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chiesa
468 - «Adesso» dal 1954 ad aprile 1956 |
FEDE È RISCHIO
Prosegue l'esame dei numeri del quindicinale "adesso" (vedi il foglio 458 e 463). La lettura risulta talvolta faticosa. I periodi sono spesso lunghi e occorre pazienza nel distinguere le diverse parti del discorso. |
Questo forse è un indice della difficoltà con cui gli autori tentano di esprimere quanto ritengono fondamentale nella loro vita. Chi sono gli "autori"? Mazzolari? Senz'altro l'influenza di don Primo si fa sentire. Ma è tutto un insieme di credenti che testimonia una coraggiosa ricerca. È curioso notare che, mentre le citazioni della Scrittura sono spesso espresse in latino, i vari giudizi sulla situazione dell'epoca sono talvolta espressi in francese, senza traduzione. L'apporto dei pensatori francesi era essenziale per i credenti "critici" degli anni Cinquanta.
I due cattolicesimi
I redattori di adesso sono di continuo oggetto di aspre critiche da parte di coloro che si ritengono legittimi custodi dell'ortodossia. All'accusa di non rispettare l'autorità, così si risponde: «L'eresia c'è tanto al di qua che al di là. Ci sono coloro che esagerano la portata dell'autorità della Chiesa al di là dei limiti che la chiesa stessa si riconosce» (1/5/1955). «È duro per un semplice fedele cozzare contro un dogmatismo che dal campo "fede e costumi" si estende al campo politico, artistico, educativo in cui l'evoluzione è legge teoricamente ammessa dalla Chiesa e dimostrata dalla sua storia stessa» (1/9/1954). E così capita che «un corsivo dell'Osservatore Romano diventa una proclamazione ex cathedra, un discorso occasionale diventa un'Enciclica» (1/7/1955). E per la "teologia" dei sedicenti ortodossi «la fede è dottrina, la carità beneficenza, la santità un'eccezionale chiamata per anime fuggite dal mondo perverso» (15/1/1956).
La presenza cattolica è coreografica, ufficiale, i cattolici sono una minoranza, ma si illudono di essere maggioranza ad ogni costo «accumulando tessere, voti, certificati di battesimo» (15/12/1954). La denuncia dei redattori del quindicinale è fortissima, l'accusa di "eresia" viene ribaltata: «Quando in pratica la religione si riduce a etichetta, a coloritura, a pretesto, e lo strumento assorbe qualsiasi altra preoccupazione e finalità, siamo veramente all'eresia dell'azione... I "cattolici moderni" hanno bisogno di casseforti, di attrezzature complicate, di masse manovrate, di "fare colpo" per stordire in alto e in basso» (1/12/1955). «Sembra che la cristianità stia vivendo nella storia la profetica leggenda dell'Inquisitore di Dostojevski. Abbiamo imparato a correggere l'opera di Cristo» (15/1/1956).
L'accusa nei confronti dei redattori e simpatizzanti di adesso è di non lottare decisamente contro il "materialismo marxista". «I "borghesi" non hanno alzato il gran pavese del materialismo ideologico semplicemente perché tutto è materialismo nel loro costume» (1/9/1955). «La religione ufficiale è il gran pavese che sventola a tutte le ore e a tutte le occasioni e vi possono stare uomini di tutte le idee e di tutti i programmi. Solo gli spiriti inquieti, ai margini, tentano di scomodare le idee sul serio» (15/11/1955). «Che cosa di più abominevole di una cristianità che, giocata dal demone della materia, del successo e della potenza, invece che "popolo di Dio" diviene sempre più "massa cattolica" e si lancia alla concorrenza di un mondo "per cui Cristo non ha pregato"?» (1/12/1955). «Siamo giunti all'assurdo: il materialismo marxista ha dato un'anima sociale agli operai; lo spiritualismo cristiano ha lasciato un materialismo (= egoismo) agli operai cristiani» (15/2/1956).
