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 492 - Chiacchiere sull’Occidente

 

Mick Jagger contro gli ayatollah

 

Mi era stato assegnato il compito di redigere il report di una discussione svoltasi tempo fa in redazione. La memoria annebbiata me lo impedisce. Grazie al cielo, mi è giunto nel frattempo uno scritto che affronta il medesimo tema e che in parte vi sottopongo. È lo stralcio di una lettera in cui il mio amico Joe riferisce di un incontro con una sua vecchia conoscenza. Joe è un tipo strano, un po’ più giovane di me. Ne ha viste e sentite tante, facendo lo psicanalista e il fotografo (oltre che l’astrofilo a tempo perso). Purtroppo non posso svelarne il cognome.

 

[…] Si ravviò i capelli con un gesto nervoso che ben conoscevo. Guardava, imbronciata, le imbarcazioni che si allontanavano verso ovest di là dal grande ponte. Si accese una sigaretta e sbottò dietro una nuvola di fumo:

- Sembra ieri e sembra mille anni fa. Quella notte. Tu che sorseggiavi una birra mentre sotto i nostri occhi Peter ed Els picconavano il Muro. E adesso anche tu credi alla favola dell’Occidente minacciato e assediato.

Finalmente incrociò il mio sguardo. E aggrottò la fronte, fissandomi, come stentasse a riconoscermi.

- Ma che abbiamo fatto in questi trent’anni? Abbiamo voluto stravincere. Dal bipolarismo al mono. Gli States guardiani del mondo. Il benservito all’Onu. I cambi di regime tentati. Afghanistan, Iraq, Siria, Libia. Guerre micidiali e inconcludenti. Intanto la Russia degli oligarchi ci andava benissimo. Idem gli affari con la Cina, che aiutava ad abbassare il costo del lavoro. E naturalmente, a braccetto con i dittatori nostri alleati, a cominciare dai sauditi.

Ogni volta, quando Françoise si arrabbia, sono sul punto di ricascarci. Troppo simile alla ragazza incrociata sotto le tende di Taizé, l’estate del Mundial. Lo sguardo acceso, la battuta pronta, l’accento bretone vibrante.

Prima di risponderle, mi accertai che la filippica si fosse esaurita. Ora era bene riempire il silenzio, magari con una nota di risentimento.

- Come sempre mi hai frainteso. Che l’Occidente abbia commesso un’infinità di errori, e continui, non lo nego. Ma la sua grandezza consiste nel saperli riconoscere. Tu puoi denunciarli e contestarli. Le libertà individuali, lo stato di diritto, i diritti civili. E la separazione dei poteri, o la libertà di stampa, di associazione, di ricerca, di religione. Trovali in Cina o in Russia!

Tacqui, per non sproloquiare. Temevo di guastare l’atmosfera di quel pomeriggio: la visita al Castello, il tour sul tram 28, le sue confidenze. Da un lontano caffè, giungeva l’eco di una canzone di Amalia.

Lei guardava verso la Torre, dove l’estuario si allarga. Ma non intendeva demordere.

- Tutto vero, Joe. Dirò di più: forse a Mosca o a Pechino sarei già dietro le sbarre. Quel che non sopporto è che tu intoni il peana. Innanzitutto, “noi” e “loro”: l’Occidente contro il resto del mondo, senza sfumature. L’Europa omologata agli States, in funzione ancillare… E senza zone grigie o non-allineate, senza discernere il lento processo storico che si compie altrove, e i ritardi e le retromarce che vediamo anche qui.

Riprese fiato e continuò.

- Ma il peggio è che in questi decenni ci siamo illusi di imporre il modello con la forza. Esportare la democrazia. E ogni volta abbiamo armato o sostenuto i nostri futuri nemici: Saddam contro l’Iran, i talebani contro l’Urss, gli islamisti contro Assad, le milizie contro Gheddafi. Persino Putin contro i ‘terroristi’ ceceni.

Attese che cessassero i gridi dei gabbiani. E abbassò il tono della voce.

- Forse la storia si ripete. L’illuminismo è stata una conquista fondante dell’Occidente. Ma ne è scaturito Napoleone. Guerre senza fine, un macello. L’imperialismo camuffato sotto i sacri princìpi. La culla dei nazionalismi che hanno seminato morte per un secolo e mezzo. E rinasceranno domani.

Mi ero distratto. Cercavo di immaginarmela nella sua fattoria nelle Landes. E intanto osservavo le acque basse e quasi stagnanti, ricoperte di alghe. Il pianeta proseguiva la sua silenziosa agonia, sordo alle chiacchiere. La termodinamica se ne frega delle nostre guerre. Baruffe a bordo del Titanic.

