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scienza
342 - EVOLUZIONISMO E RELIGIONE |
I PENNACCHI DI SAN MARCO
Se nell’evoluzionismo sia biologico che culturale (come nel caso della religione), si introduce l’immagine metaforica del “pennacchio”, è opportuno conoscere il contesto storico da cui è nato. Al termine di un lungo periodo di ricerche volte a mettere in crisi l’approccio teleonomico (= progettuale) e funzionalista dei processi evolutivi, Stephen J. Gould e Richard C. Lewontin fecero un intervento nel 1978 alla Royal Society di Londra, poi pubblicato nel 1979 col titolo: I pennacchi di san Marco e il paradigma di Pangloss. |
Se nell’evoluzionismo sia biologico che culturale (come nel caso della religione), si introduce l’immagine metaforica del “pennacchio”, è opportuno conoscere il contesto storico da cui è nato. Al termine di un lungo periodo di ricerche volte a mettere in crisi l’approccio teleonomico (= progettuale) e funzionalista dei processi evolutivi, Stephen J. Gould e Richard C. Lewontin fecero un intervento nel 1978 alla Royal Society di Londra, poi pubblicato nel 1979 col titolo: I pennacchi di san Marco e il paradigma di Pangloss. Critica del programma adattazionista (in www.einaudi.it/einaudi/ita/pdf/gould-lewontin.pdf). Il finalismo come schema di organizzazione funzionale della natura viene definito un’inversione della logica esplicativa: questo perché l’effetto risultante del processo evolutivo (il “prodotto”, ad es. l’organo, l’organismo o la comparsa dell’uomo stesso) viene inteso come causa del processo stesso (la causa finale di Aristotele).
Logica rovesciata
Nell’esordio del saggio gli autori illustrano quest’inversione logica con un’efficace metafora architettonica desunta dalla celebre basilica veneziana (un buon riassunto, a cui facciamo riferimento, si trova in Telmo Pievani, Introduzione alla filosofia della biologia, Laterza 2005, 179-181). La costruzione della cattedrale di San Marco prevede che una cupola circolare poggi su un corpo quadrato la cui sommità è costituita da quattro archi sui lati; in tal modo necessariamente si otterranno ai quattro angoli degli spazi triangolari, affusolati verso il basso. Questi, chiamati “pennacchi”, saranno delimitati dagli archi di sostegno e dal bordo inferiore della cupola. Ciascun pennacchio contiene un mosaico perfettamente adattato allo spazio disponibile, che raffigura un evangelista nella parte superiore mentre al di sotto un uomo, simboleggiante i fiumi biblici, versa acqua da una brocca nello spazio che si restringe sino a chiudersi ai suoi piedi. Il disegno è così armonioso che si è tentati di vederlo come il punto culminante di qualsiasi analisi, come la causa di tutta l’architettura circostante. L’argomentazione finalistica, contestata da Gould, è che i pennacchi siano stati concepiti e progettati per garantire la rappresentazione degli evangelisti e della profusione dell’acqua (fuor di metafora, l’evoluzione quindi punterebbe in maniera progettuale agli organi, agli organismi e in ultima analisi all’uomo stesso, che sarebbero la causa, più o meno finale, il motivo e la ragione di tutto il processo).ò
Gould e Lewontin propongono invece una logica rovesciata che riporta e arretra la causa alla struttura preesistente: le regole architettoniche di costruzione della cattedrale impongono vincoli alla ripartizione dello spazio, per cui si formano necessariamente dei luoghi interstiziali fra le componenti maggiori della costruzione, i quali vengono riutilizzati con ingegno dai mosaicisti che sfruttano la regolarità delle quattro lunette per le composizioni allegoriche, che a loro volta ricadono sull’intera struttura perché, per simmetria di composizione, il motivo su base quattro si allarga ad altre rappresentazioni. Da qui l’impressione che tutto l’impianto sia stato studiato appositamente in questo modo fin dall’inizio, e che quindi i pennacchi stiano lì proprio per ospitare i quattro