.

Ciò detto, sono balzate agli onori della cronaca anche alcune voci dissenzienti che, legittimamente, hanno inteso esprimere (con toni non sempre pacati) le loro riserve e perplessità in ordine a tale decisione sinodale. Per quanto mi riguarda, ribadisco di voler cooperare alla formazione di una chiesa disposta a lasciarsi interpellare dagli interrogativi e dalle provocazioni che, inevitabilmente, le provengono dall'eterogeneità di quella realtà umana di cui anch'essa, fino a prova contraria, è parte. Taluni, invece, mi pare che intendono ignorare la complessa contraddittorietà dell'esperienza rifugiandosi entro il perimetro sicuro, ma angusto, delle codificazioni dogmatiche e normative della fede: per quanto non sia possibile prescinderne, mi pare comunque opportuno conferire a tali aspetti la valenza limitata che compete loro. La fede, infatti, è realtà cangiante e multiforme che Dio ci chiama a ridefinire nell'arco di un cammino costellato di incontri, scoperte, ripensamenti: non, dunque, il luogo di una sterile ripetizione di quanto consolidatosi nel progressivo e ambivalente costituirsi della tradizione ecclesiastica, bensì lo spazio entro cui operare una reinterpretazione costante, che può aver luogo, soltanto, mediante il confronto creativo con quella stessa tradizione che, seppur degna di rispetto, non andrebbe mai ossequiata.

Quello delle coppie gay e lesbiche a vivere in pienezza e libertà il loro amore è un diritto, non una gentile concessione delle chiese. Di più: nella prospettiva dell'evangelo l'accoglienza senza riserve di questo modo di declinare l'amore dovrebbe apparire come la conseguenza diretta dell'appello che Dio rivolge alla nostra incapacità di ampliare orizzonti e sensibilità, specie nella direzione di quanti vengono ingiustamente ed ingiustificatamente discriminati.

Pertanto, lo ribadisco: quello delle coppie omoaffettive di poter richiedere sulla loro unione la benedizione di Dio nell'ambito di un culto comunitario è un diritto incontestabile. Sono peraltro convinto che l'impegno per il riconoscimento di tale diritto mi chiami in causa in prima persona, perché non sono omosessuale. Una rivendicazione infatti, ha ancor più valore quando esorta a lottare per il diritto di un altro, per la sola ragione che si tratta di una battaglia giusta: che come tale, pertanto, riguarda tutti e ciascuno.

Alessandro Esposito

(www.chiesavaldesetrapani.com)

 

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