Che la crisi del capitalismo abbia a che fare con le banche lo sanno anche i bambini. Ma che cosa hanno a che fare le banca (di credito) con la fede? Racconta Giorgio Agamben che David Flüsser, un grande studioso di scienza delle religioni, un giorno ad Atene, alzando gli occhi, vide scritto a caratteri cubitali davanti a sé Trapeza tes pisteos. Che significa Banca di credito, cioè di fiducia. Pistis (genitivo pisteos), nel Nuovo Testamento è il termine usato per dire la fede. Ne ricava che pistis, fede, «è semplicemente il credito di cui godiamo presso Dio e di cui la parola di Dio gode presso di noi, dal momento che le crediamo» (Se la feroce religione del denaro divora il futuro, «la Repubblica» 16 febbraio).
Aver fede è fare credito, sentire di poter dare fiducia, aprire un futuro. «Ma, – continua Agamben – in quest´epoca troppo vecchia per credere veramente in qualcosa e troppo furba per essere veramente disperata, che ne è del nostro credito, che ne è del nostro futuro? Perché, a ben guardare, c´è ancora una sfera che gira tutta intorno al perno del credito, una sfera in cui è andata a finire tutta la nostra pistis, tutta la nostra fede. Questa sfera è il denaro e la banca – la trapeza tes pisteos – è il suo tempio».
La cosiddetta «crisi» non è che il modo normale in cui funziona il capitalismo: è cominciata con una serie sconsiderata di operazioni su crediti scontati e rivenduti decine di volte prima di poter essere realizzati. Ciò significa che il capitalismo finanziario – e le banche, suo organo principale – funziona giocando sul credito, cioè sulla fede, degli uomini. Per Walter Benjamin il capitalismo è, in verità, una religione, la più feroce e implacabile che sia mai esistita, perché non conosce redenzione né tregua, e va presa alla lettera. La Banca, governando il credito, manipola e gestisce la fede che il nostro tempo ha ancora in se stesso. E lo fa nel modo più irresponsabile e privo di scrupoli, lucrando denaro dalla fiducia e dalle speranze degli esseri umani, stabilendo il credito di cui ciascuno può godere e il prezzo che deve pagare per esso. In questo modo governa non solo il mondo, ma anche il futuro degli uomini, un futuro sempre più corto. Oggi la politica non è più possibile, perché il potere finanziario ha di fatto sequestrato tutta la fede e tutto il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. Fin qui Agamben.
Ma la fiducia è diversa dalla fede, gli replica con questo titolo due giorni dopo sullo stesso quotidiano Mario Perniola: «Agamben confonde la fiducia con la fede. (…) La fiducia è connessa al verbo peítho, che nella forma passiva e media vuol dire "fidarsi di una persona o di una cosa"; la fede, che è credenza dogmatica, corrisponde al verbo pisteúo, da cui appunto pístis. La fiducia significa sicurezza e calma: non si tratta di convincere o imporre agli altri il proprio punto di vista o addirittura la condivisione di qualche "valore". (…) Una cosa completamente diversa è la pístis che è legata al proselitismo e quindi sollecita un´esplicita adesione a una determinata dottrina o religione. Perciò la nozione di fede urta la sensibilità di chi è allergico ai dogmi e alle prediche: essa implica un´intimazione a credere alcunché e a comportarsi in un certo modo. Essa apre la strada all´intolleranza o perlomeno a un sentire esaltato di cui non abbiamo per niente bisogno nel campo etico-politico; lasciamolo alla letteratura e alle arti».
Perniola «cosifica» la fede in dogma (insegnamento fisso, immodificabile), imposizione, proselitismo, intolleranza. In buona parte questa idea è colpa delle chiese-istituzione, troppo forti di sé. Ma anche di un razionalismo scisso dalla relazione umana. La gente che aveva fede in Gesù, pur vinto e ucciso, sottometteva la ragione a un marmoreo dogma? O aderiva a una persona per fiducia vitale, come un amico all'amico, un bimbo alla mamma? Nella realtà è così, anche oggi, riguardo alla fede religiosa. Ciò che è duro dogma, invece, imposto e intollerante a alternative, è che l'essere umano è e deve essere soggetto al dominio del denaro, per destino assoluto.
□ |