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politica
Una quarantina di attenti e attivi partecipanti hanno lavorato quattro ore ascoltando e discutendo una relazione di Nanni Salio, e poi elaborando, in sette gruppi di lavoro, ipotesi di iniziative operative. Qui raccolgo qualche idea di maggiore importanza, emersa dai lavori. Si possono chiedere testi e indicazioni a info@serenoregis.org e cercare in www.serenoregis.org Limiti della crescita La crisi in corso appare non settoriale e transitoria, ma generale ed epocale. La corsa del progresso mitizzato ha battuto nel muro del limite. Si potrà forse rimediare qualcosa, ma il nostro modo di vivere non potrà più essere lo stesso, e così le relazioni mondiali. È molto probabile che si tratti non di crisi ma di crollo del sistema. Il Club di Roma (composto da scienziati ed esponenti del mondo produttivo) prevedeva 40 anni fa, nel volume I limiti dello sviluppo (in realtà: della crescita), Mondadori, quattro fattori di crisi che avrebbero portato il sistema al collasso entro un cinquantennio: crisi energetica-ecologica; crisi alimentare; crisi economico-finanziaria; crisi sociale-esistenziale-etico-culturale. Il rapporto teneva conto di quattro grandezze: popolazione; capitale industriale; inquinamento; terra coltivata. C'è chi vi vede la presenza dell'ideologia malthusiana (riduzione della popolazione mondiale), la quale è molto discutibile, perché restringe attivamente – con quali metodi e imposizioni? – l'umanità alle élites economiche, riducendo il pluralismo culturale-civile e le varietà individuali che sono una ricchezza del genere umano. Quattro tesi La relazione Salio ha proposto quattro tesi (che riferisco in una sintesi mia): 1) La crescita economica (aumento del Pil) non è possibile senza la crescita energetica, ma questa è ormai impossibile per ragioni eco-fisiche (v. anche l'articolo In crisi d'energia, dalla rivista Nature, in Internazionale, 10 febbraio 2012, pp. 14-17). Non c'è sufficiente consapevolezza del fatto che la crescita economica non è possibile (altra cosa sarebbe la distribuzione interna e mondiale). Il dogma della crescita economica infinita, come cura della crisi, è diffuso, è la ricetta dei governi, ma è ormai evidentemente infondato. 2) L'economia finanziaria, che crea denaro da denaro senza passare dalle merci (D1-M-D2), è illusoria. Ma ha un potere incontrollato che sovrasta la politica. C'è il problema di come affrontarlo. Intanto cresce la diseguaglianza, specie nei paesi ricchi. L'indice di Gini va da 0 (massima distribuzione) a 1 (concentrazione in uno solo). In Italia il 10% delle famiglie possiede il 50% della ricchezza. La disparità di reddito è 0, 35 scala Gini; la disparità di ricchezza è 0,6. Nei paesi scandinavi è 0,20. R. Wilkinson e K. Pickett, in La misura dell'anima (Feltrinelli 2009) mostrano come le diseguaglianze rendono tutti più infelici, anche i ricchi. Il sistema finanziario non è governabile: è troppo complesso, funziona con meccanismi elettronici automatici istantanei che sfuggono a ogni controllo. Risulta, oltre la criminalità finanziaria, una guerra dell'impero Usa alla Ue. 3) La crisi attuale è crisi di conoscenza e crisi etico-esistenziale. Ne deriva ingovernabilità. Decidiamo senza sapere. Il neo-ultra-capitalismo produce individualismo esasperato, avidità, invidia, crisi di valori sociali, fino a creare soggetti “psicopatici” tra i leader di questa economia, privi di empatia; fino a diffondere, nella gente comune, disorientamento, depressione, crisi spirituale, oltre a paura o rassegnazione fatalistica, ma anche possibili ribellioni dall'esito imprevedibile. 4) Come affrontare la crisi? In questo conflitto si tratta di agire coi mezzi della nonviolenza, cercando di cambiare la mentalità dei decisori (non è impossibile: vedi per es. i casi dell'apartheid in Sudafrica, della segregazione razziale in Usa); anzitutto accrescendo nell'opinione pubblica la consapevolezza dei problemi e la conoscenza dei dati. Modelli alternativi Esistono modelli alternativi al sistema vigente: le “sette parole” dell'economia nonviolenta gandhiana (vedi Salio, Elementi di economia nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento; vedi il cap. 9 di L'antibarbarie, di Giuliano Pontara, Ediz. Gruppo Abele): 1) self-reliance: autosufficienza, sviluppo autocentrato, indipendenza da grandi sistemi, risorse locali per i bisogni fondamentali, tendenza al km zero. 2) lavoro per il pane: attività personale per vivere, strumento di autorealizzazione e di servizio agli altri. Così il lavoro non è più considerato disutilità per il padrone e fastidio per l'operaio! 