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teologia
A mio parere la fede teologica non è l'unica ad aver diritto di parola, bensì è (solo) il terzo livello di tre stadi di pari valore. Il secondo livello è costituito dalla filosofia sull'asse Spinoza-Bergson-Deleuze, ed il primo è determinato dalla fisica: ossia la concezione spazio-temporale di Einstein che sarà l'interlocutore, assieme a Kurt Gödel, di questo dialogo «impossibile» ovviamente da me (ri)costruito, che però sarebbe anche potuto avvenire data la loro quotidiana frequentazione all'università di Princeton (New Jersey). Questo primo punto-livello, qui analizzato, prescinde da un Dio personale e dalla fede religiosa, poiché basato su stretti ragionamenti di filosofia della fisica: è il Dio spinoziano del più grande fisico filosofeggiante del '900. Albert Einstein: secondo la mia teoria della relatività esistono tantissimi (praticamente infiniti) presenti nell'universo sfalsati e disallineati fra loro. Immaginiamo degli alieni su un pianeta che chiamiamo Kepler a 10 miliardi di anni-luce da noi; se tale pianeta, abitato appunto dai kepleriani, si allontanasse da noi (assieme al suo Sole ed alla sua galassia) ad una determinata velocità, il suo presente, la sua ora intersecherebbe i nostri anni 2000, o 1900, o 1800 a seconda della velocità di recessione della galassia. Kurt Gödel: è uno dei tuoi illuminanti esperimenti mentali; parecchi colleghi non li hanno graditi, dimenticandosi che ce ne sono stati molti nel corso della storia, a partire dal mito della caverna di Platone. E.: I kepleriani sarebbero quindi simultanei, contemporanei coi viventi del 2000 (o 1900, 1800 ecc.), ossia coi nostri cari defunti: coniugi, genitori, nonni, bisnonni. Tali alieni, pur non sapendo nulla della Terra e dei suoi abitanti, coesistono (questo è il punto nodale) coi viventi terrestri di quegli anni. G.: D'accordo il tempo, lo spazio e l'adesso sono relativi, ma il concetto di «esistenza» non può essere relativizzato pena la sua dissoluzione: ossia se una cosa-evento-persona esiste per uno, deve esistere anche per l'altro. Quindi, se i viventi di quegli anni (in particolare i nostri cari) esistono per i kepleriani, devono esistere pure per noi: sono là nella loro fetta di spazio-tempo, anche se non sono più simultanei con noi perché rientrano nel nostro passato; ma sono nel presente dei kepleriani, e quindi co-esistono con loro. Ricordiamo che l’esistenza di un evento coincide col suo accadere. Là immersi (soprav)vivono; per dirla con Heidegger, i morti sono (in) ciò che erano, immedesimati nel loro essenteci-stato. E.: Ma dato che lo spazio e il tempo sono «elastici», sino a contrarsi all'infinito come a velocità-luce, potrebbe darsi che da quella regione spazio-temporale quasi «ci raggiungano» dati gli infiniti presenti dell'universo; potrebbero forse effettuare un aggancio di simultaneità con noi, come una presenza immanente (non trascendente dall'alto del cielo). G.: Sarebbe intrecciata con noi come lo stato entangled in Meccanica Quantistica (d'ora in poi MQ), in cui due particelle gemelle, quando se ne osserva e misura anche una sola a noi contigua, si «sentono» e interagiscono istantaneamente assumendo le stesse proprietà, pur con la seconda situata per ipotesi al capo opposto della nostra galassia! È la cosiddetta non-località quantistica (come se lo spazio che divide e allontana non esistesse), quell'istantanea e inquietante azione a distanza che tu non hai mai digerito; ma gli esperimenti di Bell, Wheeler e Aspect la confermano: è questo il più grande errore della tua vita. Così è se vi pare E.: Va bene; obtorto collo la mando giù: ma allora, se è così, non si tratta solo del fatto che le distanze siano azzerate, bensì viene violato il principio di «realismo», ossia la realtà definita non preesiste alla sua osservazione (come invece al contrario l'umanità ha pensato per 2000 secoli). Analogamente non è tanto l'osservazione ma la memoria [essa non riduce i nostri cari a un semplice ricordo puramente mentale] che ce li rende compresenti intorno a noi, che li fa essere al nostro fianco, in contemporanea ad anello con almeno due presenti disallineati: quello dell’arco temporale della loro esistenza storica e pure il nostro attuale. G.: Ed io aggiungo: come nella teoria dei quanti, il nostro punto di vista non ci dice solo come vediamo le cose, ma come esse sono o diventano, o ancor meglio come noi le «facciamo diventare» in quanto osservatori-operatori autoaggiunti. Detto in altro modo, mente e realtà, coscienza e cosmo, sono due modi di vedere qualcosa di più fondamentale; la realtà si basa su relazioni e non su sostanze. La vittima principale della MQ risulta così essere il concetto classico di sostanza, quale sussistenza autosufficiente e indipendente dal resto, che attende in santa pace di essere osservata. La MQ infatti lega in modo indissolubile il fatto di esistere con il fatto di «essere-in-relazione-con»; certo la MQ rompe le scatole alla realtà, ma sei stato tu, caro Albert, a cominciare per primo: nella tua relatività è il punto di vista dell'osservatore inerziale (nel suo sistema di riferimento) a decidere non solo le durate dei tempi ma anche le distanze spaziali! E.: Noto con piacere che ti trovi a tuo agio con i quanti, e pure ti muovi molto bene