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chiesa
Stando alla logica, se Giuda Iscariota fosse stato il dodicesimo apostolo, ma già morto, e nel primissimo periodo delle apparizioni non essendo ancora stato sostituito con Mattia (Atti 1,26), Paolo avrebbe dovuto scrivere “11”, come correggono appunto, nella visione tradizionale, 5 manoscritti tra cui la Vulgata. Ma Paolo, pur essendo a conoscenza di un generico tradimento («nella notte in cui fu tradito» in 1Cor 11,23) e tutti i restanti autori extra-evangelici del NT non menzionano mai Giuda. Dalle 12 tribù ai 12 apostoli Infatti nella prima fase della costituzione dei 12, una creazione posteriore retrodatata (leggendariamente) nel ministero di Gesù, ci sono in origine Taddeo e l'altro Giuda senza il traditore: altrimenti sarebbe stato scandaloso che Gesù (pensato come onnisciente) avesse scelto il suo futuro traditore come uno dei suoi più prossimi seguaci. Ci confrontiamo con Salvatore Panzarella, Giuda, la storia vera, Il pozzo di Giacobbe 2022, pp. 9 e 104; tutte le citazioni saranno da quest'opera che è tuttavia all'opposto della mia visione a parte certi dettagli. Il nostro impianto è agli antipodi della sua narratologia (storia vera?) che, in linea con la coscienza non riflessa dei fedeli, storicizza quasi tutto come se i vangeli fossero biografie compatte di un unico autore, mentre tali narrazioni hanno una lunga storia travagliata a più mani, riprese e livelli. Dati i rischi di scissioni, il motivo dell'invenzione dei 12 è certo stato il bisogno di una direzione più centralizzata e unitaria. Il gruppo di Emmaus (Cleofa) era in contrasto con la comunità centrale di Gerusalemme; poi in Asia Minore le comunità petrino-matteane erano... ai ferri corti con quelle giovannee. Per non parlare degli scontri fra Pietro e Paolo, che scrivendo ai Romani (16,3-16) chiama per nome una trentina di persone (uomini e donne), ma non saluta Pietro! Chi redige le due lettere di Pietro fa finta di scrivere da Roma (e probabilmente pure di... essere Pietro). Ma soprattutto i 12 sono presentati biblicamente come i nuovi fondamenti della chiesa, nel cliché (p. 89) della genesi di Israele con le sue 12 tribù. La descrizione della Gerusalemme celeste dell'Apocalisse (21,10-14) presenta un chiaro accostamento della sequenza dei capitribù israeliti con quella degli Apostoli: una convergenza teologica fra la tradizione ebraica e il collegio apostolico (p. 28; cfr Lc 22,30). Non è chiaro il senso di “Iscariota”: secondo alcuni deriverebbe dall'aramaico sakar, fraudolento, falso, menzognero; per altri dal latino sicarius, con Giuda forse insieme al padre (che portava lo stesso soprannome, Gv 6,71 e passim) fra il gruppo degli Zeloti (p. 15). Oppure ricondurrebbe al villaggio giudeo di Keriot [p. 13, quindi is keriot, uomo di Keriot, ai confini meridionali della Giudea], perciò non-galileo. Panzarella (p. 16) è d'accordo nell'indicarlo come l'unico non-galileo fra gli intimi di Gesù (da lui presunti): infatti abbiamo una totale assenza di sue particolari apparizioni e interventi come personaggio singolo durante i lunghi resoconti del ministero in Galilea (pp. 45, 156). Perciò Giuda non poteva comunque far parte dei 12, quand'anche fossero esistiti accanto a Gesù: se così fosse, come mai ben 10 (su 12) non hanno tramandato alcuna memoria di quei tre anni mirabili? Direi che l'hanno fatto solo in due [non Giovanni di Zebedeo; nelle lettere di Giuda e Giacomo, chiunque siano, non v'è alcun cenno al Gesù storico. In compenso Giuda 1,9 rievoca l'arcangelo Michele che contese al diavolo il corpo di Mosè (sic)]: Pietro l'ha dettato a Marco, e Levi il pubblicano (oltre al suo probabile contributo al vangelo di Matteo), che