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 403 - LA PROBABILITÀ DEI MONDI / 4: LEGGE NATURALE INUTILIZZABILE AI FINI MORALI

 

Il Dio vivente ha voluto la vita, non quelle vite

Con «leggi di natura» intendiamo quelle della scienza in generale, inglobando anche le leggi probabilistiche che abbiamo imparato ad apprezzare, in particolare nella genetica delle popolazioni e nella ricombinazione degli alleli (come nei piselli dell’abate Mendel). Invece con la dizione di «legge naturale» facciamo riferimento a quella presunta che, partendo dalle strutture biologiche, intende trasferirle immediatamente in campo morale, come nell’enciclica Humanae vitae di Paolo VI per condannare la contraccezione artificiale, o come si fa oggi per deplorare l’omosessualità e negare ai transessuali il riconoscimento giuridico del loro «cambiamento di sesso». Il Dio vivente (che vive!) ha voluto la vita; ma non necessariamente e non esattamente quelle precise tipologie organiche così come si sono evolute, con certe loro strutture che portano a determinati comportamenti. Nella natura animale c’è di tutto: etero, omosessualità, ermafroditismo, riproduzione asessuata, partenogenesi, ecc.

 

Cieli antichi e campi moderni

Chiariamo subito quanto sia labile il concetto di «natura» con l’esempio del moto. Guardando allo stato naturale di un corpo per quanto concerne il suo movimento, nell’antichità a livello astronomico trans-lunare era il moto circolare perfetto a essere presupposto (non aveva bisogno di essere spiegato appunto perché «naturale», scontato). Nel mondo sub-lunare invece avevamo corpi di quattro essenze diverse, con ognuno il proprio moto specifico a seconda della sua natura terrea, liquida, ignea o volatile. Per questo in Aristotele i corpi tendono a ritornare nel loro luogo naturale: i solidi verso il centro della Terra (per questo cadono!), i liquidi verso l’oceano che circonda di lato l’ecumene (per questo scorrono in orizzontale), l’aria, il fumo e il fuoco verso l’alto, perché la loro sede naturale è nei cieli o nell’empireo (dal greco pur, fuoco, da cui poi il latino purus), l’ardente 8° cielo in Aristotele, il 9° per Tolomeo, il 10° in Dante, sede di Dio e dei beati (dei puri), splendente di «luce intellettual piena d’amore». Gli altri moti «innaturali» dovevano essere causati dalla «violenza» di un impetus che, come nel caso del lancio di un sasso o di una freccia, li obbligava, anche se per un tempo limitato sino all’esaurimento della vis impressa, a muoversi «contro natura».

Poi con Newton, all’inverso, è il moto rettilineo-inerziale quello presupposto (da non spiegare, assiomatico e naturale); qualsiasi deviazione dal moto rettilineo uniforme, col crollo della distinzione fra corpi celesti perfettamente immutabili e quelli terrestri corruttibili, doveva essere spiegata facendo ricorso a forze agenti. Per Einstein alla fine c’è un unico moto libero e naturale, regolato dalla curvatura più o meno accentuata dello spazio-tempo. Tutti i moti di tutti i corpi sono «naturali», in corsa libera (dritta o meno dritta) poiché senza forze che spingono o attraggono; tale corsa è gestita da un campo spazio-temporale invisibile, molto indigesto per il senso comune.

Cos’è qui natura? Un campo che non si vede ed esiste in maniera molto diversa dai tavoli e dalle sedie? La legge naturale morale è forse equiparabile al freddo e meccanico campo magnetico terrestre, invisibile e impersonale, che ci protegge dal bombardamento delle dannose particelle cariche provenienti dal cosmo, permettendo solo le meravigliose aurore boreali? Fuor di metafora: una legge “naturale” che, in maniera spietata senza considerare le situazioni delle persone, permette solo la splendida aurora dell’eterosessualità all’interno di un unico matrimonio, bloccando e bollando tutto il resto come nocivo e corrotto? Chi osserva tale legge è salvo, altrimenti dannato o comunque escluso dall’eucarestia? Ma Gesù, se non mi è sfuggito qualcosa, a eccezione delle filippiche contro gli scribi-farisei, non condanna e non esclude mai un «peccatore» presente davanti a lui in carne e ossa.

