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 347 - I TRE MALI / 3

 

SIAMO FIGLI DELLA CACCIA

 

Dopo aver analizzato il male morale, e prima di trattare il male naturale, occorre affrontare la delicata e spinosa questione della predazione in natura, che s’incunea quasi a metà strada fra i due suddetti mali, pur essendo controverso se la si possa definire tale.

E tuttavia, nelle ere precedenti all’apparire umano, in cui gli animali hanno continuato per 500 milioni di anni a infliggersi tormenti, tutto questo tempo, e questo soffrire, non hanno a che fare con il male? Solo perché qui non c’è una chiara intenzionalità e libertà etica ma solo istinto di autoconservazione? A nostro parere non basta neppure liquidarla semplicemente come un fatto naturale o istintuale; mentre infatti il frutto che pende dalla pianta è fatto, destinato ad essere còlto (altrimenti marcirebbe e cadrebbe), quale usufrutto quindi del meraviglioso lavoro della fotosintesi, un cucciolo invece sembra fatto per vivere e crescere, e non per essere mangiato da un’altra specie.

 

L’origine della predazione

Ci sarebbero domande preliminari decisive, a cui però purtroppo non possiamo rispondere. Dio aveva alternative nell’originare il mondo (come si chiedeva Einstein)? Ossia: per dare origine alla vita (intelligente e personale), quella della materia-energia, della struttura atomico-molecolare e della chimica organica basata sul carbonio è l’unica via? Non lo sappiamo. Quella del metabolismo corporeo, con rinnovo/ricambio di tutte le cellule, è l’unica via? Se sì, la predazione non gli può essere contestata più di tanto, dato il fabbisogno proteico.

Ora le proteine sono lunghe catene costituite dai venti aminoacidi; per come sono andate liberamente le cose, il nostro organismo è in grado di sintetizzarne la maggioranza, ma nove di essi, essenziali, possono solo provenire dalla dieta. Ora le carni animali di solito contengono tipicamente tali aminoacidi mancanti, ma molti prodotti delle piante no. In parecchi cereali ad es. manca la lisina; per cui i vegetariani devono attentamente bilanciare e integrare le proprie fonti di proteine. E comunque è possibile essere vegetariani oggi, ma non all’alba dell’uomo, quando, oltre alle condizioni di vita a volte estreme, era grande il fabbisogno energetico per la formazione del cervello della nostra specie (la cosa di gran lunga più complessa di tutto l’universo conosciuto).

Per predazione s’intende la predazione attiva, quella che ha avuto inizio nell’era del Cambriano (543-490 milioni di anni fa; cfr. Andrew Parker, In un batter d’occhio, Zanichelli 2005). Nel Precambriano (dagli inizi della vita sulla Terra sino a 544 milioni di anni fa), popolato com’era soprattutto da vegetariani “pacifisti” che si accontentavano di non disdegnare il materiale animale in cui s’imbattevano sporadicamente, abbiamo solo una predazione casuale ed estemporanea di piccoli organismi vermiformi a corpo molle (senza la vista), in ambiente marino; è una sorta di stadio sperimentale, in cui però si stava sviluppando un certo gusto per la carne.

L’esplosione cambriana, un momento meraviglioso, forse la vicenda più spettacolare, cruciale, ma anche più enigmatica nella storia della vita, riguarda tre fatti principali: la comparsa di nuovi phyla, di apparati esterni rigidi, e la formazione dell’occhio. Sono “improvvisamente” nati 34 nuovi phyla (e forse anche qualcuno in più che poi si è estinto), i quali, aggiunti ai 3/4 precedenti, raggiungono il numero complessivo dei 38 tuttora esistenti. Un fenomeno assolutamente unico, poiché dal cambriano in poi non sono più nati dei nuovi phyla (nonostante le numerose estinzioni di massa e i recuperi susseguenti), ma si sono solo evoluti quelli formatisi in quel “breve” lasso di tempo.

