Dobbiamo chiudere una prima riflessione sull'elezione presidenziale francese, senza poter aspettare il risultato del ballottaggio, che tutti danno prevedibile. Nel primo turno Emmanuel Macron, che rappresenta il centrismo, ha superato Marine Le Pen, alfiere della demagogia nazionalista, quella che serpeggia in popoli europei contro altri popoli umani e vuole indurire i confini. L'effetto dei ripetuti attentati jihadisti che hanno colpito la Francia ha spinto i francesi a votare, ma non li ha spinti nelle braccia della candidata nazionalista e islamofoba, che diceva: «Je suis la candidate du peuple». Tuttavia la Le Pen ha fatto il record dei propri voti, e il gemello italiano Salvini esulta. Riteniamo che la coscienza europea debba vigilare sul veleno della de-politicizzazione: “polis” vuol dire “molti insieme”, sapendo convivere mediante l'arte politica della “tessitura” (Platone), della composizione dei diversi interessi e prospettive umani compresenti nella società. E questa arte si esercita esprimendo e confrontando senza violenza le attese e le volontà, non consegnando le decisioni a leaders sostitutivi. Pare che questa elezione rappresenti la fine dei partiti storici, che avevano questa funzione democratica, la quale dovrà in qualche nuovo modo essere ripresa, senza le ideologie fisse, ma non senza idee e culture più ampie e internazionali. Ci si può chiedere se l'affermazione di Macron “né di destra né di sinistra” (lo diceva anche Mussolini nel '19) sia solo uno svincolarsi da schemi passati, o se non sia l'illusione di non dover comporre, come sempre, la libertà con la giustizia. Questo era essenzialmente il problema destra-sinistra, e non si vede come possa non ripresentarsi sempre. Inoltre, la sconfitta sonora dei partiti tradizionali conferma la tendenza personalistica, a-ideologica (non è del tutto un bene), delle scelte politiche, ristrette sulle alternative brevi, esposte alle influenze immediate. La politica ha bisogno di ideologia (non è una parolaccia), nel senso di una cultura dell'umanità e della storia, delle alternative grandi e lunghe. La politica dipende dalla filosofia di vita di ogni elettore, di ogni democrazia. I partiti tradizionali indicavano le grandi alternative ideali-pratiche della società. Proponevano una unità sociale a valle della soluzione dei gravi problemi di divisione. Ogni proposta politica proponeva una unità (o tendenza maggioritaria all'unità) intorno al proprio valore primario (giustizia; libertà). Oggi le alternative reali sono "sfumate", prevalgono le scelte grossolane: sicurezza/paura, isolamento/federazione; sovranità/federalismo e internazionalismo. La politica è stretta sull'unità negativa, piccola: «Partito della nazione» (Renzi); un troppo generico «En marche» (Macron). La tentazione nazionalista del separatismo-sopraffazione, alla fine vorrebbe dire guerra: economica, sociale, culturale, se non militare. Però è un segno positivo che i popoli non cedano alla violenza di fatto, strutturale, delle oligarchie economiche non elette da nessuno. I popoli sono stanchi, arrabbiati, disorientati in buona parte, e tentati dalla proposta nazional-egoista, contraria ad una storia inter-umana e umanizzante, come richiede ormai la realtà interdipendente del pianeta umano e dell'ambiente vitale. È compito del dibattito culturale, della autorappresentazione delle società, e delle coscienze personali, prospettarsi una politica composita del locale e del planetario, bisognosi l'uno dell'altro. La linea culturale-politica che ci appare sempre più necessaria è il cosmopolitismo democratico, l'amicizia tra le culture e le religioni (che sono culture profonde, cioè cosmologie e antropologie radicate, nonostante gli sconvolgimenti delle forme), la parentela civile tra i popoli (diritto universale di movimento e jus soli: tu sei cittadino della comunità-popolo dove sei, dove vivi e collabori con ragionevole stabilità, e non sei selezionato per il sangue, la pelle o l'origine). Si tratta di un lavoro culturale molecolare, al di sotto dell'informazione rumorosa e delle immagini imperative. Le Pen ha vinto soprattutto a sud-est e a nord-est. A ovest ha vinto persino Melenchon in alcuni posti. L’elettorato di Le Pen sarebbe diviso a sua volta: a nord est nelle zone industriali in crisi l’hanno votata gli operai abbandonati dalla sinistra socialista liberista (vedi Trump nelle zone ex industriali). A sud-est, invece, l’elettorato sarebbe la più tradizionale classe ricca, clericalreazionaria, possidente, e farebbe riferimento soprattutto all’altra Le Pen, la nipote. Al solito le estreme destre nascono e fanno abboccare le masse di disperati, disagiati, arrabbiati. Quando poi vanno al potere fanno gli interessi degli altri. Certo, se i socialisti facessero i socialisti non si porrebbe il problema degli operai che votano destra. Macron ha prevalso grazie alle grandi città. Le campagne avrebbero votato Le Pen. In Usa Trump è stato eletto nelle provincie, battuto nelle città. In Gran Bretagna le città erano per rimanere in Europa. L'aria della città rende liberi? I poteri di fatto comandano di più dove minori sono scambio dibattito, incontri? E di più dove arriva l'informazione standardizzata? Il rapporto umano libero e critico funziona di più nella città di massa e meno nelle comunità, che pure si direbbero a misura più umana? La cultura civile critica ha dunque bisogno di istituzioni e reti, e non basta il contatto diretto privato a dare libertà di pensiero? Sono domande. Rimane l'incertezza delle elezioni parlamentari in giugno, ma la prevedibile presidenza di Macron prospetta una politica francese europeista. Bene. Ma occorrerà ricordare che l'Unione Europea ha bisogno di una mutazione umanistico-sociale, superando l'economicismo che la governa: sovrani non siano il denaro e i commerci, ma le persone e i popoli di persone, per avvantaggiare gli svantaggiati, e non viceversa. L'umanesimo sociale che continuamente propone Francesco, vescovo di Roma, è sostenuto dalla fede, ma non dipende dalla fede, è laico, universalista. Francesco – una reale guida politica, che anima e non accaparra e non sostituisce orientamenti politici umani - è venuto dall'America Latina a ricordare all'Europa la sua anima, è venuto dal continente che l'Europa conquistò violentemente (anche nel nome e nelle lingue parlate), ma al quale, dopo secoli, chiese pane per i propri emigranti. Francesco, figlio di emigranti, è figura attuale di cittadino del mondo. Eletto da qualche decina di vecchi cardinali, si rivela una buona scelta. Votare tutti è giusto e necessario. Votare bene è ancora meglio.
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