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chiesa
Bose, preoccupazione e solidarietà
Abbiamo sofferto tutti, insieme ai fratelli e alle sorelle di Bose, per la vicenda che, con un certo clamore mediatico, ha portato all'allontanamento abitativo temporaneo di Enzo, Lino, Goffredo e Antonella, concordato all'indomani della Pentecoste. |
Noi siamo grati, pur senza mitizzazioni, alla cinquantennale opera svolta da Bose per la vita cristiana evangelica ed ecumenica. Questo ci ha fatto partecipare con preoccupazione ma con altrettanta solidarietà, fino alla conclusione.
Non ci scandalizziamo per le difficoltà di rapporti interni, perché sappiamo tutti come le relazioni umane, anche nella fraternità evangelica, sono tanto preziose quanto difficili e delicate. Delicata è specialmente la successione generazionale in ogni ruolo di guida di una comunità umana. Sappiamo che tutte le realtà di chiesa devono esaminarsi anzitutto sulla pace interna paziente e amorevole: «da questo vi riconosceranno miei discepoli».
La spiacevole sorpresa di tanti amici di Bose è dipesa dal fatto che sia stato necessario un decreto dell'autorità ecclesiastica. Anche perché alcune interpretazioni hanno attribuito a papa Francesco, già attaccato da forze politiche più che evangeliche, un cedimento dal dialogo all'autoritarismo. Noi confidiamo nel carisma di Bose, sulla linea conciliare evangelica ed ecumenica che Francesco promuove con fede e coraggio, e siamo vicini alle sorelle e ai fratelli spiritualmente e fraternamente.
Il 19 giugno sul sito della comunità è stata pubblicata la nota Non siamo migliori, che chiede perdono per lo scandalo, la contro-testimonianza. Ribadisce alcune cose note. La visita è stata avviata dalla S. Sede a causa delle sofferenze interne segnalate, di un malessere nell'esercizio dell'autorità. Il decreto approvato dal Papa dispone il noto allontanamento temporaneo, dà sostegno al priore Luciano, non vieta né censura le varie attività dei monaci. Conclude: «Non siamo migliori. Il Divisore non ci ha risparmiati. Invochiamo il perdono del Signore nel perdono reciproco». «Perdono» non è parola frequente nel linguaggio corrente.
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