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chiesa
Anche se non figurava come direttore, il principale ispiratore delle pagine di adesso fu senz'altro don Primo Mazzolari. Molti articoli sono firmati da lui. In altri, si serve di pseudonimi. Nelle citazioni che seguono, si intende che lo scritto sia di don Primo, a meno che si specifichi un altro nome. «Va', vendi, dallo ai poveri» Con grande sofferenza, si constata il fatto che la Chiesa Cattolica sia ricca, e che ostenti la sua ricchezza. E non si tratta solo di ricchezza economica. Anche ogni forma di fasto, di spettacolarità, di superba ostentazione di potenza, è una forma di ricchezza, è un ostacolo a una vera evangelizzazione. In occasione della «Messa d'oro» (cinquant'anni dalla prima messa) del Papa, si leva un lamento. «Sotto una cupola che custodisce una tomba, e quale tomba!, non c'è gloria anche se c'è fasto; e l'Altare non è un trono, anche se vicino hanno fabbricato qualche cosa che gli assomiglia. Quel giorno, anche se migliaia e migliaia di fedeli l'acclamano, Pio XII è solo, come era solo, nonostante l'osanna delle turbe, il Maestro, quando entrò in Gerusalemme per morirvi. Per chi rappresenta l'Agonizzante più che il Trionfante, non ci sono feste» (31/3/1949). «Per fare il deputato cristiano, come per fare il Vescovo o il prete, bisogna essere poveri» (1/6/1950). «Chi si fa povero riesce a mettersi coi poveri in una maniera che non offende neanche i ricchi, ai quali lascia la via aperta a "fare lo stesso"» (15/5/1949). «È delittuoso negare l'elemosina ai poveri se non si ravvedono da errori che la mancanza di elemosina e soprattutto di giustizia e di carità da parte della gente per bene li ha portati a compiere... Finché i ricchi non ameranno i poveri, costringendo, con l'amore, questi ad amarli, la terra pullulerà di miserabili e affamati di cuore, anche se, per ipotesi, tutti gli affamati di stomaco fossero scomparsi dal mondo. La prima giustizia, da fare, la prima ricchezza da dare è l'amore» (Nazareno Fabretti, 15/5/1949). A proposito della Pontificia Commissione di Assistenza, dalle pagine di «adesso» si denuncia: «Cosa sono pochi miliardi erogati in beneficenza, quando le chiese sono piene d'oro?» (P. Rossetti, 15/1/1950). «Donare oro a Dio senza donare l'anima, è fariseismo... Se poi meditiamo sull'oro e sulle pietre preziose, e pensiamo come esse grondino lacrime e sangue e siano lorde di ingiustizie... non sembra quasi sacrilegio adornarne il Povero, il Giusto e la Tutta Pura, Madre di Dio e nostra?» (Pietro Francesconi, 15/1/1950). «Una volta un uomo (Mussolini, ndr) lanciò un appello per raccogliere oro per fare una guerra. Il Santo Padre lanci un appello, dando l'esempio... e l'oro affluirà ben più abbondante e proficuo per il lavoro e il pane dei poveri disoccupati...Se la Madonna tornasse sulla terra spoglierebbe Essa stessa le statue e i santuari a Lei dedicati da tutti i preziosi ivi accumulati per dispensarli ai poveri» (Ottorino Momoli, deputato, 15/12/1949). «I preti, che difendono "l'oro del tempio", invece di convertirlo in lavoro e pane di carità, rischiano di far radere al suolo il tempio» (15/3/1950). Ma le cose non sono così semplici. «"Si vende e si dà il denaro ai poveri". È una parola, "si vende!" E chi compera? Sempre i deprecati ricconi, in tal caso. I quali hanno già gioielli a iosa e dovrebbero adattarsi a bere in calici d'oro tempestati di topazi... Chi dunque può comperare i cuori d'argento e le corone d'oro delle Madonne? Solo il governo potrebbe trasformarli in lingotti d'oro e d'argento e gettare questi lingotti nelle casse dello Stato. E il denaro liquido ricavato, passando di mano in mano, giungerebbe ai poveri come