evangelisti. Lo stesso abbaglio (ossia l’inversione logica che scambia la causa con l’effetto e viceversa) si può avere in biologia evolutiva. I pennacchi/lunette sono invece una conseguenza (effetto) collaterale e derivata di un’architettura complessiva (la causa), strutture non adattive (frutto di exaptation) poi cooptate per alloggiare opere d’arte all’apparenza perfette per quegli spazi. Tale exaptation artistica è ovviamente una figura dell’exaptation biologica: cioè quel fenomeno per cui un tessuto, sia che svolga una funzione (come un certo piumaggio termoregolatore) sia che non ne svolga alcuna (come il pennacchio), viene cooptato all’occorrenza per una nuova funzione assolutamente non “prevista” in precedenza (rispettivamente l’ala degli uccelli e il mosaico con gli evangelisti)
Dal pollice opponibile alle mappe cerebrali
La stessa cosa vale per il pollice del Panda (su cui sempre Gould ha scritto un libro); possiamo immaginare che i panda col sesamoide radiale ipertrofico (un ossicino del polso sporgente) siano stati per qualche motivo (di tutt’altro genere) avvantaggiati nella competizione per le risorse, e che ad un certo punto quel sesamoide sia stato usato come sesto dito opponibile e si sia diffuso a tutta la specie. Ma un conto è dire che la selezione naturale ha prodotto il pollice del panda, un altro è affermare che il sesamoide era lì proprio per costruire un pollice opponibile. Nella fase di cooptazione iniziale ciò è assurdo; mentre nella fase successiva di ritenzione e fissaggio si può cominciare timidamente a vederne la causa nell’effetto finale, meglio nella direzionalità costruttivista che impone la funzione prensile sempre più esercitata, la quale si affina nell’esplorazione del possibile adiacente.
Tenendo sempre presente che le trasposizioni dalla biologia evolutiva all’evoluzione culturale sono rischiose, prendendo in considerazione l’organo peculiare dell’essere umano, ossia il cervello, recentissimi studi hanno individuato alcune aree del cervello che si attivano durante gli atti religiosi (le chiameremo “mappe” come alcuni neurofisiologi). È ipotizzabile che sia avvenuto qualcosa di simile al Panda: gli ominidi in possesso di tali mappe, per tutt’altre ragioni, hanno avuto un successo evolutivo. All’inizio tali mappe erano come i pennacchi di San Marco, cioè un prodotto collaterale o derivato dell’architettura in formazione del cervello, che si stava ampliando rispetto a quello animale, aggiungendo e sviluppando soprattutto la corteccia (frontale, pre-frontale, occipitale, lobi temporali..). All’inizio tali aree potevano svolgere un’altra funzione (come quella termoregolatrice del piumaggio originario degli uccelli), oppure non averne ancora nessuna di specifica. Ma ad un certo momento, data la loro probabile predisposizione, sono state cooptate, exattate (exaptation/exattamento) per la funzione religiosa (come il piumaggio originario è stato cooptato per il volo cominciando a diventare ala). È solo a questo punto che si può parlare di adattamento vero e proprio (la fase di ritenzione, fissaggio e affinamento) in senso costruttivista: la funzione che comincia ad essere svolta con maggior insistenza modella l’organo migliorandolo, affinandolo, sviluppandone le potenzialità (che nel cervello sono altissime). Le mappe si sono differenziate e specializzate negli atteggiamenti, idee e sentimenti religiosi, così come nelle lunette di San Marco sono stati raffigurati gli evangelisti, incamerando la fantasia, il mito, il racconto, la poesia, l’etica…
Poi tali mappe religiose, almeno in Europa a partire dall’antica Grecia, si sono interconnesse con le mappe cerebrali della razionalità, dando luogo prima alla filosofia e poi con Galileo alla scienza, ramificando le proprie sinapsi nella razionalità scientifica. La religione, andando ben al di là del sentimento e del rito/culto, ha elaborato le proprie categorie ed ha sviluppato l’intellectus fidei (teologia).
