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La sparatoria avvenuta sabato 3 febbraio a Macerata, potenziale strage, azione dichiaratamente razzista, mirata su uomini dalla pelle nera, ad opera di un uomo che ostenta l'idea fascista, dopo le prime dichiarazioni di indignazione cerimoniale, è uscita dall'attenzione e dalla riflessione politica, sommersa da una rumorosa e misera campagna elettorale. Bisogna ritornare e soffermarsi su quel fatto, non tanto per infierire sul criminale, «smarrito di cuore» (Isaia 35,4), ma per leggerne le radici e cercare gli antidoti. Quella violenza deliberata (approvata, a quanto si sa, da molti messaggi sui social) ha un terribile significato simbolico, come furono le prime uccisioni del terrorismo nero e rosso, negli anni di piombo italiani, come fu l'11 settembre del terrorismo islamista. È il primo delitto razzista dichiarato, nella Repubblica democratica italiana. Ci sono fatti che dicono più di quel che appare. Questo dice la messa in atto dell'odio verso gli immigrati neri, odiati come nemici per il solo fatto di essere immigrati e neri. La riduzione di una persona umana a obiettivo da distruggere, o almeno ferire per dimostrazione, senza sapere nulla di lei, delle sue azioni e pensieri e atteggiamenti e bisogni e qualità, è un atto che nega in radice l'umanità di ognuno di noi, anzitutto di chi approva quel gesto. Un tale gesto ci minaccia più che fisicamente, ci minaccia nel senso del vivere: ridotto a numero in una categoria condannata, sei un semplice bersaglio dell'odio. Sei definito come non degno di vivere, di essere. Nulla di diverso fece lo sterminismo razziale del nazismo. Nulla di diverso fa ogni discriminazione degli umani per l'una o l'altra delle loro caratteristiche e identità, bene individuate come non discriminanti dal prezioso art. 3 della nostra Costituzione. Questo è già avvenuto, questo è avvenuto di nuovo a Macerata. Questo è ciò che non deve mai avvenire, per restare umani, per ritornare ad essere umani. Dobbiamo pur chiederci: è razzismo quello che ora corre nelle vene di troppi italiani, quelli che non sparano ma odiano, evitano, scartano? o è solo paura per la sicurezza "particulare", gonfiata ad arte dagli speculatori politici, sobillatori del male? Gli stranieri sono meno del 9%, ma la percezione dichiarata è del 25%. Chi spaccia e chi beve questo veleno? L'informazione puntata sul sensazionale e sul macabro accentua l'immagine della criminalità straniera rispetto a quella italiana. Eppure il tasso di criminalità degli stranieri è quasi la metà rispetto a quello degli italiani (cfr. Dossier statistico Immigrazione 2017, p. 184: 1076 e 506 su 100mila abitanti rispettivamente per gli italiani e per gli stranieri). Il discorso di un foglio come questo, piccolo, ma rappresentativo di un impegno morale-intellettuale, deve denunciare questo male e concorrere, per il poco che può, a ripararlo nelle menti e negli animi. È solo razzismo epidermico? È solo egoismo privato? Ma cosa rappresenta la manovra politica che manipola l'opinione pubblica? Perché l'informazione, anche quella pubblica, strombazza l'albero che cade e nasconde la foresta che cresce, cioè fa eco alla morte più che alla vita? La politica e le funzioni sociali fanno davvero tutto il possibile per medicare la piaga dell’ignoranza popolare, che della globalizzazione vede le tecnologie mirabolanti, ma non apprezza la ricca varietà umana dei popoli che si incontrano e si scambiano doni di cultura e di collaborazione, e non solo problemi? Perché l'amministrazione politica di questo grande fenomeno delle migrazioni, oscilla tra disorganizzata accoglienza (molto affidata alla buona volontà privata, che è numerosa ma ignorata nell'immagine pubblica) e respingimento demagogico e inumano?

Disprezzo e odio etnico e razziale sono un fallimento dell'umano, perciò della cultura e della politica. L'uso cinico, per farsi dare potere dagli elettori, dell'odio e del razzismo, del disagio sociale, è delitto politico contro il bene comune. Colpevolizzare una categoria, un’etnia, una cultura, per la colpa personale di alcuni, è barbarie e delitto politico. La migrazione per fuggire dal pericolo, per necessità vitale, per condizioni migliori di vita, è un diritto umano universale – per noi stessi lo facciamo ben valere! − e non è un reato, nemmeno se si attende ancora una regolarizzazione: è solo un problema di organizzazione sociale come altri, ed è un afflusso di energie umane nella nostra società invecchiata, una risorsa per la demografia, i lavori meno ricercati, la produttività, il pluralismo culturale, del nostro paese. Lo “straniero” − extra, fuori, strano, estraneo – è figura creata dai recinti dentro-fuori, in qualche misura comprensibili e utili, ma oggi sempre meno. Comunque, ogni con-fine è una fine e un inizio, è una opportunità per la mobilità mentale, prima che fisica, delle persone umane e dei popoli.

La nuvola nera dei nazionalismi inquina i cieli d'Europa, contro la sua vocazione e necessità. E anche i cieli d'Italia, fino a spudorate riprese di simboli e voci del fascismo. Partiti fascisti di sostanza e quasi di nome non avevano diritto costituzionale di partecipare alle elezioni. Il sonno della ragione, della memoria, della civiltà democratica, dell'istruzione popolare, dà spazi di potere a questi pericolosi fantasmi.

Per e con gli immigrati, il popolo italiano sta attuando tante, e non abbastanza conosciute, azioni di umanità e solidarietà verso i loro bisogni materiali e civili, azioni che salvano il nostro onore. La vita sociale, la politica, il lavoro, hanno bisogno anzitutto, per essere decenti e vivibili, di senso umano universale: ogni essere umano ha gli stessi diritti personali e sociali, e gli stessi doveri verso tutti, nella solidarietà, condizione assoluta di vita amica e non nemica, vivibile e non infelice. I rappresentanti politici devono incoraggiare e sviluppare le qualità popolari di convivenza umana positiva e giusta. In questa opera si può sempre fare meglio, ma le chiese e le religioni sono attive, senza clamore, per animare e operare.

Oggi, i problemi reali e decisivi – che la campagna elettorale ha trascurato colpevolmente − i problemi più gravi e pericolosi per tutta l'umanità, perciò i compiti e le opportunità, riguardano la presenza di armi terribili in mano a potenze minacciose, i danni all'ambiente naturale, le ingiustizie e diseguaglianze gravi. È necessario costruire comunicazione e intesa tra le culture umane. Il destino umano è ormai unico, e non particolare. Solo le politiche e le mentalità che capiscono questo universalismo di principio e di fatto, lavorano per il bene di tutti gli umani.


 
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