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bibbia
La stessa cosa (Luca ha udito da Maria gli eventi narrati) è stata sostenuta da Francesco nell'omelia dell'Annunciazione (25 marzo) in piena pandemia. Mi permetto di suggerire affettuosamente all'intera gerarchia, al papa, al vescovo emerito e pure al cardinal Ravasi – che sul Sole 24 ore del 19/12/21 lascia intendere come storica «la trama strettamente ebraica dei primi giorni di questo neonato (Lc 2,21-40) ‒ di essere molto più cauti, poiché i vangeli dell'Infanzia sono tardivi, fantasiosi (in modo esagerato con la fuga in Egitto e la strage degli Innocenti) e pure scollegati: infatti l'autore del secondo capitolo non conosce il primo, in particolare nulla sa dell'Annunciazione. Il redattore ha rimediato collegandoli con la glossa di Lc 2,21: «come era stato chiamato dall'angelo prima del concepimento». Sogno di una notte di mezza estate Fantasia per fantasia, anch'io nella notte di Natale ho fatto un sogno ambientato in Palestina nell'agosto di una decina d'anni prima della nostra èra [secondo Gv 8,57: «Non hai ancora 50 anni...», Gesù sembra più “maturo” del trentenne tradizionale, quindi nato decisamente prima dell'anno zero]. Il mio inconscio ha fuso la “casa” di Matteo 2,11 con la “mangiatoia” di Luca, riunendo il tutto in una grotta ricavata nella roccia esattamente come i sassi di Matera, in cui si conviveva con gli animali a mo' di stalla: capra, pecora, asinello, mulo. [Era effettivamente la prima decade d'agosto, il momento in cui la Terra, nella sua orbita attorno al Sole, passa attraverso i detriti della cometa Swift-Tuttle (rischio di impatto nei millenni futuri?); ma, a causa della precessione degli equinozi (e quindi anche dei solstizi), 2000 anni fa erano nel periodo immediatamente seguente al solstizio d'estate, l'equivalente stagionale e climatico dei nostri inizi di luglio]. Erano tutti fuori per il caldo fino a tarda ora: i pastori in transumanza e i contadini nel pieno della mietitura; nella pausa notturna per riprendere alle prime luci dell'alba, senza neanche tornare a casa ma dormendo poche ore nelle masserizie dei campi disseminati lontano dalle abitazioni [come tuttora nei paesi abbarbicati sulle colline con le coltivazioni non adiacenti come in pianura padana]. Nessuno dormiva in quella notte estiva (la movida di allora); verso mezzanotte videro un paio di stelle cadenti sfrecciare su tutto il cielo, le cui scie colorate precipitarono in prossimità della grotta. Dissero: «Andiamo a vedere sullo sperone collinare queste palle di fuoco celestiali». Saliti e attratti dal pianto del neonato nella classica culla sospesa, entrarono e riferirono i segni dal cielo a Giuseppe e Maria. Sono i pastori e i contadini che riconoscono il Cristo, non i ricchi e potenti sui loro troni [così nel Magnificat: originariamente - prima che venisse inserita la Visitazione assieme al v. 48b-49 (beata per sempre per le grandi cose in lei compiutesi) adattato a Maria ma abnorme per la cugina - era il cantico di Elisabetta che (da sola senza la Madonna) esulta a motivo di Dio suo salvatore, poiché l'ha sollevata dall'umiliazione (“bassezza”) della sterilità (allora vergognosa). La “piena di grazia” non ha bisogno di essere salvata, semmai sarà Lei corredentrice; dopodiché fu giocoforza intendere la bassezza del 48a come umiltà, poiché... l'Immacolata non è stata per nulla umiliata]. Era consuetudine che i due più anziani del paese si recassero a far visita ai neonati; infatti Simeone e Anna salirono alla grotta, presero in braccio il bambino e proclamarono: «E tu bambino sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai