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 493 - 200 ANNI DALLA MORTE DI WILLIAM HERSCHEL (1738-1822)

 

Infranse le frontiere del cielo

 

È ricorso il 25 agosto 2022 il bi-centenario della scomparsa di W. Herschel, il quale la notte del 13 marzo 1781, con un telescopio di sua costruzione e aiutato indefessamente dalla sorella Caroline, scoprì il pianeta Urano che, alla distanza doppia di Saturno, orbita intorno al Sole in 84 anni (terrestri) con le sue 27 lune (le due più grandi, Titania e Oberon, individuate dallo stesso Herschel 6 anni dopo).

Si tratta del medesimo anno della Critica della ragion pura di Kant, temporalmente vicini all'incipiente rivoluzione francese: tre eventi di un decennio che segnano giustamente l'inizio dell'epoca cosiddetta contemporanea.

 

Urano e Nettuno

Il concetto di scoperta va chiarito, poiché in verità parecchi l'avevano già visto prima di lui  ma l'avevano ritenuta una stella fissa; le testimonianze tuttavia sono confuse e disordinate, come quella di un francese che disegnava su carta da pacchi adibita a conservare la cipria per i capelli. Anche Galileo vide Nettuno che siglò con la lettera b in un suo disegno invece chiaro e preciso con le distanze in secondi d'arco: è sicuro perché noi siamo mirabilmente in grado di ricostruire il cielo di quella sera datata; ma lo scambiò, con qualche dubbio (perché siglare solo quella stellina e non anche le altre intorno a Giove??), per una delle tante stelle sullo sfondo appunto del gigante gioviano. Per accorgersi che sono pianeti (= erranti), bisognava osservarli costantemente per quasi un mese [col telescopio di Herschel; col cannocchiale (dalla ridotta distanza focale) di Galileo parecchio di più, e con un supertelescopio attuale meno di una settimana], onde rilevare il loro lentissimo movimento verso Levante rispetto alle costellazioni circostanti: uno spostamento fra l'altro che può essere offuscato dal contemporaneo moto della Terra ai 100.000 km/ora. Anche le comete però si spostano: infatti inizialmente Herschel classificò l'astro come una cometa, poiché a nessuno era mai venuto in mente che potesse esistere un pianeta oltre il “settimo cielo” di Saturno. Ma poi, osservandolo attentamente con telescopi più potenti che risolvevano meglio il suo colore verdastro-azzurrognolo e altri parametri dello spettro, capì che era un pianeta. Era talmente preso nel “cammino verso il cielo” (parole sue) da trascurare il cibo: si narra che la sorella a volte addirittura lo imboccasse mentre scrutava i cieli stellati.

Chi avrebbe mai detto che dopo 200 anni una nostra sonda (Voyager 2) avrebbe sorvolato Urano (e poi Nettuno)? Finora è l'unica navicella ad aver “visitato” il pianeta nel 1986, inviandoci informazioni in gran parte sul suo emisfero meridionale, quello in tale periodo illuminato dal Sole in pieno solstizio estivo. Infatti l'asse di rotazione è incredibilmente inclinato di poco più di 90 gradi (forse per un impatto), per cui il pianeta rotola sulla propria orbita, offrendo in direzione del Sole alternativamente e principalmente le regioni polari: per 42 anni il polo Sud, e poi per i successivi altri 42 il polo Nord. Da “sdraiato” la sua rotazione in 17 ore (retrograda come Venere; chiamiamolo giorno) influisce sulla luminosità delle regioni equatoriali solo agli equinozi.