Ricordiamo che il phylum riguarda lo schema strutturale corporeo interno, e la disposizione interiore degli organi: ciò che determina il phylum è l’organizzazione interna e non le sembianze esterne (se guardo a quest’ultime la balena è un pesce e non un mammifero). Esempi di alcuni phyla: artropodi (granchi, insetti e ragni); molluschi; echinodermi (stelle marine e ricci di mare); cordati: anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, compreso l’uomo.

 

In un batter d’occhio

Mentre le parti interne si sono sviluppate più o meno lentamente nei milioni di anni seguenti, alcune parti “esterne” lo hanno fatto in un lampo: la formazione di parti dure/gusci esterni, di fauci e apparati boccali per la presa, e la formazione dell’occhio con la conseguente vista: sappiamo che gli artropodi lo hanno fatto allora, mentre nei cordati (da cui noi deriviamo) gli occhi a camera sono nati più tardi. È l’improvvisa acquisizione, fra 543 e 538 milioni di anni fa, di tegumenti rigidi da parte di quasi tutti i phyla animali (per ovvi scopi difensivi); è il passaggio simultaneo di ciascun phylum dal prototipo vermiforme a corpo molle (un semplice sacco a forma di salsiccia) alle caratteristiche forme complesse (morfotipi). È stata l’evoluzione simultanea delle parti e organi esterni in tutti i phyla, laddove gli schemi strutturali interni erano già al loro posto. In altre parole è l’evento nel corso del quale i phyla animali sono passati da sembrare tutti uguali a sembrare tutti diversi.

Ma all’alba del Cambriano è nata anche la vista; si son formati i primi occhi, la moda di allora! Ma una moda che ha scatenato una lotta all’ultimo sangue: infatti, in un’epoca priva d’intelligenza cosciente e di coscienza morale, solo una questione di vita o di morte può far fare certi balzi come l’esplosione cambriana. E la vista è un senso speciale, oltre al fatto di spalancarti il mondo: per l’udito basta non emettere suoni (e l’altro non ti sente); per l’olfatto è sufficiente evitare di spargere odori; ma con la luce solare che ti colpisce, uno stimolo che esiste da sempre (diversamente dalla vista) ed è già diffuso nell’ambiente in cui non risparmia nulla, devi adattarti trovando la soluzione. Prima ancora di mangiare e fare figli, occorre non farsi mangiare…

Si tratta di raggiungere il miglior design possibile (sia per le prede che i predatori). Certo non proprio tutte le strade vengono esplorate, non tutte le combinazioni si realizzano, ma quelle adiacenti sì! Era iniziata la corsa agli “armamenti”, meglio ad arti/appendici migliori. L’evoluzione può far imboccare strade diverse: alcune portano a diventare predatori e altre a diventare prede; in mezzo coloro che possono assumere entrambi i ruoli, come i crostacei in mare e gli insetti fuori dall’acqua. L’evoluzione consiste in gran parte nell’insegnare nuovi trucchi a vecchi geni: una questione di «opportunità colta al volo», un processo di plasticità opportunistica. Prima negli oceani, poi nella terraferma e infine nell’aria, la rappresentazione ininterrotta del “dramma” dell’evoluzione è consistita in una «corsa a invenzioni e miglioramenti continui», per trovare appendici e arti migliori, più veloci, più leggeri, più forti, o più agili con cui nuotare, correre, saltare, scavare, o volare, o afferrare, spezzare, inghiottire, frugare, succhiare o masticare il cibo. Tutte queste strutture sono modificazioni di arti preesistenti. Ad es. i vertebrati invasero la terraferma grazie alle pinne pettorali e pelviche modificate a partire da quelle dei loro antenati pesci.