annunciando il Regno di Dio per tutti i disprezzati dalla società. La Parola, in Te fattasi carne, darà il suo senso al nostro camminare nel mondo; la tua luce illuminerà la coscienza di ogni uomo incrementandone l'esistenza, rischiarando quelli che stanno nelle tenebre e dirigendo i nostri passi sulla via della pace». Il trasferimento da Betel a Betlem Nel sogno vedo alcuni magi (scienziati, astronomi) che seguivano la cometa di Halley [nel suo passaggio luminoso del 12 a. C.; la nascita di Gesù è stata posticipata di un lustro se non addirittura di un decennio], giungendo in agosto a Gerusalemme, ma in prossimità della città santa non videro più la stellina. Chiesero perciò ad Erode notizie sulla nascita del Messia. Il re, non essendo molto ferrato nelle Scritture, convocò i “teologi” esperti dell'AT che risposero con Michea 5,1: «E tu, Betlemme di Efrata... da te uscirà un capo...». Erode quindi li congedò: «Andate a Betlemme (circa 10 km a sud di Gerusalemme); se avrete imboccato la via giusta, troverete lungo la strada la stele funeraria di Rachele [a cui Mt 2,18 allude citando Geremia 31,15: “Una voce è stata udita in Rama... Rachele piange i suoi figli...”] ormai alle porte di Betlemme». I magi si incamminarono verso sud e raggiunsero il monumento funerario di Rachele; c'era una scolaresca col professore che spiegava (nel mio sogno aveva il volto del nostro direttore quando conduce il gruppo biblico sul profeta Giona): «La tomba di Rachele è stata posta qui vicino a Betlemme solo in un secondo tempo, quella originaria era dalle parti di Efrata-Betel e pure di Rama [vicinissime fra loro ma 10 km a nord di Gerusalemme; mentre Betlemme si trova a 10 km a sud della città santa], come sta scritto in Genesi 35,19s: “Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Efrata...; Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele... che esiste ancora oggi”. Ma quando in seguito il monumento funerario fu qui trasferito, per trovare la quadra fu aggiunto dopo Efrata “cioè Betlemme”» [contestualmente il professore fece scorrere una slide con la glossa fra parentesi nei LXX: autê estin Bêthleem, essa (Efrata) è Betlemme]. La stessa glossa la troviamo in Gen 48,7: «...Rachele mi morì nella terra di Canaan durante il viaggio, quando mancava un tratto di cammino per arrivare a Efrata, e l'ho sepolta là lungo la strada di Efrata, cioè Betlemme». I LXX traducono qui con Baithleem (non Bêthleem). Sembrano indecisi tra Betel (per loro Baithel) e Betlemme (Bêthleem), con uno strano incrocio (crasi) fra le due, appunto “Baithleem”, che essi usano pure nel libro di Ruth (1,1.19.22): è una spia del passaggio linguistico (consapevole oppure inerziale e confuso) da Betel a Betlem [favorito dall'assonanza e dalla quasi omografia fra le due parole; ricordiamo che nei manoscritti antichi l'ebraico è scritto con le sole consonanti, poiché le vocali le inserisce il lettore interpretando (qui, ragazzi miei digitali, come con Google pronunciamo la “e” prima o dopo la “l”? «el» o «le»?). In Betlem c'è solo in più la consonante finale “m”, che tuttavia nel parlato è sfuggente; è caduta ad es. nei sostantivi italiani derivanti quasi tutti dall'accusativo latino: amore(m), dolore(m), oltre ai participi e aggettivi come altissimu(m) in san Francesco che segna il passaggio ad altissimo, entrambi nel Cantico delle Creature]. Ciò è confermato da 1Samuele 10,2: «la tomba di Rachele sul confine con Beniamino a Zelzach [o Selsach: parola incomprensibile; i LXX...”disperati” vi hanno letto la radice triconsonantica “çlh” e quindi hanno tradotto col participio del verbo “saltare” (allomai), forse nel senso di varcare, valicare la frontiera fra Beniamino ed Efraim. Comunque siamo dalle parti di Efrata, non di Betlemme]. In parole povere, Efrata-Betel (Rama) è stata identificata erroneamente, scambiata e confusa con Betlemme. I Magi astronomi relativisti «Ci scusi professore – interrogarono i Magi – ma allora è una glossa anche in Michea 5,1: “E tu [Betlemme di] Efrata...”, perché noi stiamo cercando il Messia appena nato?». «Esatto – rispose l'insegnante – per il profeta il luogo della nascita è lungo la discesa da Betel a Efrata. Non entrate in Betlemme, tornate indietro, riattraversate la città santa, e sempre diritto verso nord arrivate nei dintorni di Efrata. Ma se non trovate il bambino c'è un'ulteriore possibilità, poiché un'altra profezia dice che “sarà chiamato Nazareno” (o Nazoreo); non ricordo però dove [e ne ha ben donde, perché in tutto l'AT non esiste una locuzione neppur lontanamente simile a quella citata in Mt 2,23]. Non scoraggiatevi, fate altri 7000 stadi circa verso nord (140 km: per voi viaggiatori con la bussola non sarà un problema) e arrivate nella Galilea collinosa-rocciosa ove si trova Nazareth ad ovest del lago di Tiberiade». La cometa, scomparsa per un breve periodo, ricomparve. Melchiorre commentò: «Le sfere cristalline di Aristotele non esistono; invece tutto gira intorno al Sole. Appunto perché ha virato dietro la nostra stella, per un certo tempo non l'abbiamo vista, se non durante l'eclisse solare del 12 agosto» [come sarà nel 2026; esso avvenne alla nascita di Gesù perché è Lui il Sole che sorge (Lc 1,78), e non alla sua morte poiché l'eclisse (di Sole, non di Luna) è impossibile per Pasqua]. E Gaspare aggiunse: «Ma la traiettoria si è un po' modificata: ha avanzato il perielio e durante l'eclisse ci apparve pure spostata di 1,75 secondi d'arco [teoria della relatività generale] verso nord: è il segno che là dobbiamo andare». I Magi fecero proprio così arrivando dalle parti di Nazareth; non ebbero difficoltà a individuare la “casa” calcarea (grotta-caverna-antro-stalla-mangiatoia come i sassi materani), dato che si era sparsa la voce nel circondario. Entrarono accolti sulla soglia da Maria col bambino in braccio, nel mio sogno come la Madonna del Caravaggio (di Loreto o dei pellegrini) che riceve due viandanti; è una donna di carnale imponenza. Baldassarre (quello di pelle scura) esultò: «In questo bambino, figlio di Giuseppe di Nazareth [così chiamato storicamente in Gv 1,45], è scesa la Grazia qui da noi, per tutti gli uomini di ogni etnia e nazione. Fra distese di galassie, Soli e pianeti il figlio dell'uomo nacque proprio tra noi». Portarono due doni in un bel legno lavorato in arte povera: una bussola per orientarsi... verso il Regno, e una ruota-cerchio con all'interno il logo tri-lineare del disarmo nucleare (anche se inventato nel 1958, come ribadì il germanico Gaspare, nella relatività passato e futuro si mischiano selvaggiamente). Augurarono all'intero pianeta: «Pace, pace disarmata agli uomini di buona volontà che Egli ama». Si congedarono rassicurando il padre di Gesù: «Stai tranquillo, Giuseppe, non v'è alcun bisogno che tu fugga in Egitto, perché gli sgherri di Erode stanno cercando invano il bambino a Betlemme», come nei secoli futuri i pellegrini nella sontuosa basilica della Natività, con una cripta-grotta presentata ancora oggi come il luogo “preciso” della nascita di Gesù. Sarà possibile nel XXI secolo superare la storicizzazione delle leggende natalizie, come già abbiamo fatto per i miti iniziali della Bibbia? Mauro Pedrazzoli
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