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 472 - RAZZISMO, MIGRAZIONI E CATTOLICESIMO ITALIANO / 3

 

Italia, paese post-cattolico

 

In occasione del dibattito sullo ius soli è emerso in modo evidente un fenomeno avviatosi da alcuni decenni: il venir meno del connotato marcatamente cattolico della popolazione italiana.

Alcuni dati statistici sembrerebbero indicare la tenuta di questo tessuto connettivo tradizionale: la scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, così come le indicazioni per devolvere a favore della Chiesa cattolica una percentuale dell’imposta sui redditi restano ancora largamente maggioritarie, forse anche a motivo di mancanza di alternative convincenti. D’altro canto però il numero dei praticanti regolari, dei matrimoni religiosi, dei battesimi, delle vocazioni al presbiterato e alla vita religiosa ha conosciuto un crollo assai vistoso.

 

L’amore del prossimo come degenerazione

Ma ancor più preoccupante è il progressivo abbandono del riferimento alla Chiesa e alla dottrina sociale cattolica nella vita e nelle scelte quotidiane. I laici cattolici presenti in politica, principalmente attraverso il partito della Democrazia cristiana – determinanti non solo nella rinascita post-bellica e nella stesura della Costituzione della Repubblica italiana, ma anche nel governo del paese e nel riflessione culturale per oltre cinquant’anni – sono stati afflitti da una progressiva afonia, favorita anche da due decenni in cui i vertici della gerarchia cattolica italiana hanno privilegiato interventi diretti e costanti nel dibattito politico. Analogamente il focalizzarsi in battaglie pubbliche su alcuni “valori non negoziabili”, importanti ma non esaustivi in quanto limitati a questioni relative alla nascita, alla morte e alla sessualità, è andato a detrimento di una sollecitudine per l’insieme dei bisogni degli abitanti del paese – italiani e stranieri – e di un approccio non individualista ma solidale alle problematiche sociali. Così la carità operosa e intelligente, il fattivo prodigarsi per i poveri e gli ultimi è stato delegato alla Caritas, all’associazionismo del volontariato, a gruppi marginali all’interno delle parrocchie e a comunità religiose profetiche: la generosità quotidiana di tanti cattolici pronti a collaborare con uomini e donne “di buona volontà” di diversa o nessuna appartenenza religiosa è diventata agli occhi della maggioranza della popolazione, anche di matrice cattolica, una manifestazione di fissazione o sensibilità personale. Si è addirittura coniato il termine spregiativo di “buonismo”, una sorta di bontà smodata e fuori luogo, quasi che l’amore del prossimo fosse una degenerazione di cui diffidare.

E tutto questo a partire proprio dalle aree del paese storicamente segnate da un più diffuso cattolicesimo popolare, quelle che probabilmente hanno indotto molti degli stessi pastori a mancare di lungimiranza, ritenendo erroneamente che lo “zoccolo duro” della cultura cattolica avrebbe comunque resistito alle tentazioni della mondanità sempre più diffusa e alla rarefazione dell’annuncio radicale delle esigenze evangeliche.

 

I cattolici identitari e le esigenze del Vangelo

Così oggi il fenomeno dell’immigrazione ha messo in evidenza una dicotomia sempre più marcata nel mondo cattolico e nella società italiana, una contrapposizione quotidiana tra quelli che Enzo Bianchi definisce “i cristiani del campanile” e “i cristiani del Vangelo”. Potremmo chiamarli anche “cattolici della facciata” identitaria e “cristiani della sequela”.

I primi paiono tesi a ostentare un attaccamento alle apparenze di una cultura identitaria cattolica e incuranti della totale incoerenza dei loro comportamenti rispetto al dettato evangelico: si conformano alla mentalità mondana strumentalizzando simboli religiosi ridotti a feticci. Emblematico in questo senso il segretario di un partito politico che fino a pochi anni fa inneggiava a mitologiche divinità fluviali, mostrava disprezzo per le popolazioni del meridione e propugnava la secessione del Nord Italia. Nei recenti comizi elettorali per il Parlamento italiano prima e quello europeo poi, quest’uomo politico ha usato sistematicamente una copia del Vangelo e una corona del rosario per rivendicare un’identità cattolica, incurante del fatto che al contempo i suoi sostenitori dileggiassero apertamente papa Francesco e i vescovi della Chiesa italiana, disattendendone i richiami evangelici e gli orientamenti pastorali. Divenuto poi ministro nel governo nazionale ha sistematicamente contrastato ogni pratica di accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo e ha orchestrato attraverso i social media vere e proprie campagne di odio contro gli stranieri e chi si prende cura di loro, fino a far approvare una legge – per la cui votazione favorevole ha persino ringraziato l’intercessione della Vergine Maria – che criminalizza chi presta soccorso ai naufraghi e limita pesantemente la libertà di manifestazione del dissenso.

Sono così aumentati esponenzialmente gli episodi di intolleranza xenofoba e le violenze di chiara impronta fascista e razzista ad opera sì di frange minoritarie e di “cani sciolti”, che tuttavia sentono di poter godere della comprensione e del supporto di una fetta consistente della popolazione italiana. Perfino alcuni amministratori pubblici locali hanno attuato disposizioni discriminatorie nei confronti dei non italiani, palesemente in contrasto non solo con l’etica cristiana ma anche con il dettato costituzionale. Molti ‘cattolici della facciata’ condividono queste scelte ed esternano la loro intolleranza apertamente o sui social nei confronti dei profughi e dei migranti.

I “cristiani della sequela”, invece, come molti discepoli di Cristo di ogni tempo e di ogni luogo, sono consapevoli dei propri limiti, cadono costantemente nel cammino dietro al loro Signore, ma si rialzano e riprendono la strada della conversione, cercando di conformare ogni giorno le loro povere vite a quella di Gesù Cristo e alle esigenze poste dal Vangelo. La pacifica, ostinata resistenza di questi uomini e queste donne – semplici battezzati di ogni età e classe sociale, presbiteri, religiose, vescovi – tiene accesa, nonostante tutte le loro contraddizioni, la fiaccola del Vangelo in un paese che, come tale, ormai può essere definito “post cattolico”.

In questa faticosa ricerca di fedeltà quotidiana al Vangelo, molti cristiani sono ricondotti costantemente dal magistero in parole e azioni di papa Francesco all’essenziale del vissuto della loro fede: restare saldamente attaccati alle parole di Gesù, al suo operare e al suo narrare il volto misericordioso del Padre. In questo senso, di fronte alla degenerazione civile dell’Italia, il Vescovo di Roma – che pur incontra diffidenza se non ostilità da una parte degli stessi fedeli cattolici – è divenuto punto di riferimento e fonte di speranza anche per molti non credenti, uomini e donne “di buona volontà” che ostinatamente difendono la dignità di ogni essere umano.

Guido Dotti

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