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 487 - Ricordo di Bodrato

 

Aldo, pessimologo coraggioso

 

Il 21 novembre nella parrocchia di San Francesco di Sales abbiamo ricordato i redattori che ci hanno lasciato: Dario Oitana, morto un anno fa il 23 novembre 2020, e Aldo Bodrato, morto 7 mesi fa il 29 marzo 2021. Di quest’ultimo Enrico Peyretti ha scritto un ulteriore ricordo. I testi dell’incontro si trovano sul sito.

 

Vorrei scrivere un nuovo ricordo di Aldo, a quasi sei mesi dalla sua morte. Dove vanno i morti? Sicuramente vanno nel più profondo del nostro cuore di amici, nella memoria: il ri-cordo è una intensità della memoria. Ma vorrei parlare non tanto del sentimento, della nostalgia, ma dire qualcosa sotto quest'altro aspetto: cinquant’anni di incontri, nel foglio, un tempo lungo in cui ho discusso spesso con Aldo. Leggevo ora di nuovo qualcosa dei suoi libri, le storie mancine, tante altre cose dette e lette, sentite. Lo giudicavo pessimista, ne ho discusso con lui. Stamattina mi è venuta una ispirazione: Aldo non è stato pessimista ma pessimologo. Ha parlato, pensato, scritto del pessimo, del male. Lo ha provato, il male fisico, il male anche del mondo, ma più che discutere delle guerre, delle violenze, come facevo io, lo ha sentito e portato anche fisicamente nella sua persona e quindi ha pensato sul dolore, sul male, anche da teologo narrativo, quindi ha pensato interrogativamente, criticamente, sulla morte, e sulla risurrezione. Anche su questo abbiamo avuto da discutere: oggi gli do molta più ragione di quando ho discusso con lui qualche anno fa.

Quindi, pessimologo, direi. Aveva ragione, perché se non si affronta il problema del male, del dolore, della contraddizione nella realtà, non si pensa abbastanza, non si è abbastanza seri. Su ottimisti e pessimisti ci sono delle belle battute, allegre: il cretino felice, il cretino infelice. Vabbè, serve anche quello, per evitare esagerazioni, ma soprattutto dipende da quale taglio ha la nostra vista sulla realtà: si può scegliere, si può vedere o ci può capitare di più questo o quello, poi bisogna farsi coraggio e fare coraggio agli altri, però si è anche costretti a vedere la realtà, che ti viene incontro com'è, non vai solo a cercarla. Quindi Aldo ha avuto la serietà, il coraggio, non ha svicolato e ne ha parlato a noi, ne ha scritto, ha affrontato il problema del male: del male, e nientedimeno. Del male morale, fisico, dei limiti della realtà, dell'incertezza, del rischio radicale, del non-significato. Questo gli è dovuto: riconoscere il coraggio del suo pensiero. È importante che il pensiero sia coraggioso, che non sia soltanto descrittivo, rappresentativo, per farsi ascoltare, farsi vedere: il pensiero non è uno spettacolo attraente. Aldo è stato anche difficile: i suoi ultimi articoli, gli ultimi suoi, sulla vita e la morte, sono difficili. Ebbene, ma affrontare il difficile con parole difficili è anche un atto di coraggio: «non riesco a districare tutto, ve lo presento come lo vedo, ci sono dei nodi». Il coraggio di Aldo: pessimologo coraggioso.

Eppure, il pensiero è, sì, autonomo dall'azione, ma produce azione, atteggiamenti di vita. Il pessimismo pensante e coraggioso di Aldo non è arrendersi al peggio. Ma è un'eccezione, nel pessimismo. Direi che, in generale, il pessimismo pessimizza, come l'ottimismo ottimizza. Entrambi non cambiano la realtà ma la affrontano diversamente: o la lasciano peggiorare, o tentano di migliorarla. L'ottimismo non cretino è un atto della volontà (lo dice anche Gramsci). Aldo, se è pessimologo e non pessimista, se lavora sul male con il pensiero attivo, e con la fede, non abbandona la realtà al suo lato peggiore. Proprio guardare in faccia il male, la Gorgona, senza farsi pietrificare, è segno di fede nel bene, più intimo e profondo del male. È la fede.

Enrico Peyretti

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