 

Esorcismi e viaggi a Lourdes

La natura biologica non può quindi essere usata né pro né contro certe scelte in campo etico o sessuale. Non esiste una legge naturale come intesa dalla vecchia morale cattolica, alla quale attingere per fondare principi morali, nemmeno per il «non uccidere», data la tremenda predazione esistente sulla terra da circa mezzo miliardo di anni (dal Cambiano in poi, con la comparsa della vista e l’avvento dei carnivori). Guardando alla natura esistente coi suoi meccanismi, non voluta da Dio così come si è di fatto probabilisticamente strutturata, non si può dedurre alcunché né in chiave laica né in chiave religiosa. Essa non è immediatamente riconducibile alla volontà di Dio; il Dio vivente è il Signore e donatore di vita in senso lato, non l’ideatore degli organismi specifici.

Siamo stati sì desiderati e voluti, ma non necessariamente così come esattamente e concretamente siamo; l’evoluzione poteva intraprendere altre strade, nel qual caso saremmo stati pur sempre umani ma diversi da quello a cui siamo pervenuti. Potevamo venire dalla linea dei delfini, o dei pinguini (quindi lontano dall’attività predatoria dei grandi carnivori terrestri), o dei dinosauri medesimi se non si fossero estinti. La sterminata moltitudine delle specie (uomo compreso) non sono quindi il frutto di un «stampo» divino ideato e preordinato sin dall’inizio (nel qual caso Dio avrebbe dovuto pensare a miliardi di stampi diversi): la natura biologica, come esiste nelle sue peculiarità in seguito a un’evoluzione contingente, non è il risultato di una preveggente decisione divina.

In tal caso infatti, se Dio avesse fatto direttamente il mondo come prodotto finito e sovrintendesse al tutto, le malattie sarebbero un grave guasto incompatibile con la sua intelligenza amorosa, e col loro carico di dolore accuserebbero senza scampo l’Onnipotente e il Pantocrator; e se anche la sua azione si fosse limitata a pilotare dall’alto l’evoluzione, avrebbe dovuto eliminare comunque quelle genetiche. Il male naturale perciò non contesta tanto Dio e la sua esistenza, bensì il creazionismo (anche quello addolcito dell’Intelligent Design), e più in generale il Dio invasivo e pervasivo della storia e della natura, il Dio provvidenzialista e interventista. Dio sperò vivamente nell’alba dell’uomo in almeno uno dei trilioni di pianeti, ma con una probabilità che rasentava il 100% (questa la nostra valutazione, che motiveremo nei prossimi articoli). Se Dio intervenisse materialmente nel mondo, avrebbe potuto causare in altro modo l’isolamento geografico che conduce a nuove specie, e non lasciandolo ai terremoti o alle catastrofi; come pure avrebbe potuto pilotare la diversificazione genetica per l’evoluzione delle specie in modo da evitare le mutazioni patogene che portano alle malattie e alle epidemie.

Il recente presunto esorcismo del Papa in Piazza S. Pietro, sbandierato dai giornali il 21 maggio scorso, presuppone il cosiddetto «dualismo mitigato»: ossia c’è un secondo potere che si contrappone a Dio, ma non alla pari come nel manicheismo e altri sistemi antichi in cui il principio del male ha la stessa potenza del Dio buono, bensì al di sotto di Lui, vuoi quello del Demonio, vuoi quello di un’impersonale malattia. La precisazione di padre Lombardi (l’addetto-stampa) che papa Francesco avrebbe semplicemente imposto le mani invocando la guarigione del bambino non cambia di una virgola il problema della teodicea: se secondo il dualismo mitigato, per definizione, Dio alla fine comunque vincerà (il Demonio nella forma mitica, o il male naturale in una forma secolarizzata-laica), perché non esercita questo suo potere sin da ora, senza bisogno di «strapparglielo» con esorcismi o andando a Lourdes? Anzi perché non impedisce a monte che due 007 (Demonio o malattia) abbiano una temporanea licenza di uccidere tormentando e massacrando le persone da Lui amate? La risposta classica sostiene che Dio lo permette per rispetto del libero arbitrio: se Dio sanasse gli infermi a loro insaputa può essere, ma dato che in genere il malato glielo chiede, se Dio lo guarisse non ci sarebbe alcuna violazione del libero arbitrio. Darwin e l’evoluzionismo salvano la fede, anziché demolirla.