La religione come pennacchio (almeno nel senso di Gould) non è poi così squalificante (lo sono stati molto probabilmente anche l’occhio, l’orecchio, sicuramente gli arti e più tardi le ali); la squalifica viene dal fatto di definire tali lunette in modo arbitrario “sottoprodotti secondari”. Ma il pennacchio può essere visto evolutivamente come risultato collaterale e derivato di un processo di costruzione, di auto-organizzazione e di creatività interna. Sostenere che qualcosa nasce come effetto collaterale e derivato in un contesto già organizzato, non implica (come ribadito anche nell’articolo di Gould) né una sottovalutazione dell’effetto stesso né una rinuncia alla sua intelligibilità.
Il ruolo cognitivo della fede
Della religione a volte si sottolineano anche altri fattori: utilità per la sopravvivenza e quello dell'adattamento consolatorio agli enigmi, rischi e paure dell'esistenza. Sebbene gli usi e costumi del passato risentano un po’ tutti della necessità, bisogna nel caso della religione coordinare la necessità-utilità con il valore veritativo della credenza medesima, nonché l’aspetto dell’eventuale adattamento con la sua capacità di illuminare, spiegare e conferire senso alla realtà vitale. Può darsi benissimo che la filosofia, la fede e la teologia scaturiscano dagli enigmi, problemi, rischi e paure (come sicuramente è avvenuto per i primi 11 capitoli della Bibbia il cui Sitz im Leben è l’esistenza minacciata), ma ciò non si risolve necessariamente in un adattamento consolatorio (almeno nel senso in cui esso viene inteso normalmente, cioè squalificante).
A mio parere la necessità-utilità-adattamento stanno alla teoria-verità-sapienza come l’effetto fotoelettrico (scoperto da Einstein, per cui ha preso il Nobel, effetto che ha prodotto la fotocopiatrice, il laser, le porte dei supermercati… ecc.) sta alla doppia teoria della relatività ed alla spiegazione teorica dell’effetto medesimo ai fini della teoria quantistica. Detto in altre parole la religione coniugata con la razionalità scientifica, ossia una fede intellettualmente onesta, sono come l’opera complessiva di Einstein con tutta la sua storia degli effetti (Wirkungsgeschichte): in cui l’indubbia utilità della fotocopiatrice e del laser non sono comparabili con lo spessore della relatività ristretta (ove sono stati rivoluzionati i concetti di spazio e tempo) e della relatività generale (con cui è stata ricompresa la gravitazione, geometrizzandola ed eliminando qualsiasi forza di tipo attrattivo).
Nel corso della storia della fisica l’eliminazione di forze accompagna spesso una rivoluzione scientifica: dall’impetus di Buridano per spiegare che un sasso lanciato si continui a muovere, si passa al principio d’inerzia che considera tale prosecuzione come naturale; dalla forza gravitazionale attrattiva si passa ad uno spazio-tempo curvo senza alcuna attrazione. Non ci sono più forze che agiscono istantaneamente a distanza, in un alone quasi magico. Il che fa pensare che il concetto di forza e quello ad essa strettamente legato di causa (come in Hume) siano entrambi di natura antropomorfica. Non è un caso che come Einstein realizzò il programma di Mach di eliminare dalla fisica entità metafisiche che hanno il sapore della proiezione antropomorfica, così la teologia ermeneutica con le sue rivoluzioni abbia eliminato forze mitico-magiche, a partire dall’amore di Dio che muove il Primo Mobile e gli angeli che muovono i pianeti, sino all’esclusione metodologica dell’intervento molecolare-energetico di Dio nel mondo fisico-chimico della materia.
Mauro Pedrazzoli
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