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etica
437 - Kant: «cielo stellato sopra di me e coscienza morale dentro di me» |
Che cosa è questa voce
«Due cose riempiono l’animo mio di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente, fuori dal mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza»
(Immanuel Kant, Critica della ragion pratica, Conclusione) |
La meraviglia del cielo stellato ricolma l’animo, questo spazio interno che ci supera, che sempre soffre di un vuoto, di una sete, e in nulla trova sazietà. In realtà, neppure il cielo gli basta: insieme all’infinito silenzio e luci di stelle, ricolma l’animo la legge morale dentro di noi.
Che cosa è questa voce senza parole, che ci ammonisce, ci sprona, ci inquieta, ci arresta davanti al nostro male e ci indigna davanti al male altrui, proibendoci di rassegnarci; questa voce che ci sollecita, davanti ai beni realizzati, a proseguire con gioia e con pari bisogno di altri beni più grandi; questa voce che accomuna me a ogni altra persona umana, come la caratteristica più essenziale della nostra specie, eppure è mia peculiare irrinunciabile caratteristica, più del mio stesso corpo, al quale sento di dover eventualmente rinunciare piuttosto che ad essa?
Che cosa è questa voce? Chi mi parla? Infatti, essa è mia e non è mia. È me e non è me. Perché senza di essa sarei oggetto e non soggetto, non persona, ma di essa non sono proprietario che la dirige, non ho il diritto di tacitarla, ma sono allievo che la ascolta e non può non obbedirle senza disobbedire a sé stesso; e quando le obbedisce non è affatto servo e sottomesso, ma libero della massima libertà, reale come il respiro dello spirito. È organo mio, più centrale del corpo e del cervello, e nello stesso tempo è ospite in me, voce che parla dentro come venendo da fuori, da altri, ma intimo a me più di me stesso.
Che cosa è questa voce? Questa luce che illumina ogni uomo? Non l’uomo è luce, ma una luce lo illumina. Questa luce-voce che brilla e risuona nel silenzio, che non ha corpo, ma è vita e spina dorsale e orizzonte di ogni carne umana vivente, e che quasi sembra dare qualche lampo in alcuni animali più evoluti, quelli con cui possiamo sviluppare amicizia, che cosa è? chi è?
I nostri padri, in tutti i tempi e in tutte le lingue della storia umana, le hanno dato un nome, anzi cento nomi, e il centesimo, l’ultimo pieno nome, è rimasto a loro e a noi inconoscibile, indicibile, silenzioso come le alte stelle e la profonda voce, ma indimenticabile.
Enrico Peyretti
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