 

Rivelazione e omosessualità

Abbiamo visto come la natura biologica non possa fornire alcuna indicazione in campo etico soprattutto sulle questioni sessuali. E dato che Dio non ha deciso gli stati naturali, a sua volta la rivelazione può dire la sua sul creato, su ciò che è riuscito molto bene (ad es. l’eterosessualità umana), o non proprio al bacio, o meno bene sino a suscitare perplessità (come la predazione in natura). Ad es. quando Eva viene presentata ad Adamo (dopo che nessun animale poteva essere un aiuto adeguato per l’uomo solo), il giubilo adamitico testimonia che nell’eterosessualità «qui ci siamo proprio…», che l’incontro d’amore uomo-donna è una cosa mirabilmente riuscita, altamente apprezzabile sino a diventare sacramento-simbolo dell’amore di Dio.

Ma nemmeno la rivelazione può essere usata in senso lineare, senza giudizio storico e critico. Il fatto che ci siano un paio di passi (ad es. Levitico 18,22 e 20,13) che definiscono l’omosessualità un abominio da punire con la morte, non va presa alla lettera; anche dei figli ribelli o disobbedienti si dice altrettanto (Deuteronomio 21,18-21), e noi non la pensiamo più allo stesso modo, e men che meno ci vien voglia di lapidarli a morte. Se nessuno è buono tranne l’unico Dio, quindi neppure Gesù (Mc 10,18), come si può pensare a una natura biologica talmente buona da imporre degli imperativi categorici?

Mentre la Parola di Dio ci fa altamente apprezzare l’eterosessualità umana, possiamo dire che la rivelazione non ha più nulla da dirci circa lo specifico dell’omosessualità. Dalla Bibbia e soprattutto dalla teologia dobbiamo prendere alcuni principi etici di più vasta portata come il rispetto per la persona, la dignità dell’altro, la nonviolenza, ecc., e applicarli anche alle omo-relazioni. Il giudizio, il discernimento (e l’eventuale legislazione) è interamente affidato alla nostra responsabilità, intelligenza, cultura, umanesimo, illuminismo. Non si può usare il Pentateuco come cava di pietra per estrapolare giudizi fondamentalisti e autoritari.

La particolare attenzione ai tratti innovativi (anti-stereotipi) comporta la critica dissolutiva di concetti soprattutto veterotestamentari, in particolare della violenza di Dio come esplicitata ad es. nel terrificante passo di Deuteronomio 20,16-17 («nelle città di questi popoli … non ci lascerai anima viva; sterminerai gli Hittiti, Amorrei, Cananei, Gebusei…»). La Bibbia va debitamente interpretata nel suo insieme col metodo storico-critico, e «ripulita» di certe sue concezioni ataviche e paternalistiche (lo stereotipo di allora). La rivelazione non è negli stereotipi dogmatici eterni, ma nelle riletture innovative e creative che spingono in avanti.

 

Mauro Pedrazzoli

 

Questo articolo, unitamente al suo precedente La terra produca esseri viventi nel 402, costituisce un’unità che troverà, a partire da luglio 2013, la sua forma compiuta nella versione lunga on-line in www.ilfoglio.info col titolo «Dio e la Terra», e con sei tabelle illustrative alla fine.

 

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