sapeva scrivere in quanto esattore, nel mio intuito... ha preso appunti delle parole di Gesù: le circa 300 righe (brevi come nei manoscritti) dei detti della fonte Q aramaica (un mini-vangelo, un quarto di quello di Marco senza la Passione), impossibili da ricordare a memoria in quanto così diversi e slegati fra loro, col rischio di andare perduti. Giuda, il compagno-camerata In origine (e nella realtà storica) l'Iscariota è un discepolo marginale, defilato, di Gerusalemme; nello strato più antico rappresentato dal vangelo di Matteo 26,47ss, al bacio di Giuda Gesù risponde: «Etaire, per questo sei qui!» (versione Cei del v. 50), forse un'espressione della lingua parlata nel significato incisivo di «che...cavolo stai facendo?». Cioè Gesù non se l'aspettava (altro che prescienza dell'evento). Etaire significa «compare, compagno o camerata» (in senso non politico); il termine ricorre un paio di volte solo in questo vangelo: nella parabola degli operai alle varie ore e nell'episodio della veste nuziale. Nel primo in Mt 20,13 il padrone chiama etaire colui che protestò alla fine per essere stato pagato come gli altri che avevano lavorato di meno: è un ignoto operaio, a mala pena intravvisto al mattino quando è stato assunto a giornata. Così pure è un commensale quasi sconosciuto l'etaire “beccato” senza l'abito nuziale (Mt 22,11ss). Gesù a mala pena conosce Giuda: infatti in Mt non lo chiama per nome, che forse gli sfugge. Altro indizio è l'importante passaggio giovanneo di 18,1-5: dopo aver ampiamente descritto nei primi versetti il Giuda condottiero dei soldati con lanterne-torce e armi, nel v. 5 leggiamo l'inutile e assurda ripetizione che fra loro c'era anche Giuda (?!). Il v. 5b è chiaramente un'annotazione originaria della tradizione più antica sul fatto generico della presenza di (un certo) Giuda fra i complottisti. È una prova che, senza andare per il sottile, aggiungevano il nuovo senza togliere il vecchio [v. 5b, che un redattore moderno avrebbe cassato], anche a costo di contrasti insanabili: ma proprio questi urti-scosse stridenti (gli Stösse di E. Hirsch che ricordiamo nel 50° della morte) ci consentono di ricostruire la lunga trafila delle diverse fasi aggiuntive. I sinottici hanno in testa solo Pietro, Giacomo e Giovanni (in un paio di passi con Andrea collaterale quale fratello di Simone); in Luca Andrea è ricordato solo nell'elenco standard di 6,14 e Atti 1,13. Le nostre Bibbie in genere intitolano Luca 5,1ss (per analogia con Mc 1 e Mt 4) «La chiamata dei primi quattro discepoli»: ma in Luca i chiamati sono solo i tre intimi, senza Andrea. I sinottici, ad eccezione dell'unico elenco in ciascun vangelo e negli Atti, ignorano (a parte Levi-Matteo) gli altri 7 dei presunti 12 maschi. Se quest'ultimi erano così importanti, perché ben 9 di essi (i 7 suddetti più Andrea e Matteo) non sono mai menzionati in nessun altro passo extra-evangelico del NT? Filippo, il protagonista di Atti 8, non è l'apostolo come comunemente invece si crede, bensì uno dei sette (diaconi) di Atti 6,1-6 e 21,8s con 4 figlie nubili. L'unica eccezione è il quarto vangelo, che tuttavia dei presunti 12, ignorando clamorosamente Giacomo e Giovanni, ne nomina solo 5 (senza considerare l'Iscariota). Ma li fa intervenire attivamente, addirittura una volta anche l'altro Giuda in 14,22; poi nella moltiplicazione dei pani (6,5-9) la coppia Filippo-Andrea (due nomi greci!) che, guarda caso, presentano dei greci a Gesù (Gv 12,20-22). Sempre il simpatico Filippo, oltre a chiamare Natanaele (Gv 1.43-50), vorrebbe (come... noi) vedere Dio: «Signore, mostraci il Padre» (14,8). Ma il mio preferito è Tommaso, il “critico” (il “miscredente” vituperato dalla tradizione, ma riabilitato