In Ucraina è trascorso il primo Natale di guerra da 77 anni in Europa. Neanche una breve tregua ha avuto luogo e questo è gravissimo, anzi si sono avuti bombardamenti indiscriminati e vittime civili anche in quel giorno. Il linguaggio dell’aggredito sembra sempre di più a quello dell’aggressore. Entrambi proclamano il raggiungimento dei loro obiettivi (per nulla chiari e comunque inconciliabili). Alcune voci autorevoli chiedono una pace giusta. Nei confronti della Russia vorrebbe dire ritiro delle truppe, riconoscimento dell’aggressione, pagamento dei danni e magari processo per crimini di guerra (Vittorio Emanuele Parsi). Sarebbe una pace giusta? Certo. Ma se la pace è il risultato di una trattativa, con concessioni reciproche, non si farà mai. E si continuerà a morire. «Ogni pace è sempre impura»: ha ragione Emmanuel Macron.
Ciò che colpisce di più della ribellione in Iran è il suo carattere nonviolento opposto alla più brutale violenza del potere costituito (teocrazia sciita), che opera in nome di Dio e perciò ancora più ripugnante. «Polizia morale», «impiccagione dei nemici di Dio» e altre simili farneticazioni. Le organizzazioni dell’islam dialogante pare mantengano un preoccupante silenzio. È anche noto che gli Emirati del Golfo Persico, politicamente vicini a Teheran, finanzino abbondantemente molte organizzazioni islamiche che agiscono in Europa, a partire da quelle della ex-Jugoslavia. Insomma c’è qualche problema non da poco. Ed è forse il caso di dire che l’opportuna separazione della religione dalla politica (faticosamente iniziata tre secoli fa con l’illuminismo) è stata una grande conquista non dell’Occidente ma di tutta l’umanità e che è ora che anche il mondo islamico faccia veloci passi avanti in tale direzione. Discorso analogo vale per l’Afghanistan, dove in nome della religione (teocrazia sunnita), si distruggono le intelligenze e le prospettive di vita di milioni di donne, ridotte in condizioni di semischiavitù.
«Mancava un tetto al contante, e noi l'abbiamo portato a casa» è la battuta amara che circola a proposito della corruzione che vede protagonisti alcuni membri del Parlamento europeo. Esponenti di sinistra, o sedicenti tali. Il prestigio delle istituzioni di Bruxelles è fortemente intaccato, tanto più perché le riteniamo portatrici di buon governo e di tutela dei diritti. Resta il fatto che in una democrazia gli scandali e il malcostume emergono ad opera di una magistratura che non ha funzioni semplicemente ancillari rispetto al potere politico, come accade nelle autocrazie. Russia e Cina ne sono un esempio preclaro. In queste lo stesso tessuto sociale è basato sulla corruzione, ma la mancanza di trasparenza e di contrappesi istituzionali fa sì che nulla emerga. Se pensiamo che, come ha recentemente fatto notare Gianni Cuperlo in un’intervista radiofonica, citando Freedom House, «i cittadini del mondo che vivono in una democrazia compiuta sono scesi negli ultimi 16 anni dal 46% al 20%”», non c’è proprio da stare allegri. Il discredito, poi, può dare fiato alle trombe del più pericoloso nazionalismo. Occorre prestare la massima attenzione e ricordare con Angela Merkel che «la riconciliazione tra nazioni che sono state ostili per secoli va sostenuta (con ogni mezzo). Altrimenti i pregiudizi torneranno presto».
Venendo infine alle miserie di casa nostra, mentre il 27 dicembre si è solennemente ricordato il 75° anniversario della promulgazione della Costituzione, il Presidente del Senato Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, ha pensato bene di ricordare anche il 76° della fondazione del Movimento Sociale Italiano (26.12.1946), partito composto dai reduci della repubblica di Salò. Dimenticando di esercitare le sue funzioni in base a una Costituzione antifascista che esplicitamente alla XII disposizione transitoria prescrive: «È vietata la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». Si è molto discusso se il MSI rientrasse o no nella previsione della c.d. Legge Scelba (20.6.1952, n. 645), attuativa della disposizione transitoria. Di certo invece era fascista l’organizzazione Ordine Nuovo, diretta da Pino Rauti (fondatore e fiancheggiatore del Msi) e per la quale il magistrato Vittorio Occorsio chiese l’applicazione. Pagando con la vita, in circostanze non ancora del tutto chiarite, questo suo grande atto di coraggio. Va da sé che la figlia di Rauti, ora sottosegretaria alla Difesa, si sia prontamente associata a La Russa. E bene ha fatto la presidente delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni a precisare che non basta deplorare, con parole forti, le leggi razziali del 1938 (recente discorso di Giorgia Meloni), perché esse non furono che il punto d’arrivo di un percorso di violenze e sopraffazioni, iniziate nel “biennio nero” 1921-22 che portò alla presa del potere il 28 ottobre del 1922, con la c.d. marcia su Roma. Da parte della Presidente del Consiglio si tenta di deplorare gli aspetti più odiosi del regime fascista, senza una chiara condanna complessiva. Operazione scaltra ma culturalmente miserabile. Mentre nel logo del suo partito continua a essere presente la fiamma tricolore di mussoliniana memoria.
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