Perciò nascita della vista (formazione dell’occhio) e predazione sono strettamente collegati; ma non è possibile stabilire quale sia la causa e quale sia l’effetto (non stanno chiaramente entrambi da una parte sola). Si può dire che il sorgere della vista abbia scatenato la predazione attiva; ma vale anche l’inverso: la necessità di predare a scopo alimentare ha portato alla formazione degli occhi. Si tratta di una relazione biunivoca in cui sono contemporaneamente causa ed effetto l’una dell’altra. Sino alla comparsa degli ominidi la predazione ha costituito una delle più forti pressioni selettive (se non la più consistente in assoluto, prima dei cambiamenti ambientali, glaciazioni, eruzioni, ecc.) per l’evoluzione verso la complessità e forme sempre più adattate e raffinate di vita.

Quindi, senza predazione (anche se non è piacevole dirlo) non si sarebbe arrivati agli ominidi (e quindi neppure noi ci saremmo). Ci si potrebbe accontentare del mezzo bicchiere pieno: non era possibile un mondo di soli erbivori (che porterebbe alla devastazione degli habitat). Un mondo di soli carnivori sarebbe una guerra totale di tutti contro tutti (con le unghie e il coltello tra i denti); con l’attuale catena alimentare la natura non ha forse trovato il miglior compromesso?

 

Fatti non fummo a viver come bruti

Ma, nell’ultima fase, si è arrivati all’homo sapiens grazie a una riduzione/affinamento dell’attività predatoria (caccia o allevamento). Siamo nel momento in cui i cerebro-manuali (espressione di Teilhard) usano strumenti, e non solo quelli litici: ad es. il fuoco utilizzato come difesa dai predatori, come riscaldamento con conseguente risparmio di grassi ed energia proteica (minor bisogno di carne), e nella cottura dei cibi, senza quindi dover più strappare la carne cruda con una robusta dentatura. Questi primati evoluti non hanno più bisogno della potenza motoria (correre veloci o più veloci degli altri animali) né di fauci robuste o grandi apparati boccali per azzannare e addentare (con grandi e numerosi canini). Ciò ha liberato spazio nell’area pre-motoria del cervello dove si è avuta la sede del linguaggio, che sembra aver avuto origine da un meccanismo neuronale che si era sviluppato in precedenza per controllare i muscoli in connessione con la stima della distanza (rappresentazione mentale dello spazio). Gli erbivori infatti hanno occhi laterali (come i conigli) che assicurano la visione bidimensionale a 360 gradi (tipica delle prede); i carnivori hanno invece occhi centrali con visione bioculare (i due occhi inquadrano gli stessi oggetti, anche se da angolature leggermente diverse), il che assicura la profondità e la percezione della distanza (che è fondamentale per i predatori). I geni coinvolti nel linguaggio sono probabilmente duplicazioni di geni coinvolti nei sistemi di controllo motorio e di geni coinvolti nei sistemi di rappresentazione spaziale.

La riduzione dell’olfatto, non più necessario come negli animali, ha liberato ulteriore spazio per la formazione della neo-corteccia a sei strati, coi suoi grandi lobi finemente articolati: lobo frontale coinvolto nel pensiero, linguaggio (area di Broca), nella progettazione e nelle emozioni; il lobo parietale per le funzioni logico-matematiche; quello temporale per l’udito, la memoria e il linguaggio (area di Wernicke); il lobo occipitale (dietro) per la vista. Il fatto di non dover più avere apparati boccali superpotenti ha liberato spazio per l’aumento delle dimensioni del cervello e delle sue attività superiori; inoltre la riduzione della dentatura e della muscolatura della mandibola, con controllo più fine del suo movimento, ha contribuito notevolmente alla fonazione (linguaggio/pensiero).

In conclusione, per arrivare all’homo sapiens c’è stato bisogno di un’inversione di tendenza: una riduzione/affinamento dell’attività venatoria. Ci sembra una linea da perseguire oggi con maggior vigore, grazie anche all’avvento della coscienza (sia nel senso di consapevolezza/auto-coscienza, e sia soprattutto nel senso di coscienza morale).

 

Mauro Pedrazzoli

 

(continua)

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