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La grande manifestazione degli indignados del 15 ottobre, anche in Italia, e la bella Perugia-Assisi del 25 settembre, dimostrano una vasta volontà, chiaramente nonviolenta, di giustizia sociale e di pace. L'aggressione dei violenti organizzati, con lo scopo di deturpare il significato della positiva indignazione morale e politica – scopo comune sia alla rabbia antipolitica distruttiva e nichilista, sia agli interessi duri e cinici, che chiudono le vie politiche – è stata indebitamente premiata da chi le ha concesso il primato dell'importanza. Giusto l'allarme, non il rovesciamento delle proporzioni.

È giusto sottolineare che i media, forse in maggioranza, hanno evidenziato il carattere pacifico della manifestazione in netto contrasto con i violenti. Commenti come quelli di Fabrizio Rondolino su Il Giornale e di Pietrangelo Buttafuoco su Il Foglio quotidiano del 18 ottobre, riversano puro disprezzo e insulto sui motivi e sullo spirito dell'indignazione. Il secondo dimostra un violento disgusto per la giustizia qualificando di «puzzolentissimo» il nobile nonviolento libretto di Stéphane Hessel, Indignatevi (da noi recensito nel n. 381, di aprile), primo interprete del movimento.

L'informazione meno intelligente sa vedere l'albero che cade ma non sa (o non vuole) udire la foresta che cresce. Anche spettatori non partecipi, non attenti alla proposta, criticano la manifestazione (come è facile lo scetticismo esigente!) perché non sa fermare i violenti, come se i manifestanti avessero il compito democratico della polizia. È da notare che molti di loro hanno collaborato ad individuare i violenti, giustamente, purché non si condanni il violento di strada più dei grandi malfattori in guanti bianchi. Il populismo di governo e quello di opposizione (Di Pietro) hanno subito pensato a leggi eccezionali, invece di cominciare a togliere politicamente le cause che indignano, in tutto il mondo, la coscienza umana della giustizia (lo comprende anche Draghi). Ora, il movimento deve continuare nelle forme nonviolente attive e propositive, in un clima e con premesse sempre meglio in grado di resistere alle contaminazioni, riflettendo sul che fare.

***

Ricompariranno in politica i cattolici organizzati come tali, con l'avallo del cardinale d'Italia? Ma chi sono i cattolici nella società? La sociologia che conta i numeri dice: quel terzo degli italiani che va a messa. Ma perché si va a messa? C'è una religione del sistema e una religione della verità vitale. C'è una religione dell'assicurazione, che non impegna nel servizio alla vita libera e giusta per tutti, popoli e persone, e si accontenta di non fare direttamente il male, pur in un sistema che fa il male, con la fame e la guerra istituzionalizzate, in difesa della nostra tranquillità iniqua e spaventata. Poi c'è una religione della fede in Cristo e nel suo vangelo, e questa affronta il mondo per amore del mondo, non lo accetta così com'è, ne contesta i poteri oppressivi, selettivi, iniqui, cinici e violenti. Questi cattolici, insieme ad altri cristiani di fede, e ad ogni spirito teso nella ricerca del bene, non sono disponibili a fare da supporto all'esistente. Non si lasciano contare in una chiesa gestita come una lobby sociale, che sbandiera valori misti ad interessi, che fino ad oggi ha contrattato appoggi vergognosi ai peggiori d'Italia, e ora vuol salvare capra e cavoli.

I cattolici che hanno fede nel Cristo crocifisso dal Sinedrio e da Pilato, e non intronizzato da Costantino e Teodosio, consapevoli dei propri peccati, difetti ed omissioni, ma non rassegnati, confidano che la storia umana sia chiamata, tra mille travagli, al regno della fraternità. Il loro apporto, che si attende più attivo, deve consistere non solo in voti contabili, ma soprattutto in un ideale umano pratico di solidarietà, giustizia, sobrietà, cooperazione e pace, chiara alternativa alla sfrenata competizione individualistica che oggi sfianca l'umanità. Essi – vogliamo sperare - lavoreranno in politica con chiunque saprà meglio compiere qualche passo concreto e deciso in questa direzione, perciò nella giustizia, nella pace, nella liberazione degli schiavi.

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