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 344 - DI CHI È LA CHIESA?

 

COSCIENZA INDIVIDUALE E AUTORITÀ ECCLESIASTICA

 

Quanti s’interessano di temi ecclesiali hanno avuto nelle scorse settimane tutte le indicazioni desiderabili per venire disorientati per bene. Improvvisamente, la vecchia messa preconciliare in latino è di nuovo permessa.

E già questo sarebbe abbastanza per restare sconcertati. A meno che la cosa non resti semplicemente sulla carta e su qualche raro altare isolato, per qualche nostalgico. È poi seguita la comunicazione di papa Benedetto XVI che solo la chiesa cattolica sia «chiesa», mentre tutte le altre sono soltanto comunità cristiane. Questa è una pugnalata al cuore dell’ecumenismo cattolico, che del resto – visto secondo la prospettiva di Roma – non è mai stato molto entusiasmante. In tale prospettiva, l’ecumenismo dovrebbe condurre alla riunificazione delle chiese o comunità non cattoliche con la chiesa cattolica romana, sotto l’autorità papale. Di per sé Roma non ha mai abbandonato tale modello di ecumenismo, che si potrebbe chiamare «imperialistico-romano».

Si può ben immaginare che un laico che frequenta ancora la chiesa e che conserva un minimo di interesse per quanto ha a che fare con la chiesa, continui a comportarsi come prima, dimostrandosi più ragionevole di tutte le curie papali ed episcopali messe insieme. Forse si attiene semplicemente a quanto si vive nella sua parrocchia, e questa potrebbe essere l’opzione di gran lunga migliore, giacché il meglio ed il più essenziale della fede si dà pur sempre là dove c’è un parroco aperto e una comunità partecipe e impegnata. Altri hanno forse da tempo buttato tutto alle ortiche e se ne infischiano completamente delle turbolenze e complicazioni ecclesiastiche.

In tale confusione, ci si può attenere a tre punti, tagliando recisamente il nodo gordiano dei mille “distinguo” e rompicapo ecclesiastici e teologici accumulatisi intorno al tema della Chiesa.

 

La Chiesa

Con quali aggettivi e attributi si possono caratterizzare le chiese? Si può parlare della «chiesa di Roma», ovvero della «chiesa cattolico-romana», ovvero «chiesa papale». Si può caratterizzare tale appartenenza o provenienza con altri aggettivi: «chiesa protestante», «chiesa luterana», «chiesa ortodossa» e altro. Tutte queste denominazioni hanno valore storico, oppure indicano un luogo (per es. Roma), ma potrebbero essere fuorvianti, se si dimentica che la chiesa è di Cristo, caratterizzata da quella relazione con Cristo che si chiama «fede». Perché allora la chiesa luterana o un’altra chiesa che proviene dalla Riforma non dovrebbe essere veramente «chiesa»? Quando san Paolo parla di ekklesia, non riferisce quest’ultima mai a un apostolo o al gruppo degli apostoli, bensì si riferisce alla ekklesia di Tessalonica «che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo» (1Tes 1,1). Oppure parla di «chiese» (ekklesiai) al plurale, come «comunità di Dio che vivono in Gesù Cristo»: 1Tes 2,14). Ma anche quando Gesù – secondo san Matteo (16,18) – parla con Pietro, in quanto «pietra», non dice «la tua chiesa», bensì «la mia chiesa».

In breve: la «chiesa» non è né del papa né di Lutero, né di alcun altro. Essa è «di Dio» e «di Gesù Cristo», e la fede in quest’ultimo è il vincolo d’appartenenza ad essa. Una comunità così caratterizzata può chiamarsi pienamente «chiesa». È così difficile da capire e da accettare?

 

Il battesimo

Il battesimo non viene dato in nome di una chiesa, né quella cattolica, né una riformata né alcuna altra. Si viene battezzati «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo». E chi viene battezzato fa parte di quella «chiesa» che, come dice san Paolo, è «di Dio in Gesù Cristo», sia che abbia ricevuto il battesimo dai Luterani, oppure dal Riformati o dai Cattolici. Il «battesimo luterano» non è da meno del «battesimo cattolico». Il battesimo cattolico non è più ortodosso che il battesimo protestante; è semplicemente il battesimo, e basta. Giacché non viene appunto dato e non può venire dato in nome di una chiesa. Il battesimo cattolico non conferisce il marchio di cristiano più autentico.

Quanto il battesimo in quanto tale sia staccato dalle singole «chiese» si evince dal fatto che anche un pagano o un non credente, che non appartiene ad alcuna chiesa, può battezzare «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo», giacché non deve battezzare nel nome di una chiesa. Secondo san Paolo (e, più tardi, anche secondo Agostino, contro i Donatisti), non è importante chi sia a battezzare. Anzi, mettere l’accento su chi battezza conduce alle divisioni. A Corinto v’erano di quelli che dicevano: «Io sono di Paolo», e altri «Io sono di Apollo» (un famoso discepolo di Paolo). A tale riguardo Paolo scrive: «Sono venuto a sapere (…) che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”, “Io, invece, sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo!”. Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, se non Crispo e Gaio, perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome” (1Cor 1,11-13)». Di per sé ciò è sufficientemente chiaro, anche se, naturalmente, il contesto è diverso. È così difficile da capire e da accettare?

 

L’eucarestia

L’eucarestia per i cattolici, è la «messa». Si può parlare della «messa cattolica»? Sì, certo, se ci si riferisce al rituale o alla storia di tale rito. E, tuttavia: la «messa» non è dei cattolici, di quanti la celebrano, presbiteri, vescovi o papi. La messa non è proprietà della chiesa cattolica. I protestanti e riformati parlano della «santa cena», espressione più vicina al linguaggio biblico. Ma anche la «santa cena” non è proprietà dei protestanti o riformati o luterani ecc. A tale riguardo ci è d’aiuto san Paolo che parla semplicemente della «cena del Signore» (1Cor 11,20; o 1Cor 10,21 «la tavola del Signore»). La «messa» è la cena del Signore, e la cena del Signore non è proprietà esclusiva dei cattolici, bensì è cena offerta a tutti coloro che hanno col Signore quella relazione che si chiama fede. I cattolici non possono vantare diritti maggiori di altre comunità credenti nei confronti della cena del Signore, poiché tale cena non è loro, bensì del Signore ed è donata a quanti sono legati a lui nella fede. È così difficile da capire e da accettare?

Per concludere, vogliamo richiamare una espressione di papa Benedetto XVI, quando era “solo” il teologo Joseph Ratzinger: «Al di sopra del papa, come espressione della autorità ecclesiastica vincolante, resta in ogni caso la coscienza del singolo, alla quale si deve obbedire al di sopra di ogni altra cosa, se necessario, anche contro le prescrizioni della autorità ecclesiastica. L’enfasi sull’individuo, al quale la coscienza si fa incontro come supremo e ultimo tribunale, e che sta come ultima istanza al di sopra di ogni pretesa da parte di gruppi sociali, inclusa la Chiesa ufficiale, fonda, inoltre, un principio che si oppone al crescente totalitarismo» (Das Zweite Vatikanische Konzil, Dokumente und Kommentare, a cura di Herbert Vorgrimler, Herder 1967). Logicamente, anche al totalitarismo dell’autorità papale.

 

Ursicin Gion Gieli Derungs

 

L’articolo è stato pubblicato in lingua originale romancia col titolo De tgi ei la baselgia? su «La Quotidiana», 14 agosto, p. 6.

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