sollievo di un giorno, sì e no. E poi? Io vedo che i poveri non imprecano mai contro le corone delle Madonne e, appena possono, sono i primi a portarle un cuore d'argento» (Maricilla Piovanelli, 15/7/1950). «Circa la sorte dell'oro del tempio, non voglio neanche sapere se andrà a far cumulo nelle solite sporchissime mani... Penso solo che oggi qualcuno mangia e qualcuno non dispera, che qualcuno benedice la Provvidenza. Oggi, e domani? Ma il pane, quello buono, è sempre pane quotidiano. Oggi, Dio provvede così: domani provvederà in altro modo. Sarebbe triste se uno non desse oggi perché non può dare anche domani... Un casamento, due, dieci casamenti, supponiamo a Primavalle, dedicati a Cristo Bambino, non sarebbero già più commoventi di tutti gli ori e le gemme del Bambino di Ara Coeli?... Il valore di queste cose comincia quando ce ne spogliamo per riconoscere la precedenza del Cristo Povero sul Cristo dell'arte, della poesia, della bellezza» (15/7/1950). Amare i comunisti, amare i fascisti Nel dicembre del 1948 veniva arrestato il Primate di Ungheria, cardinale Mindszenty. «adesso» prende posizione, ma è una voce fuori dal coro. «Noi non protestiamo! Non perché non ci sia ragione di farlo, ma perché protestando avremmo timore di metterci sul piano delle piccole cose per cui l'uomo quotidianamente protesta. L'ingiustizia dell'arresto è sul piano della Beatitudine. Noi non protestiamo. Preferiamo metterci in ginocchio sulla soglia della prigione che prepara la rinascita cristiana dell'Ungheria e dell'Europa» (15/1/1949). Nel luglio 1949 veniva pubblicato il Decreto che dichiarava illecito ogni appoggio al Partito Comunista e comminava la scomunica per chi professava la dottrina comunista. «"Vi hanno messo in un bell'impiccio ‒ diceva un uomo dell'Azione Cattolica al suo parroco ‒ vedremo come ve la caverete"... Come può un cristiano rallegrarsi di una decisione che pesa in maniera tanto evidente sul cuore della Chiesa?... I poveri si sono sentiti umiliati, più che dalla condanna, dal fatto che molti cattolici non ànno (sic) deprecato e rifiutato quei gruppi che, più materialisti degli stessi marxisti, minano le basi della religione con mezzi meno scoperti, ma non meno diabolici... Il comunista non può inginocchiarsi alla balaustra; ma neppur io dovrei farlo se avessi la sincerità di scoprirmi qual sono... La Chiesa, condannando il comunismo, ne condanna gli errori, non la parte di vero e di buono che ci può essere nel comunismo. Quindi, se un cattolico rifiutasse di riconoscere ciò che di vero e di buono c'è nei comunisti, peccherebbe contro il Decreto del S. Ufficio... La Chiesa non vuole che torniamo indietro, ci mette sull'attenti. Per la stessa strada, ove i nostri fratelli comunisti si sono momentaneamente smarriti, dobbiamo camminare e camminare anche per loro» (30/9/1949). Il loro ateismo «è una spietata contropartita, una vendetta nei confronti dell'ateismo pratico di troppi credenti i quali smentiscono la loro fede» (Giovanni Barra, 15/2/1950). Genera stupore la posizione di Mazzolari e di «adesso» nei confronti della resistenza e del fascismo. Certamente si rifiuta di mettere sullo stesso piano «Resistenza e fascismo»: «La prima è valida di un valore ideale e incontestabile, mentre il fascismo rappresentava un attentato agli ideali che costituiscono il patrimonio dell'uomo» (15/5/1950). Ma la Resistenza «non seppe, nella vittoria, comportarsi magnanimamente e, nella reazione sanguinosa che l'ha sporcata e asservita in gran parte al comunismo, ha creduto di giustificarsi, giudicando senza discriminazione il fascismo» (1/2/1949). «Rappresaglie, vendette, processi, leggi eccezionali furono concepite in tale clima che non