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 464 - Il monaco della libertà

 

Chi ha conosciuto padre Benedetto Calati (un dono della vita, per me) non si stupirà molto di questo libro. Chi non lo ha conosciuto potrà fare la felice scoperta di un esemplare (non frequentissimo) di uomo libero, di bella sensibilità umana, di pura fede evangelica, nel cuore della chiesa cattolica.

Sorprende, perché la secolare struttura cattolica viene facilmente identificata con uomini (e mai donne) di una gerarchia, una dottrina, una morale severe, obbliganti, castranti. Ci sono anche vere persone umane sotto quelle pesanti vesti, ma di rado appaiono e si esprimono per quello che sono. Padre Calati (1914-2000), monaco nella millenaria famiglia camaldolese, lo faceva negli incontri di studio, di conversazione, con tante persone e gruppi, e lo fa in modo emblematico e trasparente in questa intervista del 1994, nei suoi ottant'anni. Devo fare una precisazione: nel libro dice il suo stupore di trovarsi innamorato a settant'anni, ma ricordo che disse di nuovo questa sua gioiosa meraviglia agli ottanta. Lui era così. E confidava (non lo vedo nel libro): «Il peccato originale del cattolicesimo è il papato», quel papato modellato sull'impero costantiniano. Oggi godrebbe vedendo che Francesco avvia un profondo processo di conversione del ministero di Pietro.

L'introduzione di Raniero La Valle, in una trentina di pagine, indica le note più tipiche e sorprendenti di questo libro: il tema della paternità, dell'esodo, della donna e dell'amore. Tutto il libro scorre vivo tra domande e risposte. C'è il criterio storico, il rapporto tra le fedi, il primato della coscienza, c'è l'amicizia, l'amore, il celibato. «Un amore senza l'eros è impossibile. Ma l'eros va educato» (128). Ha sempre detto: «La Chiesa dovrebbe educare a fare a meno della Chiesa» (131). «Quello che arriva come eredità della Chiesa cattolica è l'autoritarismo» (118), anche nel leggere la Scrittura. «La coscienza è la presenza dello Spirito Santo in noi. Di fronte alla coscienza il voto va riveduto seriamente» (116). «C'era questa lotta in casa, fra il rigorismo della vita eremitica e la vita apostolica» (60). Compì «un esodo dalla soggezione alla libertà, all'amicizia e all'amore, che diventa la chiave ermeneutica di tutto» (12).

Quando festeggiammo i suoi ottant'anni, a Camaldoli, nell'ottobre del '94, fecero parlare anche me: «Sei un uomo felice – gli dissi - e scaldi il cuore». Aveva pur avuto da soffrire, e soffriva di molte cose della chiesa, ma era felice. Accoglieva gli amici con vera festa e abbracci. Aveva fede nel Dio Amore. Diceva: «Dio è un bacio» (33, 72, 126 ss).

Con gli studi sulla spiritualità del primo millennio, e specialmente sul “suo” Gregorio Magno, Calati contribuì al rinnovamento evangelico conciliare, attinto alla più solida tradizione originaria, prima della decadenza del Vangelo nella potenza ecclesiastica. L'arcivescovo Pellegrino andava da lui e accoglieva ispirazioni, nel comune riferimento all'età dei Padri. Il libro meritava un indice dei nomi, e si vedrebbe quale larghezza di relazioni vive abbia intrecciato dom Benedetto: c'è Rossana Rossanda, Pier Cesare Bori, la Fuci, Dossetti, Felice Balbo, Montini, Franzoni, Lombardo Radice, ecc.

Chi vuole conoscere di più Benedetto Calati, veda la raccolta dei suoi principali scritti: Sapienza monastica (Studia Anselmiana, Roma, 1994), ma questo libro-intervista è già una bella e diretta conoscenza del “monaco della libertà”, che dice: «Il quid della vita monastica è la libertà» (71).

Enrico Peyretti

 

Benedetto Calati, il monaco della libertà. Una intervista nascosta di Innocenzo Gargano e Filippo Gentiloni al monaco camaldolese. A cura di Raniero La Valle. Prefazione di Alessandro Barban. Gabrielli editori, san Pietro in Cariano (Verona), luglio 2019. pp. 140, € 15,00.

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