da Francesco all'Angelus della domenica In albis): vede chiaro [non è matto in Gv 11,16 quando dice «andiamo a morire con lui», perché recarsi a Betania-Gerusalemme è veramente un rischio mortale non solo per Gesù], vuole vederci chiaro [col dito nel costato, un'esigenza più che ragionevole per un evento così portentoso come una resurrezione], e chiede spiegazioni chiare in 14,5. La sceneggiata del sorteggio Le figure istituzionali giudaiche hanno il problema di scovare Gesù possibilmente lontano dalla folla già a partire dalla festa delle Capanne (p. 32s); una caccia all'uomo in Gv 7,10s.25.30.32.35: «Dove mai sta per andare costui che non lo troveremo?». Allora la cattura fallì poiché Gesù, nella marea della gente, si mimetizzò andando a predicare ai giudei ellenizzati della diaspora. Il movente di Giuda non sono tanto i quattrini (p. 161): i 30 denari sono un incentivo per una subdola spia che era probabilmente già da prima al soldo del Sinedrio per capire le intenzioni di Gesù e riferire segretamente ai capi giudei quello che diceva e faceva. Pur apprezzando Mazzolari, non concordo col «Nostro fratello Giuda»: semmai è più simile a Kirill che, quando s'infiltrò nella chiesa ortodossa, era ancora l'agente Mikhailov del Kgb sovietico, ove iniziò il suo sodalizio con Putin (Il tesoro di Putin, di Iacoboni-Paolucci, Laterza 2023). Come e perché inserire Giuda fra i 12 a scapito di un altro? L'immissione è avvenuta confusamente in due modi diversi: in Mc e Mt soppiantando l'altro Giuda e mantenendo Taddeo, in Lc (vangelo e Atti) eliminando Taddeo e conservando i due Giuda. Nelle varianti dei manoscritti di Mt 10,3 leggiamo: «Lebbeo soprannominato Taddeo» e viceversa: quindi Giuda non è il secondo nome di Taddeo come, per ovviare alla discrepanza, invece si crede(va) ritenendoli la stessa persona [Taddeo = Giuda (di Giacomo)]. Era così difficile ricordare 12 nomi, per di più accoppiabili per fratellanza (Pietro-Andrea, Giacomo-Giovanni) e omonimia (Giacomo di Zebedeo e quello di Alfeo, Simon-Pietro e Simone il cananeo)? Non sono neppure concordi sulla sua fine: suicida in Mt 27,5, per un incidente in Atti 1,18. L'archetipo (da cui tutto pioverà a cascata) è Marco 3,19: il 12° apostolo, che in origine era Giuda (di Giacomo), divenne «Iscariota, quello che kai/et lo tradì». Non è un poi (v. CEI), ma nemmeno un anche: qui la congiunzione ha valenza esplicativa (p. 51) per render ragione del soprannome (omen nomen), la cui radice più probabile, a partire da Wellhausen, sembra quella di “sicario”: un termine non ristretto alla latinità più pura, bensì diffuso nel territorio dell'impero per designare i ribelli e sovversivi contro Roma. Quindi non nel senso odierno di omicida, bensì più generalmente di brigante, ladro (Gv 12,6), di famiglia poco raccomandabile (come il padre), delinquente, traditore, sedizioso. Perciò Mc 3,19 equivale a: Giuda l'Iscariota (= il mascalzone), che appunto [da facinoroso qual era] l'ha tradito. Il “perché” lo si può intuire dalle loro aspre controversie: una comunità dissidente (ad es. quella di Emmaus) avrà preteso [«Ne (pre-dis)posero (estêsan) due», Atti 1,23] un proprio rappresentante nel collegio apostolico; è stato perciò immesso Giuda tra i 12 per poi organizzarne l'elezione suppletiva fra i candidati designati dall'opposizione, con la sceneggiata del sorteggio pilotato dal Signore. La manovra, tipicamente clericale per coprire le loro beghe, enfatizza retoricamente la necessità di sopperire alla defezione di Giuda, essendo indispensabile che il numero 12 venga ricomposto perché la comunità possa entrare nella pienezza della Pentecoste [pp. 88, 90, 98]. Mauro Pedrazzoli
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