3) non-possesso, non-attaccamento: libertà da avidità e invidia. 4) amministrazione fiduciaria: alternativa alla proprietà sia privata sia statale dei mezzi di produzione; è una forma simile all'autogestione e alla mutua cooperazione; vi si giunge attraverso la rinuncia volontaria, che non è ingenua utopia, ma è mirabile esperienza di redistribuzione nonviolenta, avviata da Vinoba Bhave col programma di “dono della terra” e “dono del villaggio”, disseminato in varie aree dell'India, specie nel Tamil Nadu. Dove si incontrano resistenza e forti opposizioni, ci si addestra al satyagraha, la lotta nonviolenta. 5) non-sfruttamento: la produzione massimizza il soddisfacimento dei bisogni umani; si rifiutano le tecnologie che economizzano il lavoro manuale e creano disoccupati, concentrando la ricchezza; si drnuncia rigorosamente la moltiplicazione dei bisogni. Lo sfruttamento è una violenza che impedisce l'autorealizzazione delle persone. Gandhi: «La terra produce abbastanza per soddisfare i bisogni di ciascuno, non l'avidità di tutti». 6) eguaglianza: distribuzione dei prodotti del lavoro; rifiuto di prendere quello che non tutti possono avere; questa prospettiva è sviluppata nella economia della permanenza di Kumarappa. 7) satyagraha: lotta con la “forza della verità” da parte di una minoranza rivoluzionaria nonviolenta, con alta coscienza politica, comportamento esemplare, addestramento alle regole pratiche del satyagraha. Cinque principali strumenti per realizzare una società sostenibile: 1) immaginazione, creatività; 2) reti sociali, movimenti dal basso, collegati tra loro; 3) onestà intellettuale, consapevolezza della complessità e dell'ignoranza, farsi le obiezioni da soli (“avvocato del diavolo”); 4) apprendimento, educazione alla relazione empatica; 5) amore, compassione, nonviolenza. «La compassione è la nostra nuova moneta», dice Rebecca Solnit, nel movimento Occupy (http://www.nationofchange.org/compassion-our-new-currency-1324650581) . Lavori di gruppo Attraverso i lavori di gruppo sono emerse queste primarie linee operative: 1) educazione; 2) consapevolezza e conoscenza; 3) Banca Etica per una gestione giusta del denaro In uno dei gruppi di lavoro ho annotato queste esigenze: - formare la consapevolezza: la crisi non è né una malattia temporanea, né un naufragio a cui sia possibile scampare individualmente col “si salvi chi può” - collegare tra loro i diversi problemi locali (per es. ambientali) - formazione etica: ogni analisi critica, ogni impegno critico e autocritico, sono mossi dal senso di un bene superiore al semplice fatto, dalla ricerca di qualcosa di più giusto (cfr. il libro di Hans Küng, Onestà. Perché l'economia ha bisogno di un'etica, Rizzoli). - critica della pubblicità: è per lo più una violenza sulle menti, aggira la vigilanza critica, corrompe inducendo falsi bisogni a scopo di sfruttamento, dirotta l'economia, crea e sfrutta dipendenza, perpetua il presente rovinoso modello di consumi - i partiti politici, anche di sinistra, non interpretano i movimenti critici, i quali restano senza rappresentanza politica nelle istituzioni - molte persone sono paralizzate da un senso di impotenza davanti alla crisi; hanno bisogno di collegarsi in gruppi e movimenti attivi - occorre uscire dalla prigione mentale che predica «Non si può tornare indietro», in nome del mito del progresso materiale inarrestabile, il quale invece oggi è davanti all'abisso. La coscienza critica, che si esercita con la ri-flessione (un modo di vedere noi e la nostra situazione dal di fuori), può liberare da tale prigione. Enrico Peyretti
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