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etica
488 - Su libertà e ambiente |
Tutti vegani (per forza)?
L’opposizione alla vaccinazione obbligatoria da parte di non piccoli gruppi di cittadini, propone numerosi problemi al dibattito. Di alcuni si è occupato l’articolo Siamo in un buco nero? nel numero 487. Qui voglio affrontare quello forse più importante: il rapporto qualche volta conflittuale tra libertà individuale e democrazia; cioè fino a che punto è giusto che la volontà della maggioranza prevalga sulla volontà individuale. |
Spesso si banalizzano le motivazioni di chi si oppone al vaccino in nome della libertà di scelta (e sovente effettivamente sono inconsistenti). Per esempio si dice che di fronte a un semaforo rosso non ha senso parlare di libertà: non rispettare questa regola provoca gravissimi incidenti. Il caso del vaccino però è molto più complicato di così. Un vaccino inietta nel mio corpo sostanze estranee di cui può darsi non senta il bisogno e di cui forse non ho fiducia. Affermano che è per il bene collettivo… ma potrei dubitarne. Si tratta insomma della violazione dell’integrità personale in nome del bene della società. Molti crimini sono stati commessi con queste motivazioni. E comunque per qualcuno si tratta sempre di una intrusione nel suo corpo che gli ripugna e gli fa paura. Il problema dunque non è banale né semplice da affrontare.
Un libro per convincere
Ho fatto queste riflessioni leggendo l’ultimo libro di Jonathan Safran Foer Possiamo salvare il mondo prima di cena (Guanda 2019). L’argomento è il riscaldamento globale e il modo per fermarlo. Due sono le tesi forti del libro. Nella prima l’autore afferma che la causa principale dell’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera non sono le emissioni per produrre energia né l’apparato industriale, ma il consumo di alimenti di origine animale. Carne, uova, latticini. Col nostro modo di mangiare tutti noi quindi stiamo mettendo in pericolo il pianeta. Secondo i suoi dati il 51% (in una lunga appendice discute questa controversa cifra) della produzione di gas serra è dovuta all’allevamento intensivo di animali: bovini, ovini, caprini, pollame, suini. Oltre alla produzione di gas nocivi, l’allevamento sottrae una parte notevole di produzione agricola all’alimentazione umana destinandola agli animali.
L’altra idea è che l’umanità è ormai, nella sua grande maggioranza, a conoscenza del fenomeno del riscaldamento della terra e ne è anche convinta razionalmente, ma non ci “crede”, almeno non fino al punto di cambiare il proprio modo di vivere. Si pensa che per fermare il riscaldamento bastino le decisioni della politica, dell’industria, delle multinazionali dell’energia, perché affrontare il problema alla radice e prendere le decisioni necessarie modificando i nostri comportamenti sbagliati costa fastidio e sofferenza.
Il compito che Safran si è prefisso scrivendo il libro è proprio quello di superare questa contraddizione convincendo più gente possibile che veramente il problema è grave, perché rischiamo un’estinzione di massa, per cui ciascuno deve fare tutto quello che può per affrontarlo. La sua proposta infatti è drastica: meno auto e meno velocità, meno aerei, meno figli, ma soprattutto niente alimenti di origine animale fino alla cena (da qui il titolo del libro). C’è da notare che Safran vive negli Stati Uniti e scrive in particolare degli americani che fanno un consumo smodato di hamburger, uova e pancetta fin dal mattino a colazione. E naturalmente qui si apre anche il problema della disuguaglianza di consumi di carne nel mondo, che Safran pure affronta. Secondo dati che riporta, nel Bangladesh si consuma in media ogni anno una quantità di carne che in Finlandia si mangia in 18 giorni! Per cui chi subisce di più gli effetti disastrosi del riscaldamento come appunto il Bengala, è quello che ne ha meno colpa.
Riscaldamento globale e pandemia
Per salvare il pianeta dunque l’autore propone un cambiamento profondo delle abitudini alimentari e del modo di vivere degli esseri umani, in particolare di quelli dei paesi più ricchi, in tempi brevi. Una cosa molto difficile da realizzare. Nel libro non si dice, perché Safran punta a ottenere la riduzione del consumo di carne col convincimento, ma col peggioramento della situazione ambientale è ipotizzabile siano necessari interventi legislativi, amministrativi e fiscali coercitivi per raggiungere l’obiettivo che lui propone. Si annunciano quindi tempi difficili, di profondi cambiamenti, di dibattiti, di decisioni controverse spesso dolorose. Come quelle che sono state prese per fermare la pandemia.
E qui si apre con grande evidenza il problema posto all’inizio: fino a che punto per il possibile bene della terra si possono costringere gli individui a modificare profondamente le proprie inclinazioni ed il proprio modo di vivere che procede da generazioni, se non da sempre, come appunto mangiare carne, uova, latte? E chi può farlo e con quale autorità? E come deve essere trattato chi si oppone tenacemente (o testardamente?) ai cambiamenti ritenuti necessari dalla maggioranza?
In vista di decisioni difficili
Safran conclude il libro, dopo un approfondito esame di coscienza e delle debolezze prima sue personali e poi dell’umanità, con un accorato messaggio di vita affinché ciascun essere umano attraverso scelte oculate assuma le sue responsabilità di fronte al pianeta e alle prossime generazioni.
Dopo la lettura del libro mi sono ancora più convinto che se sarà necessario imporre ai popoli scelte molto dolorose sarebbe utile, per quanto detto all’inizio e per evitare proteste, scontri e caos ancora maggiori di quelli che vediamo oggi, ridefinire in modo più preciso e generale quali siano i diritti e i doveri di ciascun individuo e di ogni popolo rispetto alla società mondiale in cui vive e quelli della società globale nei confronti di ogni essere vivente. Perché l’ambiente è un bene globale e collettivo, e ognuno deve contribuire alla sua difesa sacrificando qualcosa: gli statunitensi mangiando meno carne, i brasiliani rinunciando allo sfruttamento della foresta pluviale, i cinesi bruciando meno carbone e così via, cominciando dai più ricchi. E contemporaneamente si deve evitare che questi interventi siano una scusa per limitare arbitrariamente la libertà individuale e conculcare la personalità e le speranze dei popoli.
Angelo Papuzza
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