La sera del 24 ottobre, papa Francesco, a coronamento del documento conclusivo dei lavori del Sinodo sulla famiglia, che molti considerano il classico topolino partorito dalla montagna, ha ribadito con particolare chiarezza il taglio che intende dare alla sua azione di rinnovamento della Chiesa. Questi in particolare i passi che ci orientano nella comprensione e nella valutazione di quanto egli si e ci propone: «Il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole ‘indottrinarlo’ in pietre morte da scagliare contro gli altri ... La Chiesa vuole difendere e diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile … I veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; quelli che non pongono al primo posto le idee ma l’uomo, non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono».
Possiamo dunque ben ritenere che ognuno dei problemi affrontati e lasciati aperti dal Sinodo (una rappresentanza ben ristretta delle molteplicità di esperienze e di voci che fanno dell'ecclesia una cattolicità) dovranno essere affrontati a partire dalla ferma presa di coscienza che il vangelo è assai più che dottrina e legge, è un flusso incontenibile nella legge e nella dottrina e che la misericordia evangelica esonda dai contenitori storicamente determinati della dottrina, anche dogmatizzata, e della legge, anche la migliore.
Francesco ha ripreso in mano e in mani ci ha rimesso il vangelo, meglio dei papi e degli episcopati successivi al Concilio. Ha soffiato sulla polvere che lo ingrigiva, e sulla cenere che copriva le braci. Non si tratta per noi di difendere il papa dall'attacco di "cattolici" oltranzisti nel marmorizzare una tradizione, la propria. Ogni papa può essere − o anche deve − essere criticato. La questione non è questo papa e il suo stile. La questione è tra vangelo e dottrina.
Ogni dottrina, dai primi concili, ai dogmi, ai più recenti catechismi, non è altro che tentativi, anche sinceri ma sempre inadeguati, di esprimere in teorie e in regole pratiche lo spirito del vangelo, incontenibile in teorie e regole. Ma Gesù non ha fondato chiese, non ha dettato dottrine, ha fatto ben di più: ha annunciato e inviato discepoli ad annunciare che l'amore di Dio è con noi, che possiamo vivere in questo amore, e che ciò adempie tutta la legge e le profezie.
Se ci aiutiamo in questo, formiamo una fraternità in cammino, dove gli ultimi sono i primi. Questo anche perché Gesù ha rivelato che il regno di Dio - cioè vivere gli uni per gli altri, amare tutti come Dio ama tutti - viene ed è qui, se lo accogliamo nel nostro modo di vivere, come ha vissuto Gesù. E ha annunciato che Dio è padre, madre, amico, spirito di vita, che vede in noi più il bene (anche piccolo) che il male (anche grande), perciò perdona, accoglie, vivifica.
La misericordia vale più dell'autoconferma del sistema religioso, perché il vangelo è misericordia: «Misericordia voglio, non sacrificio». Le dottrine non sono intoccabili davanti al desiderio di bene, anche di chi ha sbagliato qualcosa, anche di chi ha fatto male. Davanti alla sofferenza delle persone, anche dei peccatori, che cercano ancora un bene, la dottrina deve adattarsi. Amare è più della fede, perché la fede non è altro che credere all'amore di Dio che guarisce e vivifica, e voler amare come lui.
Le istituzioni sono per le persone, il sabato è per l'uomo e la donna, non viceversa. Teorie e regole vanno adattate nel tempo, che sempre cambia, al tentativo di essere buoni e giusti, anche dopo ogni errore o debolezza. Gesù non ha condannato se non chi si riteneva perfetto e chi soffocava lo spirito nella legge. Nelle vicende cattoliche di oggi è in gioco non l'ortodossia ma il vangelo. Papa Francesco è profeta del vangelo, non difensore di un sistema religioso e qualunque cosa succeda il vangelo non si perde, anche se si può forse perdere la dottrina (utile come strumento in evoluzione, non come idolo fisso e assoluto).
Ecco perché riteniamo che tutti coloro che hanno a cuore il destino della fede evangelica si debbano sentire impegnati a sostenere papa Francesco, a pregare e parlare di lui, a collaborare al suo progetto riformatore con lo studio, con la ricerca, con l'impegno sociale e civile, con l'accoglienza e l'attenzione agli ultimi. Diciamogli che la chiesa dei poveri è con lui e che è ben cosciente di esistere solo per portare il vangelo della misericordia, non per dar modo alle superbe porpore dei diversi Sinedri di condannare al silenzio, nei poveri, Gesù.
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