Analizzando le ultime elezioni amministrative, può stupire la resurrezione del Pd, dato per spacciato dopo le politiche che ha vinto perdendole e quel che n’è seguito, e il rapido sgonfiarsi del fenomeno M5S, ma a ben vedere le due votazioni seguono una stessa logica.
Le amministrative hanno mostrato la forza reale del Pdl, partito che ha deluso profondamente i suoi elettori nei programmi e nei suoi uomini, nascosta nelle politiche dallo spregiudicato uso del voto di scambio da parte di Berlusconi attraverso la promessa di riduzione delle imposte, suo cavallo di battaglia. Constatato nei sondaggi che l’abolizione dell’Imu non faceva recuperare voti a sufficienza, si è spinto fino ad offrire la restituzione di quella versata, un pacchetto che prometteva a ogni possessore di casa (il 70% delle famiglie) il recupero di qualche centinaio di euro. Non male per i bilanci traballanti di molti elettori! I sindaci non possono fare promesse mirabolanti e i delusi del Pdl con quelli del M5S sono spariti nell’astensione. Lo zoccolo duro del Pd (eroico, date le condizioni del partito, come ha acutamente riconosciuto Epifani), pur perdendo molti voti, ha prevalso.
Quel che è successo, però, non sposta di una virgola la situazione italiana e del governo Letta. La crisi attuale è il risultato delle scelte dei governi che si sono succeduti negli ultimi 40 anni, della crisi finanziaria mondiale e della redistribuzione del lavoro e della ricchezza in atto a livello globale. Letta ha formato un governo di necessità, forzato, per non andare subito a nuove e, probabilmente, inutili elezioni politiche.
Cosa può fare Letta? L’impressione di questi primi due mesi è che voglia prendere tempo in attesa che si decanti la situazione politica interna (i tre raggruppamenti che si sono affrontati nelle politiche sono in piena evoluzione), e soprattutto delle decisioni dell’Europa. Perché le chiavi per arrestare la caduta dell’economia italiana sono in mani europee. L’Italia non può più fare la minima manovra economica, perché comporterebbe un aumento del suo già eccessivo debito pubblico, anzi è costretta a ridurre la spesa pubblica con effetto recessivo. Per le stesse ragioni non ha nessuna possibilità di ridurre questo debito (è già difficile non farlo aumentare) né il rapporto tra debito e Pil perché, stante la crisi, la produzione nazionale continua a ridursi. Restando nell’Unione Europea abbiamo una sola possibilità: che quest’ultima si faccia carico del nostro debito (o almeno di una sua parte). Ma questo purtroppo non dipende da noi italiani.
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