possiamo non chiamare anticristiano, tanto più che pagarono soltanto le "piccole canaglie", quando non toccò a chi, ingenuamente e in buona fede, credette di servire la Patria, schierandosi per la repubblica di Salò, piuttosto che per la monarchia badogliana» (15/10/1949). In seguito a tali prese di posizione e al rifiuto di piegarsi alla logica degli «schieramenti», c'è da stupirsi se adesso e il suo «compilatore» (Mazzolari) si siano creati dei "nemici" tra gli "amici" e, viceversa degli ambigui "amici" tra i "nemici"? «adesso non ha ammainato nessuna verità cattolica e umana di fronte ai lontani di nessuna specie e il suo compilatore ha parlato e scritto con tale fermezza da giocarsi tutte le amicizie che la Resistenza gli aveva procurato» (30/4/1950). Così come Mazzolari dovette smentire nettamente di avere aderito a un appello da parte di Cappellani militari della Repubblica Sociale Italiana (1/4/1950). I cristiani al potere, che delusione! Nel 1948 il comunismo fu sconfitto «dall'impeto improvviso e inaspettato della giovinezza della Chiesa» (1/3/1950). «La cristianità italiana aveva dato alla D.C. la maggioranza assoluta perché l'Italia venisse curata non con cerotti liberalistici o con convulsioni comunistiche, ma col metodo e lo spirito della rivoluzione cristiana» (15/1/1950). «La D.C. ha il merito di avere portato il Paese, dopo avergli fatto attraversare miracolosamente il mar Rosso, sulla strada della terra promessa. C'è di mezzo il deserto ove manca l'acqua, il pane, la giustizia. Mosè ebbe davanti un lungo lasso di tempo, 40 anni. Ciò che purtroppo non è concesso alle forze politiche della rivoluzione cristiana» (15/7/1949). «Se tutti i democristiani fossero almeno tanto cristiani da mettere in pratica il precetto riguardante il superfluo, la questione sociale sarebbe già risolta» (30/4/1949). Occorrerebbe un capovolgimento, un cambiamento di mentalità riguardante tutti. «Gli egoismi sono irrisolvibili sul piano della concorrenza: tra uno che non ha e agogna di avere e uno che ha e si protegge per non dare, la differenza è solo quantitativa e senza via d'uscita verso la fraternità. Se la quantità del possedere è la condizione per essere felici, l'equilibrio tra due egoismi o non esiste affatto o è instabile... Quando nessuno invidiasse i ricchi e nessuno si lasciasse comperare o intimorire dalla ricchezza, non ci sarebbe più gusto a fare il ricco né il prepotente» (15/5/1949). Nell'aprile 1949 viene stipulato il Patto Atlantico. «Ma non basterà nessun Patto Atlantico a difenderci durevolmente se non viene spezzata l'alleanza o, meglio, la congiura internazionale dell'egoismo» (Vivarelli, 31/5/1949). In agosto anche l'Urss si costruisce la bomba atomica. Un anno dopo, i Paesi comunisti lanciano un appello per l'interdizione delle armi atomiche. Mazzolari (sotto lo pseudonimo di Stefano Bolli) firma l'appello a costo di essere classificato «tra gli utili idioti». Pur cosciente della «ambiguità politica e morale dell'appello» e del fatto che «la politica è un'imboscata continua e l'inganno il suo modo ordinario», decide di firmare «per espiare la nostra accidia... e per non venire conglobato con coloro che non firmano perché credono nell'atomica» (1/7/1950). Che cosa possiamo imparare, oggi, adesso, dalle pagine del quindicinale di settant'anni fa? Che il Vangelo va preso sul serio? Che il "superfluo" è dei poveri? Che bisogna amare i nemici, anche i peggiori? Che il dire la verità talvolta ci aliena la simpatia di amici? Che occorre "armarci" di ingenuità, almeno qualche volta? E ancora: chi sarebbero, ora, i «comunisti»? I «democristiani»? I «poveri»? Dario Oitana
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