Agonizzare
«Agonizzare». Espressione che a noi suona bizzarra, lugubre. In adesso così viene descritta la lotta che il cristiano sostiene nel «vivere la sua giornata nella tensione dolorosa tra la grandezza della verità rivelata e lo sforzo inadeguato di incarnarla, tra una religione "rituale" senza rischio e una religione spirituale che comporta il rischio di diventare anch'egli, come Cristo, "segno di contraddizione" e "creatura d'agonia"» (15/6/1955), agonia «che si svolge in uno sfondo di paurosa grandezza tecnica e di folle gaudentismo» (15/4/1954). Lotta, dubbio, contraddizione, momenti vissuti e superati attraverso una totale fiducia in Dio. «Forse Dio si serve della nostra paura e della nostra viltà per farci il dono immeritato della pace, in modo "sublimamente machiavellico"» (15/9/1955). Noi non possiamo neppure immaginare una conciliazione tra «una condanna dell'errore e una carità senza limiti; Dio saprà mediare e, presto o tardi, quando sarà l'ora, la carità opererà il disgelo» (15/10/1954). Ma che cos'è la fede? Impossibile definirla: «si può essere uomini di fede anche se non riusciamo a dichiarare esattamente in che cosa consista la Fede e descrivere toponomasticamente le zone di verità cui aderiamo in virtù di essa; come viviamo la nostra vita d'uomo senza saper bene cos'è la vita. L'assenso fondamentale che costituisce la Fede è a "Dio-Verità" prima che alle verità di Dio. E il più forte nella Fede è colui che si sente il più debole. Ancora una volta gli ultimi sono i primi» (1/1/1955). «Tutto è rischio ciò che è vita, Anche la fede è un rischio» (1/10/1955).
«Espiazione»: altra espressione che talvolta ricorre nelle pagine del quindicinale. Prima di prendersela per il fatto che «il popolo ha perduto la fiducia nelle guide cristiane, occorre farci carico del peso di un passato più volte secolare, accettando umilmente anche l'espiazione e moltiplicando la bontà» (1/9/1954). «Un cristiano non può tagliar fuori violentemente nessuna esperienza storica per quanto dura, che, nei disegni di Dio, come conseguenza delle nostre infedeltà, può rappresentare una provvidenziale opportunità per l'espiazione e il rinnovamento della cristianità» (15/9/1954).
Il credente non deve fuggire dal mondo ma impegnarsi politicamente, con coraggio e fantasia. «Bisogna chiudere il capitolo negativo dell'antifascismo e dell'anticomunismo con un colpo d'ali, elevandoci, con ardita e pura istanza, al di sopra delle frontiere contese e insidiate dagli egoismi» (15/1/1955). «Le speranze comuniste non partono e non sono ricapitolabili nella Speranza cristiana?» (15/11/1954). Possiamo guardare ad alcuni esempi di testimonianza evangelica. «La Pira, da solo e senza cancellerie, è riuscito a far accostare gente di ogni paese e credo religioso. La semplicità evangelica ha il sopravvento sulle macchinazioni dei potenti, le logomachie dei grandi, le disquisizioni dei teologi» (15/10/1955). Quando Dossetti, pregato da Lercaro, si presentò nuovamente sulla scena politica, così annunciò: «Non conterà molto che si ottengano pochi o molti voti: conterà invece la misura di verità che avremo seminata» (1/4/1956). La fede nella "rivoluzione cristiana" muove la redazione di adesso a lanciare una proposta ingenua finché si vuole, ma meravigliosamente evangelica: «Non rimane che una decisione eroica, l'appello al Paese, promosso dai cristiani, da soli, e con una franchezza senza limiti e con una fede che tutto può osare quando essi, sciolti da ogni preoccupazione temporale, siano disposti a qualsiasi cosa per rendere testimonianza alla "libertà dei figli di Dio"» (15/11/1954).
Pio XII è dalla nostra parte!