 

In viaggio verso le stelle

Tenendo presente che l'astronautica è una cosa completamente diversa dall'areonautica (un aereo non potrebbe mai decollare né atterrare sulla Luna priva di atmosfera), fondamentale è stato il suo sorvolo inerziale senza motore e senza ali, quindi senza poter virare autonomamente o cambiare rotta come fanno invece gli aerei grazie all'aria e alle ali, effettuato sfruttando (solo) la gravità di Urano in flyby [fiondata laterale ravvicinata e incurvata a semicerchio, una manovra ad altissima precisione già fatta in precedenza con Giove e Saturno sfruttando l'allineamento in quel periodo dei giganti gassosi, che permise di completare la missione in 12 anni anziché in 30]: tutto ciò per acquisire velocità e infilare la traiettoria esatta per Nettuno, dove quel pianeta si sarebbe trovato dopo tre anni (!), in quel punto preciso all'arrivo della sonda per effettuare un ultimo flyby sul polo Nord nettuniano (sorvolo polare, non equatoriale), quindi incurvarsi verso il basso e uscire dal sistema solare verso Sud (in senso lato). Il Voyager 1 ha fatto esattamente l'opposto sorvolando il polo Sud di Saturno per uscire dal sistema solare verso (grosso modo) il Nord. Il Pioneer 10 e 11 sono usciti con più facilità lateralmente sul piano dell'eclittica. Abbiamo così 4 “messaggeri celesti” (riecheggiando il Sidereus Nuncius di Galileo) che stanno volando in direzioni diverse verso le stelle più vicine, nei cui paraggi arriveranno mediamente fra centomila anni, mentre la luce del Sole e le onde-radio ce ne mettono una decina!

Nonostante la luminosità ridotta, il Voyager 2 coi suoi strumenti nell'infrarosso e nell'ultravioletto ha rilevato masse (anche dei satelliti di Urano), diametri, temperature ecc.,  e anche un'indecifrabile macchia scura nella zona equatoriale (come poi altre su Nettuno); così pure entrambi i Voyager hanno analizzato l'enigmatica grande macchia rossa di Giove. È destino che le macchie creino problemi da sempre; quelle lunari anticamente erano addirittura uno scandalo, perché contraddicevano la concezione corrente aristotelica sulla natura perfetta e omogenea dei corpi celesti [per spiegarle infatti Dante si arrampica sugli specchi nel II canto del Paradiso: cfr. più avanti]. 

Oltre al campo magnetico non rilevabile da terra, il Voyager ha individuato nell'atmosfera il metano responsabile della colorazione di Urano, poiché tale gas assorbe le lunghezze d'onda più ampie del rosso, mentre riflette quelle più corte del verde e del blu. L'atmosfera di Urano è la più fredda fra i pianeti del sistema solare a meno 220 gradi, ma il record di meno 235 è di Tritone, la luna maggiore di Nettuno. Con simili spifferi vicini allo zero assoluto, all'interno della navicella per il buon funzionamento di tutta l'elettronica le batterie termoelettriche a isotopi radioattivi (un reattore nucleare) hanno garantito...il riscaldamento per più di 40 anni! Paradossalmente la missione sta durando così a lungo perché l'eccellente materiale è stato quasi tutto cablato, non basato su software.

Purtroppo il combustibile di 14 kg di Plutonio 238 è...in riserva, ma ciò nonostante i due Voyager, dopo aver varcato le colonne d'Ercole, in termini moderni lo stretto (non più di Gibilterra ma) fra i due bracci del croissant cosmico costituito dall'eliosfera verso l'immenso spazio interstellare [sono riusciti a sganciarsi dall'attrazione del Sole grazie al calcio..in culo della fionda di Giove a 57.500 km/ora], stanno tuttora trasmettendo e forse lo faranno ancora per un lustro (basta la potenza di 23 watt, quella di una lampadina di un frigorifero, perché rafforzata dall'antenna parabolica di 3,5 metri), data la capacità d'ascolto dei nostri radiotelescopi in California, Spagna e Australia per coprire, data la rotazione della Terra, tutte le direzioni spaziali; ma è più difficile oggi ascoltare i piccoli sussurri sempre più deboli delle due sonde da 20 miliardi di km, perché la Terra è un posto molto rumoroso (Radio, TV, cellulari).