nei meandri delle mia teoria. G.: Perché tu me l’hai spiegata molto bene, e alla fine mi sono convinto che… l'avevi capita. A parte gli scherzi, costituisce una delle grandi conquiste, forse la più grande, nella storia del pensiero umano. Speriamo che regga per il futuro: se la tua teoria rimarrà valida, la Germania dirà che sei un tedesco, la Francia un cittadino del mondo e l'Inghilterra che sei un ebreo svizzero. Se invece dovesse essere confutata, la Francia e l'Inghilterra diranno che sei uno scienziato tedesco, e la Germania che sei un ebreo. E.: Tutti mi amano (e mi glorificano), nessuno mi capisce. Una volta ho detto alla mia segretaria di presentare la relatività ai giornalisti nel modo seguente: un'ora seduto su una panca in un parco insieme a una bella ragazza passa come se fosse un minuto, mentre un minuto seduto su una stufa bollente sembra un'ora. Oggi aggiungerei: il GPS satellitare, che voi tutti giornalisti avete, deve tener conto delle sfasature temporali ricavate di brutto dalle mie equazioni di entrambe le teorie (ristretta e generale; altrimenti l'apparecchio segnala la vostra posizione a Torino, mentre invece... siete a Parigi), che comunque fanno ridere rispetto al «trauma» dei presenti sfalsati. G.: Il problema è che non solo i giornalisti ma anche i fisici sperimentali capiscono poco di questioni logico-filosofiche, e i filosofi quasi nulla di fisica. La filosofia è troppo importante per lasciarla ai filosofi accademici; tanto più che, come disse nel 1911 il celebre teologo (sic) e storico del cristianesimo Adolf von Harnack, i filosofi oggi stanno in un'altra facoltà, e si chiamano Planck e Einstein [Adolf oggi si chiederebbe come pensare, nell'ambito degli infiniti presenti del cosmo, la pre-esistenza e la post-esistenza del Gesù storico, aprendo vie assolutamente inedite per la Trinità e la Resurrezione: la fisica potrebbe rivoluzionare la teologia]. E.: La MQ è degna di rispetto, anche se la vulgata dice che io la combatta aspramente pur avendo contribuito alla sua nascita con la quantizzazione dell'energia nel cosiddetto effetto fotoelettrico (per questo ho preso il Nobel, non per le ben due teorie della relatività). Tuttavia credo altresì che la restrizione a leggi di carattere statistico-probabilistico si rivelerà transitoria; una voce interiore mi dice che non è la chiave del mistero. La teoria dà grandi frutti, ma non ci avvicina ai segreti del Grande Vecchio, che comunque non gioca a dadi. G.: Com'è difficile riuscire a dare un'occhiata alle carte del (tuo) Dio immanente! Comunque la fisica è meno difficile della politica, anche se bisogna spartire il proprio tempo tra l'impegno civile e le equazioni: è più facile cambiare la natura del plutonio che quella della malvagità umana. Il Signore è malizioso? E.: Raffinato è il Signore Dio, ma non malizioso (Raffiniert ist der Herr Gott, aber boshatf Er nicht): ossia la natura nasconde i propri segreti perché è sublime, non perché imbroglia barando. G.: Ma nel periodo americano mi pare che tu ti sia ricreduto. E.: In effetti ci ho ripensato. Forse il Signore è malizioso: ossia il Dio-natura (alla Spinoza) può giocare scherzi facendoci credere di aver capito qualcosa che in realtà ci sfugge ancora. G.: Parli così spesso di Dio che mi è venuto il sospetto che tu sia un teologo clandestino; smettila comunque di dire a Dio che cosa debba fare... A parte le battute, ho trovato una particolare soluzione delle tue equazioni per un universo rotante, in cui sono possibili anelli di tempo chiuso, al cui interno quindi potrebbero avvenire viaggi nel tempo. Sì, lo so che di fatto il nostro universo è in espansione e non è ruotante; ma la logica mi dice che se lo fosse, sarebbe compatibile con agganci fra tempi diversi: quindi essi sono logicamente e fisicamente possibili, seppur per ora non praticabili empiricamente. Ma la possibilità logico-fisica potrebbe valere a livello psichico-spirituale. E.: Forse possiamo agganciare i defunti con la nostra memoria affettiva nella loro fetta di spazio-tempo. O forse meglio sono loro che ci raggiungono e ci avvolgono, per dirla con Wolfgang Pauli, come un infrarosso od ultravioletto psichico, che i nostri occhi non vedono ma i nostri strumenti normalmente rilevano; fuor di metafora possiamo «sentirli», anche se in modo intermittente. G.: Come non vediamo e non sentiamo le velocità cosmiche (di rotazione), eppure ci sono e determinano le durate dei tempi della nostra vita: giriamo intorno intorno al Sole a 30 km/s (100.000 km all'ora), il quale sfreccia nella galassia a circa 230 km/s (828.000 km all'ora). Nei sei mesi all'anno in cui si sommano, sfioriamo senza accorgercene il milione di km all'ora (niente male! Per di più si invecchia un po' di meno rispetto agli altri sei mesi, come a livello del mare rispetto ai 3500 metri del Plateau Rosa). E.: Per noi fisici credenti, la distinzione tra passato, presente e futuro non è che un'illusione cocciuta e persistente. Ogni ricordo prende i colori dall'oggi, e quindi da una prospettiva ingannevole. Quest'ultima frase di Albert mi è stata di aiuto: la bellezza e il valore dei 21 anni passati con Daniela non devono essere «insabbiati», guastati o rovinati dal dolore straziante degli ultimi sei mesi. Mauro Pedrazzoli
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