La fedeltà al Papa, la devozione, la venerazione nei suoi confronti è fuori discussione, è qualcosa di assiomatico, obbedienza assoluta. «Quando la Chiesa impone a un uomo o a un gruppo di tacere, l'uomo e il gruppo hanno il dovere di tacere, anche se le loro parole non erano che verità. Bisogna evitare l'orgoglio di parlare ad ogni costo. Dio trova sempre il modo di provocare altri cuori, altre voci, in continuazione dei cuori che non hanno peccato d'orgoglio. Chissà: forse l'uomo messo a tacere oggi sarà magari messo sugli altari domani ed ascoltato da milioni di anime che hanno ancora da venire. La Chiesa è padrona del tempo. Forse in un domani anche prossimo, prima che egli muoia, l'uomo che oggi tace sarà richiesto dalla Chiesa di parlare» (15/4/1954). «Il cristiano non dubita un istante che il Papa possa avere un sentire e una parola che non sia espressione piena di quel Messaggio evangelico che egli ha l'ufficio di custodire e di interpretare attraverso i tempi» (1/5/1954).
In questa fede totale nella parola del Papa, i redattori di adesso sono confortati dalla convinzione che il Papa stia dalla loro parte, che anche il Papa desideri il rinnovamento di cui essi sono promotori, che il Papa li incoraggi ad agire in piena libertà. «La voce del Papa è "avanti" e chiede con insistenza paterna la nostra audacia» (1/5/1954). «Il Papa non fa che indicarci un'apertura verso l'alto, verso la cima di quel monte ove furono esaltati i poveri e la loro sete e fame di giustizia» (15/6/1954). Dopo avere criticato aspramente coloro che «guardano allo sport come un talismano e si profondono in spese pazze» (1/11/1955), il Papa fa giocare una partita di pallacanestro in Piazza san Pietro. Commento: «Egli, pur compiacendosi dello spettacolo, pareva guardasse lontano, al miliardo e più di quei suoi figlioli che potrebbero un giorno arrivare alla Basilica del Principe degli Apostoli, come un giorno ci sono arrivati gli Unni e i Vandali» (15/11/1955). «Lo zelo intempestivo di alcuni laici organizzati dispiace persino alle stesse gerarchie che amerebbero portavoci e ripetitori più aperti e intelligenti» (1/1/1956). «adesso è obbediente alla Chiesa e si sforza di assumere le proprie responsabilità in quei campi in cui Ella riconosce e vuole che i laici agiscano con libertà cristiana e responsabilità propria» (1/3/1956). Tuttavia, con infinita circospezione, si può ammettere un piccolissimo dissenso col Papa. «Si può talvolta non sentirsi completamente d'accordo con lui in certi argomenti opinabili, senza per questo offuscare o diminuire l'obbedienza, la venerazione e l'affetto verso di lui» (15/1/1955).
Eppure, in questi lunghi anni Cinquanta, nella Chiesa Cattolica si respirava un'aria «molto pesante», come la definì Franco Bolgiani. Nei primi mesi del 1954 fu silurato il presidente della Giac Mario Rossi, accusato di avere usato «espressioni demagogiche». Nell'Azione Cattolica imperversava Gedda, fidato consigliere del Papa. Mazzolari era sorvegliatissimo: si definiva appartenente alla «Chiesa del silenzio». Pio XII aveva annunciato che una guerra totale era un delitto... ma solo se scatenata «senza giusto motivo».
Come allora si possono comprendere le continue attestazioni di obbedienza da parte dei redattori di adesso e, oserei dire, da parte di coloro (come il sottoscritto) che pure criticavano i conservatori e auspicavano un profondo rinnovamento? Forse, ripeto, «forse», la certezza che la Chiesa fosse permanentemente garantita dallo Spirito Santo impediva una diretta opposizione. E come si può spiegare l'ondata di contestazioni che si verificò dopo il Concilio? «Forse» la certezza può esercitare un fascino irresistibile. Come altrettanto forte può essere il fascino che possiamo provare nella distruzione di ogni certezza.
Dario Oitana
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