Svogliatamente mi riscossi e replicai.

- E che dovrebbe fare l’Occidente? Capitolare, e assistere impassibile al moltiplicarsi e rafforzarsi degli stati autoritari e delle autocrazie?

Sospirò, tornando a guardarmi negli occhi.

- Che vuoi che ne sappia, caro Joe? Non molto di più delle mie mucche e dei miei cavalli. Però una cosa la penso. L’illuminismo, se è tale, ha un’unica arma potentissima. La cultura, la circolazione delle idee. E ti faccio un esempio. Quando eravamo ragazzi, in tutte le città dell’Est la cultura giovanile era il rock, o l’underground. La musica era il veicolo, ma non era solo musica: era un costume, un desiderio, uno stile … una tendenza che pesava mille volte di più di tutte le scuole di regime. Peccato che il tuo amato Occidente preferisca affidarsi alle armi! Forse perché promettono risultati più rapidi. Ma non è così. La scorciatoia non funziona.

Stavolta, mi pareva di potere metterla sul ridere. Ero sinceramente divertito,

- Brava!, esclamai. Mick Jagger contro gli ayatollah, o contro il patriarca Kirill. E vinca il migliore.

La battuta le strappò finalmente un sorriso. Ma subito mi interruppe.

- Uno come te, che ha girato i continenti da freelance, sa bene che la mia osservazione è tutt’altro che stupida… E peccato che altri vedano il decadentismo dove noi vantiamo l’illuminismo.

Provai a chiudere la discussione consentendo.

- D’accordo, Françoise. Ma è un dato di fatto che la democrazia è sempre più un bene raro, che dobbiamo a tutti i costi difendere. È un panda: consideriamola una specie protetta.

Colse la palla al balzo.

- Certo, Joe. Anche l’illuminismo è come un panda: un animale che difficilmente si riproduce in cattività. Con la violenza degli imperialismi ‘buoni’.

La incalzai irritato.

- E chi mai vuole riprodurlo in cattività? Non sono un fautore delle guerre, sono contro l’imperialismo – non solo americano! – ma constato che lo spirito libertario e antiimperialista si è espresso mille volte di più nel nostro criticabilissimo Occidente. Sarà paradossale, mia cara, ma non è un caso che dagli USA ci vengano persino le icone degli alternativi e degli antagonisti. Da Malcolm X ad Angela Davis.

Adesso la sua voce era stanca. Poco più che un sussurro nella brezza serale.

- Da quelle parti ci siamo stati entrambi, Joe, e sappiamo che c’è barbarie anche là. C’è pure la dittatura del mercato… Com’è che diceva quel prete? Se voi avete il diritto di dividere il mondo in occidentali e non-occidentali, allora io reclamo il diritto di dividerlo in diseredati e privilegiati.

La parafrasi non mi convinceva del tutto, ma tacqui. Accostandosi, lei pose la sua mano sulla mia.

- Sai, Joe, quando tra una settimana accenderò le tre candeline sulla torta di Etienne, penserò per un attimo a tutti i suoi coetanei. E alle sue coetanee. Occidentali e non. Credo che avranno un futuro solo se riusciranno a fare un salto. Fuori dalla logica di potenza e divisione, di cui siamo stati cattivi maestri. Perché la Terra è piccola, oramai. Forse insieme alla ragione dovremmo coltivare la speranza, l’oltranza, l’utopia.

C’era nella sua voce una tensione commossa che rischiava di conquistarmi. Non potevo che sottoscrivere e distinguermi nel medesimo tempo.

- Difficile darti torto, Françoise. Lo squilibrio lo vedo ogni giorno. Si ritiene normalissimo e assai bene integrato chi è astuto come un serpente. E patologico chi è candido come una colomba. Però a differenza di te non ho più grandi sogni. Ne ho ancora uno piccolo, minimalista. Che si riesca a convivere come inquilini di un condominio piuttosto litigioso, oltre che multietnico e multiculturale. Evitando per quanto possibile di massacrarci. E dando per scontato che per parecchio tempo ognuno continuerà a pensarla diversamente. E a gestire diversamente casa propria.

Si era alzata. E anch’io mi alzai, riagganciandomi al collo la cara Nikon.

- Il sogno di una pacifica coesistenza?, domandò. O almeno di non annientarci? Dopo Hiroshima, e al punto in cui siamo, non mi pare un piccolo sogno. Anche se forse potremmo osare di più…

Ma ormai il sole tramontava sul Tago. Era tempo di tornare al nostro segreto. Trovare l’alba dentro l’imbrunire […]

Giovanni Pagliero

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