 

Primo a intravvedere l'infinito

Herschel, tedesco di Hannover ma vissuto e morto in Inghilterra, ben due secoli prima dell'astronautica «ha infranto le frontiere del cielo» [così recita il suo conciso epitaffio]: quello antico e medievale, tolemaico e dantesco, contemplando l'infinito come e immediatamente prima di Leopardi, che non credo usasse telescopi o binocoli dalle finestre e dal giardino del suo palazzo di Recanati [«seduto in verde zolla» (Vaghe stelle dell'Orsa/Le Ricordanze), sull'erba come faceva anche Herschel rifocillato dalla sorella];  ma era un esperto perché scrisse una storia dell'astronomia, completata da Margherita Hack fino alla nostra epoca. Herschel è l'astronomo che ha aperto la via alla cosmologia moderna di un universo enormemente esteso, compilando un catalogo completo delle nebulose, e scoprendo parecchie stelle doppie: il 40% dei sistemi stellari dell'universo sono a due (o più) Soli che ruotano uno intorno all'altro (le stelle...amano danzare in coppia) e, se si vengono a trovare allineati con la Terra, si oscurano temporaneamente a vicenda (binarie a eclissi) riducendo la luminosità. Ad es. Algol è stata chiamata la stella del diavolo, perché il suo cambiamento di luminosità contraddiceva il suddetto dogma aristotelico dell'immutabilità dei cieli e dei corpi celesti (sic).

È sintomatico che per cavarsela in questioni scottanti si sia fatto ricorso o al diavolo, o agli angeli come Dante per le macchie lunari, «li segni bui» di Paradiso II,49. Occorre tener presente che il cosmo dantesco è governato da “li movitori angelici”, ossia dagli angeli che “spingono” gli otto cieli verso Levante, mentre il nono o primo mobile, facendo ruotare tutta la volta celeste, assicura l'immobilità centrale della Terra. Per spiegare le macchie il sommo poeta tira in ballo tali influenze celesti nella diversificata (maggiore o minore) efficacia delle intelligenze angeliche, con un gioco acrobatico di raggi e specchi: le macchie sono dovute ad una minore illuminazione angelica poiché la Luna è la più lontana dall'Empireo. Dante, innamorato della gerarchica organicità dell'universo, ha ritrattato la sua precedente spiegazione nel Convivio (erronea secondo Beatrice che lo rimprovera perché «dietro ai sensi la ragione ha corte l'ali», Par. II,57) basata, in un modo molto meno astruso dei cori angelici, sulla diversa densità e quindi capacità riflettente della materia lunare. Proprio seguendo i sensi non era lontano dalla verità, poiché le macchie sono dovute alla solidificazione di lava basaltica eruttata da vulcani miliardi di anni fa (altro che mondo quieto e immutabile); pianure laviche di roccia tutt'altro che liscia alla faccia di Aristotele.

Herschel capì che il sistema solare si trova all'interno di un enorme agglomerato di stelle dalla forma “a macina da mulino”, alias la nostra Via Lattea. Inoltre intuì che le cosiddette “nebulose” non erano che altre Vie Lattee (galassie), giganteschi ammassi composti da milioni di stelle, spianando la strada verso la vertigine dell'infinito: portando così a compimento, con l'osservazione e l'analisi scientifica, la demitizzazione dei cieli antichi, a cui credeva ancora da irriducibile tolemaico Monaldo, il padre di Leopardi, con le sue invettive contro il copernicano Giacomo.

«Ma sedendo e mirando», gli interminati spazi compongono una sinfonia intergalattica [Herschel fu anche un valente musicista e compositore] orchestrata magnificamente dalla gravitazione universale: per lui quella di Newton di cui si lesse tutte le opere, per noi quella di Einstein. Dulcis in fundo, il messaggio di pace al cosmo contenuto nei dischi dei nostri due vecchi Maggiolini Volkswagen (a cui assomigliano i Voyager nella forma e nelle dimensioni): «Speriamo che un giorno, dopo aver risolto i problemi che dobbiamo affrontare [come quelli drammatici odierni], entreremo a far parte di una comunità di civiltà galattiche in un universo enorme e fantastico»

Mauro Pedrazzoli

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